Le prime
operine teatrali di Brecht, a sedici anni “La Bibbia”, e tre-quattro anni più
tardi “L’oratorio”, qui ripescate, hanno forma aperta, che è il vero Brecht,
per esempio del “Galileo”. Non quello apodittico e quasi propagandistico
dell’impegno politico: incerto invece, plurale per programma, e anche ambiguo. Un
altro dal santino che gli è stato e si è cucito addosso nella Repubblica
Democratica Tedesca e ancora si pratica.
“La
Bibbia” Brecht pubblicò a gennaio del 1914 su “Die Ernte”, il giornaletto
ciclostilato del liceo Sant’Anna di Augusta che curava insieme con Julius
Binden, i cui sei numeri praticamente riempì da solo. “L’oratorio” è di incerta
datazione, Brecht non ne fa nota nelle carte, ma si presume dell’estate 1917. Brecht
lo propose a Kroder, altro allievo del
Sant’Anna, nel 1919, e a Kroder disse di averlo composto dopo aver ascoltato il
“Palestrina” di Hans Pfitzner a Monaco, dove l’opera fu rappresentata il 12
giugno 1917, come grande evento musicale.
“L’oratorio”
è quello che Brecht disse a Kroder, come Kroder lo ricorda: “Una trasfigurazione”.
Laica, nelle parole di un comune amico ai due, Hanns Otto Münsterer: “La proscrizione del
genio poetico e il suo annientamento in Dio”. Un “amato Dio”-non-Dio. Anch’esso
in crisi di identità. Lo stesso peraltro del primissimo componimento, “La
Bibbia”, in cui mette in crisi tutto ciò che ha insegnato e imposto: la virtù,
l’onestà, il rispetto di sé e della vita. Un padre e fratello timorati di Dio
in difesa della propria fede sacrificano la figlia-sorella alle brame del
conquistatore, senza peraltro salvarsi.
Un
Brecht di cultura biblica, ma blasfemo, sia pure biblicamente – o si può dire
all’inverso: tratta Dio come un talmudista, a tu per tu, e dunque non lo
bestemmia. Una chicca. Con foto suggestive d’epoca, e una serie di note golose di Vincenzo Maria
Perrino, studioso e autore di teatro - biografiche, ai testi, e agli “scenari
biblici nel giovane Brecht”. Che peraltro ebbe la Bibbia sempre presente, anche
da grande, anche nella produzione “epica” in chiave marxista, dell’impegno
politico. A un intervistatore nel 1928, ai trent’anni già autore di successo,
ricorda Perrino, che gli chiedeva delle sue letture, rispose: “Lei riderà, la
Bibbia”. E successivamente ci ritorna, sempre nella ricostruzione di Perrino,
nel saggio “Sulla poesia non rimata con ritmi irregolari”, nell’adattamento de
“La madre” di Gor’kij, nel “Galileo”, nel dramma didattico “La linea di
condotta”. In una col linguaggio espressionista, che è già nel soggetto e nella
scena del primissimo componimento, questa “Bibbia”.
Un
retaggio familiare – materno - e non una fede: la Bibbia è già qui “giusta e
fredda”. Ma una proposta di linguaggio che resterà fertile, sempre viva, nel
senso dell’irresolutezza, della complessità. L’annotazione dal “Diario” che
Perrino estrae in data 4 settembre 1920 si può dire una cifra stilistica:
“Certe parole della Bibbia sono indistruttibili. Esse vanno da parte a parte.
Si pongono come brividi sotto pelle, che passano lungo la schiena, come
nell’amore”.
Bertolt
Brecht, La Bibbia, Via del Vento,
pp. 33 € 4
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