Bulwer-Lytton, scrittore prolifico di
romanzi storici, coevo e concorrente di Walter Scott, oggi dimenticato, forse
perché autore di “era una notte buia e tempestosa”, i suoi eroi faceva
cavalieri affascinanti di Napoli o di Palermo, mentre i banditi e i demoni
relegava alle foreste del Nord. Giustamente.
Nobile ipocrisia di Milano, che paga 400
euro al mese se si ospita un immigrato, cosa infattibile. Non si fa male a
occupare la scena così – oppure sì? Milano è ben la capitale delle relazioni
pubbliche.
“Berremo alla salute delle nostre donne
nel crani dei loro amanti”, promette il brigante idealizzato da Berlioz
nell’opera “Lélio”. Però, non c’era ancora la donna del Sud, grifagna e vestita
di nero.
C'è la Spagna in Italia, e cioè al Sud: dal 1551 al
1700 si contano circa 1.200 traduzioni dallo spagnolo - contro 120 edizioni o
poco più dall'italiano in spagnolo (Stefano Lanuzza, “Storia della lingua
italiana”, p. 47).
Il frammento è in Roland Barthes molto e
poco - “Barthes di Roland Barthes”, pp. 113-116: “Il frammento è come l’idea
musicale di un ciclo, ogni pezzo si basta, e tuttavia non è mai altro che
l’interstizio dei suoi vicini”.
A volte è l’unica espressione
consentita.
Che cosa resta? Tutto quello che si è
vissuto, sia pure inconsapevolmente. Che ci ha vissuto. E più lo zoccolo duro,
come usava dire, delle radici.
La cosa si vede meglio in Algeria, paese
diviso dall’indipendenza, con grandi numeri di emigrati forzati anche arabi. Il
mondo di Camus, pensatore francese, era in Algeria, non soltanto il cuore: il linguaggio,
sotto la lingua, la morale, la psicologia. O la Libia per gli “italiani di
Libia”, Toti Scialoja, Valentino Parlato. La Germania per i tanti ebrei
tedeschi sopravissuti all’Olocausto, che dopo hanno continuato a poetare,
filosofare, rimemorare. Il luogo della nascita, l’infanzia, la prima
giovinezza, le radici.
La disputa del
Sud
Il
Sud andrebbe rifatto come Antonello Gerbi, “La disputa del Nuovo Mondo”:
immagini, idee, giudizi e pregiudizi sul “Sud”. È una metodologia realista: spiegare
dall’esterno le realtà che sono fatte dall’esterno. Su un presupposto critico:
dire (o rappresentare) silenziata, “occupata”, la realtà muta.
Breve
storia dell’Italia Unita
Tutto si fermò con la discesa di
Garibaldi. Fu fermato. Per rinnovarlo. Come farà poi Kohl con la Germania Est. Ma
il rinnovamento non ci fu, i nuovi padroni erano come i vecchi e più
spregiudicati.
Collaboratori
di giustizia
“La
polizia segreta”, un testo già famoso e poi dimenticato di Dickens, da lui
pubblicato nella sua rivista “Household Words” nel 1850 (ora nella raccolta di
“racconti polizieschi” “Guardie e ladri”), è un saggio sdegnato sulle polizie
politiche. Ignote in Inghilterra e praticate nel continente. Specie a Napoli, di
cui Dickens fa un test case - all’origine
della poi famosa e decisiva indignazione di Gladstone. Basato sula propria
esperienza di viaggiatore, nella capitale borbonica tra il 1844 e il 1845, di
cui aveva già detto molto male nelle note di viaggio.
Il
fenomeno che più lo rivolta sono i “collaboratori di giustizia”, come li
chiama, le spie. Allora non pentiti, non necessariamente, ma ugualmente al
soldo della polizia politica: “La loro moltitudine, ubiquità e instancabile
perseveranza, le loro acute punture, li rendono peggiori di tutti gli sciami di
insetti messi assieme e infinitamente più pericolosi. Si può schiacciare una
vespa, affumicare una zanzara, spazzar via una formica e godere di una qualche
requie… Ma il poliziotto segreto è invisibile e sempre in ascolto”. Senza i moderni
sistemi di intercettazione, ma già allora onnipresenti: “Magari vi state
rilassando con qualche sincero e spensierato diletto , oppure vi state
abbandonando ai dolci e deliziosi sogni dell’amicizia, al mercato per strada,
in salotto, al caffè, in chiesa, ed eccoli lì”, a prendere nota e accusarvi di
tutto, quando sanno chi devono accusare e che cosa addebitarli - e il contrario
di tutto, quando gli viene richiesto.
Una
requisitoria lunga. Dickens salva, nelle note critiche sul reame borbonico,
alcuni magistrati che osano sbugiardare i collaboratori di giustizia. Ma
nell’insieme giudica questi proto-pentiti onnipotenti e ne è scandalizzato,
rilevando che vengono dalla feccia della società. Anche se talvolta di ceto
elevato. “Queste spie non vengono mandate avanti a caso, come mietitori in un
campo di frumento, a raccogliere tutto ciò che possono, ma vengono scelte con
attenzione e assegnate alla posizione per la quale il loro talento e ruolo meglio si confanno.
Accade quindi che ogni grado della società abbia le proprie adatte e specifiche
spie. Alcune sono incaricate di vigilare le classi più elevate, altre la canaglia, altri ancora il clero: tutti
sorvegliano tutti”.
Mancanza di verità
Il
fenomeno è italiano, osserva Dickens, con effetti sul carattere nazionale,
dedito al pettegolezzo e alla calunnia, ma al Sud è più deleterio. “L’effetto
del sistema delle spie sul carattere nazionale è oltremodo demoralizzante. Non
c’è paese dell’Europa dove coesistano come nel Sud dell’Italia con maggior
forza i bassi vizi nascosti assieme a quelli di un aperto, più chiaro e più
feroce, temperamento. Il sistema della polizia segreta ne è una delle molte
cause… La gente ha seguito l’esempio che le è stato dato e tutti sono diventati
spie, spie delle azioni, delle parole e dei pensieri altrui… È più ridicolo e noioso
di quanto si possa immaginare attraversare le scene di vita italiane e
ascoltare il pettegolezzo quotidiano”.
Questa
la conclusione del saggio: “Di fatto, l’effetto del sistema di polizia delle
spie (unito ad altre cause) è stato di trasformare il Paese in un’intera
nazione di spie una addosso all’altra. Mentre il rispetto e il bisogno di
fiducia prevalgono universalmente, in Italia vi è una mancanza di verità”.
L’accumulazione
mafiosa originaria
Lo storico Augusto Placanica ha fatto
nel 1979, “Alle origini dell’egemonia borghese in Calabria. La privatizzatone delle terre ecclesiastiche
(1784-1815)”, Società Editoriale Meridionale, la ricostruzione puntuale della
formazione della borghesia calabrese attraverso la cessione della Cassa
Sacra. Per Cassa Sacra s’intendono i beni ecclesiastici nazionalizzati dopo il
terremoto disastroso del 1783, per finanziare la ricostruzione.
La formazione della borghesia attraverso
l’alienazione della manomorta ecclesiastica è fenomeno italiano – sarà ripetuta
un secolo dopo su scala nazionale. Una alienazione effettuata a prezzi di
favore o a nessun prezzo, e quindi all’origine della corruzione che ha invaso
la vita pubblica. Ma Placanica è il solo storico che se ne occupa, anche se può
darne, come sintetizzerà nella sua “Storia della Calabria”, “puntuale elenco di
tutti i borghesi e nobili calabresi entrati in possesso di beni ecclesiastici
tra Settecento e Ottocento, con indicazione di nome, estensione, qualità ed
enti ex propri atri dei circa seimila fondi”. Le carte insomma ci sono.
Una mutazione analoga, per un migliaio
di fondi, si è avuta negli anni 1950-1960 in Sicilia occidentale e nella
Calabria meridionale a beneficio della nuova “mafia imprenditoriale”, in regime
politico avverso alla proprietà (non mafiosa). È l’inizio del predominio
mafioso in quelle zone, che nessuna antimafia ha finora scosso.
Si mette ora in prima fila il sindacato
nell’impegno di piazza contro la mafia. Mentre trenta, quaranta, cinquant’anni
fa lo stesso sindacato ha assistito inerte all’occupazione mafiosa delle terre:
un datore di lavoro valeva l’altro. Qualcosa è cambiato? Le parole d’ordine
sicuramente, che vengono sempre da fuori.
Possiamo anche sperare in una guerra di
mafia. Ma il processo di creazione dei mafiosi ha un che di naturale, è la
malerba là dove non si usano diserbanti efficaci. Viene fuori a getto continuo.
Dove c’è stato un assestamento la mafia recede, scade alla criminalità dei
furti e delle grassazioni. Dove il terreno sociale – magma – è franoso la mafia
è endemica.
Nella Sicilia occidentale ciò avviene
perché in realtà il feudo non ha ceduto alla borghesia - Verga e Pirandello
scrivono non dell’avvento di una borghesia ma dello squagliamento di una
ipotetica. Da una parte c’è un’aristocrazia residuata, talmente dissipata nel
suo snobismo che da decenni faceva il verso in anticipo ai decadenti di
monsieur Proust. Dall’altra una borghesia di gabella e manomorta. Non operosa,
cioè, inventiva, ma malata di rendita, subalterna o collusa.
leuzzi@antiit.eu
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