martedì 26 gennaio 2016

Il debito tedesco non è debito

“Dio non paga i debiti” è una delle frasi famose di Hans-Werner Sinn, l’economista della nazione che ora va in pensione. I supremi non pagano mai, non sono così volgari, e quindi nemmeno i debiti.
Sarà forse questa la ragione, semplice, del perché la Germania può dire non debito il suo debito pubblico. Il famoso indebitamento della sua Cassa depositi e prestiti, la Kfw, che un codicillo legale le consente di non contabilizzare. I debiti regionali. La spesa assistenziale, un buco enorme. Il calmieramento che la Bundesbank, contrariamente a tutti i divieti, fa dei titoli di Stato tedeschi sul mercato primario, acquistandone a volontà – nel mentre che si oppone (si opponeva) a un simile intervento della Bce.
Questa è la differenza più semplice, e non contestabile. Il trattato di Maastricht vieta l’acquisto sul mercato primario (quello riservato ai grandi acquirenti, banche e fondi) dei titoli di Stato da parte delle banche centrali. La Bundesbank non acquista i Bund al collocamento primario, cioè sì, acquista l’inoptato ma non lo contabilizza, lo “congela”, e poi lo cede al mercato secondario. Evitando così un rincaro dei rendimenti e una perdita di valore dei Bund.
Kfw ha debiti per 500 miliardi, che non si contabilizzano nel debito pubblico anche se lo sono a tutti gli effetti – Cdp ne ha 300, tutti contabilizzati. Il codicillo legale che consente la disparità è che Kfw fa almeno metà dei ricavi sul mercato. Ma ci arriva per essere grande azionista di grandi aziende pubbliche, solo formalmente privatizzate: ferrovie, poste, rete telefonica. La diversità di trattamento non è solo contabile. Kfw può finanziare le piccole e medie imprese tedesche a tassi agevolatissimi con denaro pubblico, raccolto da una banca pubblica, che costa di meno perché non è debito pubblico.
I Länder hanno debiti per 600 miliardi, che anch’essi non si contabilizzano nel debito pubblico perché la Germania ha statuto federale. Debiti quasi tutti con Kfw, doppia dipendenza. Molto debito è in capo alle banche, regionali (più Commerzbank) e pubbliche per il 50 per cento: i crediti deteriorati ammontano a oltre 600 miliardi – più del doppio di quelli italiani.
In più ci sarebbe da calcolare il famoso “debito implicito” introdotto quattro anni fa da Eurostat, l’Istat europeo, insieme con l’università di Friburgo, Scienze Economiche, e con l’istituto berlinese Marktwirtschaft: la spesa assistenziale che si evita di calcolare nella spesa pubblica corrente. La Germania ha pensioni Inps bassissime (ha ancora pensioni tipo Inpdap per i dipendenti pubblici,  elevate, e pensioni Inps per tutti gli altri): la metà non arrivano a 700 euro, e un 10 per cento ha meno di 150 euro al mese. La sopravvivenza è assicurata dall’assistenza. Un “buco” (spesa senza entrate) che supera i 5.000 miliardi, più del doppio del debito pubblico ufficiale, 2.400 miliardi, ma che non si conta. 

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