Élites – Quelle intellettuali
di oggi – la società civile, i belli-e-buoni della Repubblica – hanno origine
nelle “anime sensibili” del duca di Saint –Simon. Quelli che “condividono le
disgrazie che non possono riparare”, avrebbe poi detto Rousseau. “Âmes sensibles
s’abstenir” è ora in uso come avvertenza, a non fare una lettura, non vedere un
film, non occuparsi di un incidente. A non intromettersi.
L’élite intellettuale, peraltro presto
decaduta, è solo recente, del Novecento. L’intellettuale
è sempre solo. Nel “Manoscritto trovato a Saragozza”, libro pieno di donne
ardite, si dava ancora due secoli fa la scansione temporale dell’OPERA intellettuale
dell’uomo, perfetta, compiuta, in ore lavorate, giorni, settimane, mesi, anni e
abitudini. A conclusione dell’OPERA c’era l’isolamento. L’insoddisfazione di
tutto, e di sé. Ai tempi del “Cid” Corneille non era che “un buon uomo”, nota
Stendhal, per l’aiutante di campo di Luigi XIV Philippe de Courcillon, marchese
di Dangeau, che era invece membro dell’Accademia, autore di un “Journal” e di “Mémoires”
che il duca di Saint-Simon prenderà con larghezza in prestito. Anche l’intellettuale-massa,
in auge fino a recente, era solo. “Non ci lasciano spostare un sasso”, lo
constatava già Machiavelli.
Si
può dire l’intellettuale nato male. Un generalista impegnato, in opposizione
all’esperto, che è invece specialista e neutro. E uno che parte dall’etica
della convinzione invece che della responsabilità. Della ricca, molteplice,
convinzione – che è la fede. Della borghesia rappresenta l’individuo di
programma, astratto, estremo, subdolamente orgoglioso. Fuori da contesti,
tribù, tradizioni, compagni di strada, spesso pulciosi. La “Parabola” di Saint-Simon, il socialista, mostrava che se la Francia fosse stata privata
di colpo dei cinquanta maggiori scienziati, ingegneri, artisti, banchieri,
industriali e artigiani avrebbe cessato di esistere. Ma nessuna incidenza
avrebbe avuto la scomparsa dei cinquanta se avesse colpito i nobili, i
politici, i cortigiani e l’alto clero.
Eurasia
– La nuova via della Seta, dalla Cina all’Europa, con la partecipazione
dell’India e della Russia, avrà investimenti cinesi per 200 miliardi di dollari.
È uno dei primi impegni, ancora generico, della neo costituita Asia
Infrastructure Investment Bank, partecipata dalla Cina col 30 per cento, dall’India
con l’8 e dalla Russia col 6.
Il progetto dell’Asia Bank era partito nel 2011 col
sostengo dell’amministrazione Obama, portato all’assemblea dell’Onu a settembre
dall’allora segretario di Stato Hillary Clinton. Gli Stati Uniti delinearono
una New Silk Road (N.S.R) Strategy, che includeva anche il Tapi, il progetto di
gasdotto afghano-pakistano, e Casa 1000, il progetto idroelettrico che porta la
potenza prodotta in Tagikistan e Kirghisistan al Pakistan, via Afghanistan –
questo progetto è in corso di realizzazione e potrebbe essere completato entro
il 2017.
Non c’è solo la riapertura della via della Seta,
dalla Cina all’Europa con ferrovie veloci e autostrade, si lavora anche ad
aprire il Centro Asia verso il Mediterraneo. Un Corridoio Lapislazzuli,
dall’Afghanistan settentrionale, via Turkmenistan, al Caspio, l’Azerbaigian, la
Georgia e la Turchia, proposto dal governo afghano a fine 2014 è in via di
negoziato. Il Corridoio, presentato come la via di sbocco “più breve, meno cara
e più sicura” per l’Afghanistan verso l’Europa, dovrebbe costituire anche
un’area doganale comune. Il tracciato è già segnato: Agina-Turgundi
(Herat)-Turkmenbashi-Caspio-Baku-Tiflis-Polti-Batumi.
È
un disegno geopolitico arduo, quello di collegare l’Afghanistan all’Europa, ma
non sarebbe alternativo all’integrazione dello steso Afghanistan nel
Centro-Asia, col Pakistan, l’Iran e l’India. L’Iran offre una soluzione più semplice, con lo sbocco al mare
dell’Afghanistan nel suo porto di Sciabahar, nel golfo di Oman, fuori del Golfo
Persico e dello Stretto di Hormuz.
Altri
collegamenti sono in fase di progetto fra paesi asiatici per migliorare le
interconnessioni. Una Via Marittima della Seta dovrebbe collegare i maggiori
scali dell’Oceano Indiano, dalle coste africane all’Indonesia.
Un
Corridoio cino-pakistano, proposto dal presidente
cinese Xi Jinping ad aprile, battezzato da Pechino OBOR, One Belt One Road, è
un progetto colossale per infrastrutture comuni da 46 miliardi di dollari.
Giubileo – Era in origine
l’anno della liberazione dal debito, poi diventato l’anno della liberazione dal
peccato. Originariamente, presso gli antichi ebrei, era detto anche yobel, del capro, perché era annunciato
dal suono di un corno di capro. Cadeva ogni cinquanta anni, e secondo la legge
ebraica la terra, di cui padrone era solo Dio, non coltivata, tornava all’antico
proprietario se ottenuta in pegno del debito, e gli schiavi erano rimessi in
libertà.
Islam – A lungo l’islam
è stato portato avanti in Europa dalle destre. Dagli stessi ambienti che ora
sono anti-immigrati, e in qualche modo anche anti-islamici. Tutta la pubblicistica
collegata al mondo arabo era tenuta viva da case editrici di destra, in Italia,
in Francia, in Germania. e molti gruppi politici di destra, e anche di estrema
destra, erano sostenuti e finanziati da Gheddafi o da Saddam, in qualità non di
dittatori ma di governanti di paesi islamici, in funzione anti-Israele.
Non ci sono state solo guerre tra
l’Europa e il mondo islamico. Il Duecento fu fertile di una vita culturale anzi
comune. Non ci sono solo le radici islamiche nel “viaggio” di Dante
nell’aldilà. La poesia dell’amore “cortese” vi ha radici. Alberto Magno, il
maestro di Tommaso d’Aquino, rinnovò le basi scolastiche della filosofia e
della teologia con i commenti agli studiosi arabi dell’antichità greca. Il
neoplatonismo di Tommaso d’Aquino deve anch’esso molto a questa opera di scavo.
Di san Francesco è certo che dibatté col sultano d’Egitto al Malik al Kamil sulle
rispettive fedi nel 1219 – mentre era in corso una crociata. Allo stesso
sultano andò incontro poco dopo, in una successiva crociata, Federico II di
Sveviza, per una pace duratura. Era arabo andaluso El Idrissi, il geografo del predecessore
normanno di Federico II a Palermo Ruggero II. La mistica che si svilupperà nel
primo Trecento con Raimondo Lullo, Meister Eckhart e Taulero deve molto a Ibn
Arabi, il “polo della Conoscenza” (1165-1240), e probabilmente anche al Mevlana
Gialaluddin Rumì, che a Konya nella secondo metà del secolo aveva impiantato la
scuola sufi del Dio-Amore. Il poemetto di Rumì su Maria - dove è anche questione della “misericordia”
riscoperta da papa Francesco - estratto dal suo lungo poema “Mathnawì”,
intitolato “Espansione e contrazione” dal curatore inglese dell’antologia
“L’amore è uno straniero”, Kahir Edmund Helminsky, è uno dei più sottili, oltre
che pii. E si beve e si loda il vino in molta poesia islamica dell’epoca, specie
persiana ma anche araba.
astolfo@antiit.eu
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