In Germania la fede nuziale si porta
al’anulare destro. Con raccapriccio del mancino Günter Grass del “Club dei
mancini”, che si consola col Sud: “Eppure al Sud, nei paesi cattolici, l’aureo
simbolo dell’unione matrimoniale viene portato a sinistra, allo stesso modo in
cui, in quelle terre baciate dal sole, è il cuore a dominare invece
dell’inflessibile ragione”.
La bandiera verde degli “Unilaterali”,
la setta dei mancini, perciò reca la scritta: “Il cuore batte a sinistra”.
Il “Sud” fu questione da subito, con
Lamarmora prefetto di Napoli. Una storia di Giuliano Procacci che si dimentica,
1956, il suo primo lavoro, è “”Le elezioni del 1874 e l’opposizione
meridionale”, editore Feltrinelli.
Procacci si era formato come storico a
Napoli, all’Istituto Italiano per gli Studi Storici, allora presieduto da
Federico Chabod. Napoli è un fantasma recente.
Sogno
Tavolate di giovani e meno giovani, al
bar, al mare, al ristorante all’aperto, tutte sempre allegre e serene, gioiose,
giocose. Qualcuno emerge come da una sdraio per commentare: “Però, sono
allegri” – un “però” dal tono razzista. Sono tavolate calabresi. Impensabili,
se non nel sogno?
Anch’io però nel dormiveglia me ne
meraviglio, dicendomi: “Perché no, sarebbe un ottimo modo di essere,
altrettanto superficiale che la luttuosità, ma più produttivo. E sicuramente
benefico per se stessi”.
Sudismi\sadismi
“Santomenna, originario del Sud Italia”,
così il “Corriere della sera”, la coscienza della nazione, almeno a Milano, presenta
il padre e marito di due vittime degli ismalici a Ougadougou. Non un italiano,
dunque, ma un suditaliano.
Il direttore del giornale essendo di
Frosinone, dobbiamo considerarlo su italiano, anche lui? Luciano Fontana, un italiano
del Sud.
Il giornalista principe dello stesso
giornale, Gian Antonio Stella, batte la fiacca. Non fosse per la Calabria, che
lo costringe a lavorare. Ben una pagina ha scritto sul presidente della Regione
Calabria che si è assunto un addetto stampa di sua fiducia. E una ancora più
grande, sei-sette cartelle di “piombo”, sull’Archeologico di Reggio Calabria,
che nel 2015, malgrado l’Expo, ha registrato un calo dei visitatori invece che
una crescita. Ma l’Expo si teneva a Reggio Calabria?
Senza contare i giorni che il museo è
stato chiuso per lavori.
La
rivolta
Il quarantennale è passato nel silenzio,
delle rivolte del Sud nei primi anni Settanta. Con un anticipo ad Avola sul
finire del pur rivoltato 1968. Battipaglia, Caserta, Eboli, Reggio Calabria, la
rivolta per il pane a Napoli. Il Sud si rivoltò con armi spuntate, si vede dai
linguaggi, le parole d’ordine, gli stessi obiettivi, e le motivazioni. Che
erano e sono quella del “sistema” che intendeva rovesciare. “È lo scandalo di
una realtà che, nel momento in cui si tende per negare nella maniera più
clamorosa il dominio e la sua logica, proprio allora riafferma le condizioni di
quel dominio e di quella logica”, notava l’antropologo Luigi Lombardi Satriani
in “Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud”, 1974.
Il Sud è prigioniero in tutto. Nei
consumi, le letture, le opinioni, la politica. Ma soprattutto nel linguaggio:
non può pensare e parlare se non in termini di “Sud”. Triste cioè, lamentoso,
furbo, e anche un po’ violento, e un po’ sporchetto. Neppure nella canzone riesce
a esprimersi, la specialità di Napoli, o a teatro – i comici napoletani sono
per lo più milanesizzati. Forse nemmeno nei fuochi d’artificio, che del resto i
suoi vescovi anatemizzano – e comunque li fanno meglio da qualche tempo fuori,
specie in Cina, ma anche a Londra, magari con artificieri cinesi, quelli non si
vergognano. .
La prigione è totale perché è linguistica:
dai lessemi alle idee, il Sud è ridotto alla funzione del pappagallo..
Sicilia
Swinburne, in viaggio nelle Due Sicilie
nel 1777, trovava i siciliani già complessati: “La gente comune in Sicilia ha
una stranissima opinione di sé….I siciliani
delle classi più umili sembrano convinti che gli stranieri li considerino
stupidi e disonesti. Molte volte hanno iniziato il discorso con me difendendosi
da sospetti che non mi avevano neppure sfiorato”.
Swinburne li vuole anche fidati: “Mi è
stato assicurato che è facile ingannare per la prima volta un siciliano ma che,
quando ha imparato a sue spese, diventa ben presto un maestro ripagando
abbondantemente coloro che lo hanno messo nel sacco”.
Ma questo glielo hanno spiegato i
siciliani.
Il fante analfabeta elenca le qualità di
mele che coltiva a Randazzo, nel racconto “La posta” di Federico De Roberto,
ora in “La paura”: “Le mele sane, nette, latine», occhieggianti in mezzo al
fresco fogliame: le grosse teste-di-Re, verdi e rosse; le «maladeci», piccoline,
rosse e bianche; le «lappione», rosse e gialle; le «cola», tutte giallognole:
una «flora» – voleva dire un giardino di delizie”. Una cultura, una mentalità,
un altro mondo.
Oggi il fante analfabeta avrebbe sostituito
le sue mele con le pallide golden e le rosse fuji d’ordinanza? Sicuro, oggi l’analfabeta
non c’è, e nemmeno il fante.
A Lampedusa e D’Arrigo, strana coppia,
Walter Pedullà confida “in comune… il desiderio di essere attuali (come si
scrive oggi e cosa?)” - in “Le armi del comico”, “Lampedusa e D ‘Arrigo, ovvero
Morte in Sicilia” (in “Le armi del comico”). Anche se “una volta per tutte,
come fanno i miti e la logica”. O non il contrario? Entrambi scrivevano al
tempo del neorealismo imperante, ma è come se avessero professato: “Ah, è così?
Non ci avrete mai”. Il siciliano si
vuole contestatore.
Erano altri tempi anche per il
conformismo. In un altro acconto della raccolta “La paura”, De Roberto può
irridere ai sacri valori del conflitto, nel 1918 – “La retata”. Alla fine, “Il
rifugio” mette e improponibile confronto le regole della guerra con l’umanità
dei singoli.
L’Agenzia per la riscossione della tasse
è in Sicilia in rosso. Sembra impossibile, ma è la realtà dei conti. L’agente
delle tesse al verde, certo è una rarità.
3.200 auto di lusso, comprese Rolls Royce
e Ferrari, sequestrate in un anno dal fisco a siciliani che non pagavano le tasse.
Nullatenenti cioè. Più un jet da 8 milioni intestato a una barista di Catania.
Per questo l’esattoria regionale, Riscossione Sicilia, è in perdita, caso unico
al mondo: di 5 miliardi e mezzo a ruolo, ne incassa mediamente ogni anno meno
di mezzo milione. Per cui ha accumulato un passivo ora insostenibile, di 14
milioni, per le spese del personale, i macchinari, gli uffici. In Sicilia la
realtà sempre supera l’immaginazione.
Riscossione Sicilia ha 700 dipendenti, e
887 avvocati. Ha molti immobili semivuoti, a Palermo, Catania, Siracusa Messina,
Ragusa, e paga per affitti un milione l’anno. Se i soldi girano così
vorticosamente tanto più è un mistero che la Sicilia non sia ricca e anzi sia
povera.
Fatti fuori Falcone e Borsellino, quindi
da quasi un quarto di secolo, l’antimafia a Palermo si è concentrata su
Contrada, Mori, Andreotti e genericamente lo Stato. Non c’è più mafia
propriamente detta a Palermo da quasi un quarto di secolo, se non l’inafferrabile
Messina Denaro.
Ciò è molto caratteristico, delle “menti
soprafine” – ai siciliani piace calarsi nelle personaggi di Sciascia. Ma la Procura
è stata diretta e indirizzata dal torinese Caselli e da Grasso, il presidente
del Senato, oltre che dai soliti carrieristi locali.
leuzzi@antiit.eu
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