Potere insindacabile ai prefetti di
sciogliere un consiglio comunale per l’onnipresente concorso esterno in associazione
mafiosa. Basta la parola: il contenuto non conta, non si fanno inchieste giudiziarie,
non si condanna nessuno. Giusto per tenere in soggezione il Sud. Per fare anche
un po’ di carriera e lucrare un po’ di diaria. La mafia è porto franco dell’inefficienza
dell’antimafia, di prefetti e questori.
“Voi non ci site mai quando il mio bene
svanisce”, urla al giudice calabrese che presiede alle misure di prevenzione, il
protagonista calabrese di “Saltozoppo”, il romanzo di Gioacchino Criaco, un
killer in libertà vigilata al quale hanno rapito l’innamorata: “Non ci siete
mai stati. Voi arrivate sempre dopo, a chiedere conto del male”. In effetti è
così: nessun pizzo, sopruso, ricatto, l’armamentario degli “avvertimenti”
mafiosi, è stato mai punito preventivamente.
Banche disastrate nel Veneto: i soci di
Popolare Vicenza e Veneto Banca hanno dovuto reintegrare il capitale per non
vederle fallite, si erano mangiate tutto. Non è la prima volta e non sono i soli
casi - Antonveneta, ha portato al quasi fallimento il Monte dei Paschi di Siena
che se l’era comprata. Ma questo non fa il Veneto truffaldino. Il leghismo è un’ottima
corazza protettiva. Come un prete che si assolve, ne mentre che rampogna i
parrocchiani, peccatori.
Quei
levantini greci non si sanno fare i conti
La Danimarca, cinque milioni e mezzo di
abitanti, ventimila rifugiati nel 2015, si appropria dei beni degli stessi. In
conto futuri servizi. La Grecia, il doppio di abitanti, un paio di milioni di
rifugiati nel 2015, viene per questo espulsa dalla Ue. Non proprio espulsa, si
fa un muro tra la Grecia e la Macedonia.
Perché non ha saputo impossessarsi dei beni dei rifugiati. Anzi, non li
scheda nemmeno.
Il perché in realtà non si sa. Ma tutto
avviene senza scandalo: il Nord fa sempre bene, il Sud fa sempre male, il Nord
ha ragione, il Sud torto. E poi, i greci non sono greci? Cioè levantini. Cioè
imbroglioni. I danesi, che sono forse i più ricchi d’Europa, sono considerati,
oculati, ordinati. Uno legge i giornali e strabilia. Non quelli danesi, quelli
italiani.
È vero che la Grecia è grande tre volte
la Danimarca. Ma si disperde tra seimila isole e isolotti. Dite che potrebbe tenere
i profughi a mare, ammollo?
Un
Nebenland, o il matrimonio infelice
Le renitenza alla leva militare
obbligatoria, per sette anni, la primissima novità dell’unità, fu al Nord uguale
come al Sud. La prima statistica dei
processi per “procurata inidoneità” alla leva, nel 1870, censisce 134 casi, di
cui solo la metà, 67, al Sud. La statistica è riportata da Luigi Lombardi
Satriani in “Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud”. Ma è vero che
l’odiata leva fu la prima causa dei rigetto dell’unità subito dopo gli
entusiasmi. Insieme con la carta moneta, il centesimo, la manomorta (i beni ecclesiastici
appropriati dai borghesi servivano a sfamare e curare i poveri), e più tardi,
1868, l’imposta sul macinato. La Sicilia, che già nel 1862 si ribellava, viene
presto rappresentata dai cantastorie come un povera sposa cui il matrimonio è
riuscito infelice – la sposa maledice il giorno del matrimonio.
Emilio Sereni, “Capitalismo e mercato nazionale
in Italia”, sarà dello stesso parere: “Il mezzogiorno diviene, per il nuovo
regno d’Italia, uno di quei Nebenländer
(territori dipendenti) di cui Marx parla a proposito dell’Irlanda nei confronti
dell’Inghilterra, dove lo sviluppo capitalistico industriale si è bruscamente
stroncato a profitto del paese dominante”.
La
percezione
L’onorevole Enrico Ferri positivista
lombrosiano, socialista poi fascista, indirizzò la Camera il 14 dicembre 1901
in questi termini: “Nel Nord vi sono casi di delinquenza, e sono eccezioni; nel
Sud sono invece eccezioni le oasi di onestà”. Non sono diverse oggi le cronache
milanesi, specie del “Corriere della sera”, ma non è questo il punto. Il punto
è che – la cosa naturalmente non è vera – questa è la “percezione”. Come del
tempo, che si percepisce magari più freddo, o più caldo, di quello che è. Senza
torto per nessuno, queste percezione è dei meridionali per primi.
Solo che del clima la percezione è un
dato tecnico-scientifico, ancorato a misurazioni e dati di fatto, quella del Sud
è un’aggressione. Già Gramsci lo sapeva, poco meno di un secolo fa, annotando
fra le sue letture in carcere il fastidio che gli procurava il “materialismo”
(positivismo) di Antonio Graziadei, altro socialista e futuro accademico, con
le generalizzazioni. Sull’Italia, pettegolezzi non innocui. “Sugli «italiani»
in blocco, tutti senza carattere, vigliacchi essere civilmente inferiori”, che
definiva “una vera e propria retorica deprimente da falso furbo, tipo
Stenterello-Machiavelli”. E sul Sud: “Il materialismo storico di Graziadei assomiglia
a quello di Ferri, di Niceforo, di Lombroso, di Sergi, e si sa quale funzione
storica questa concezione biologica della «barbarie» attribuita ai Meridionali
(anzi ai sudici) ha avuto nella politica della classe dirigente italiana”.
Black
Africo
Cominciò Alvaro, che nel sussidiario “Calabria”,
o nella conferenza sulla Calabria che tenne alle dame fiorentine del “Lyceum” nel
1928, parlò di africoti dispersi per l’Emilia negli anni 1920, dopo un
terremoto o un’alluvione, che si nutrivano masticando paglia. Poi venne il contributo
di Tommaso Besozzi, “L’Europeo”, 1948: “Ad Africo esistono solo tre case
provviste di latrina e ci sono solo tre persone che posseggono un ombrello. Ma,
essendo le strade del paese troppo strette perché ci possa passare un ombrello,
se ne debbono servire solo quando vanno a Bova o a Motticelle. Le mucche, in ogni
stagione, vagano libere per la montagna e nessuno le segue, perché non danno
latte. I pastori, per accendere il fuoco, battono la pietra sull’acciarino…”. Non
avevano i fiammiferi.
Il pezzo, ripescato con orgoglio da africo.net
continua così: “Non hanno vino, né
formaggio, né olio, né ortaggi. La terra non dà frutto. L'anno scorso ci fu uno
che dissodò un campo nuovo e provò ancora una volta a seminarci grano: ne
seminò trentadue chili; ne raccolse trentaquattro”. Ma che ci avranno fatto i duemila
africoti là sopra?
Poi venne Stajano contro don Stilo: qui
non siamo più nella fame ma nel sottogoverno – che il giornalista milanese
scambia per mafia (e oggi riedita). Ora vengono i Criaco, di Africo Africo, coi
mitra, la droga, la ‘ndrangheta, affiancati a santi e santini, su cui giurare:
una favola, mentre è gangsterismo facile, una
piccola Chicago anni 1920 del proibizionismo in chiave cocaina. Non una
favola anti-‘ndrangheta, la quale si guarda dagli omicidi, se non per questioni
di concorrenza interna – la ‘ndrangheta viaggia cl codice penale: vuole solo
arricchirsi sul lavoro degli altri. Dunque, le anime nere esistono.
Gian Antonio Stella, riproponendo venerdì
sul “Corriere della sera” il reportage besozziano, lo introduce così: “Quando
arrivò la prima corriera, ad Africo sembrò quasi fosse atterrata un’astronave”.
Però, sapevano di astronavi.
leuzzi@antiit.eu
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