Si scopre all’improvviso Selmayr. E solo per un passo falso,
aver criticato anonimamente l’Italia qualche giorno fa, esponendosi alla ritorsione
di Renzi, avviata con un’interrogazione del suo europarlamentare Nicola Dati: se “il Capo di gabinetto del Presidente della Commissione europea
abbia sempre rispettato, nell’ambito delle sue funzioni, il codice interno di
buona condotta amministrativa” o “non sia stata
fornita o anticipata in via privilegiata e contraria all’interesse generale
dell’Unione, ad alcuna cancelleria alcun tipo di informazione, formale o
informale, riguardo le azioni e le decisioni assunte dalla Commissione” stessa
, cioè alla Merkel. Niente di meno.
Ma non è una novità, Selmayr è ben noto. Quello
anzi che manca all’interrogazione di Dati è proprio questo, il fatto più noto: perché
Selmayr poteva criticare liberamente l’Italia con i corrispondenti italiani, ed
avere garantito l’anonimato.
Non è venuto fuori dal nulla l’irruento Selmayr che gestisce la
Commissione europea per conto della Germania, il 2 ottobre 2014 David Carretta
ne dava sul “Foglio” un ritratto più che puntuale: “Dalla designazione di Juncker in luglio”, scriveva Carretta, “Selmayr
si è comportato come un «presidente ombra» della Commissione, un rullo
compressore che tutto può e al quale tutto è permesso. Anche riscrivere le
risposte di una commissaria in vista dell’audizione all’Europarlamento senza
chiederle l’autorizzazione. Anche legare le mani a un commissario «colomba»
imponendogli la tutela di un vicepresidente «falco». E, man mano che si
moltiplicano decisioni e incidenti, i contorni del disegno sembrano più chiari:
fare gli interessi della sua Germania”.
Esempi. Juncker doveva nominare un francese, Moscovivi, all’Economia,
Selmayr l’ha “commissariato” mettendogli sopra un vice-presidente per l’euro,
il lettone Valdis Dombrovskis. Lo stesso, si può aggiungere, con Mogherini, che gestisce un ricco budger: al di sopra le ha messo il fido Timmermans. Quando la commissaria al Commercio
Cecilia Malmström mandò per iscritto all’Europarlamento
i suoi criteri negoziali per l’area di libero scambio con gli Usa, si trovò mutato
a sua insaputa un capitolo fondamentale: “I meccanismi per risolvere le dispute
tra investitore e stato non saranno parte dell’accordo”. Mentre lei non era contraria,
non è contraria agli arbitrati – è la Germania che è contraria. La modifica la
fece Selmayr senza dirglielo.
Altri esempi dell’attivismo di Selmayr, uomo della Cdu, il partito
di Angela Merkel? A poche settimane dall’incarico Carretta ne aveva trovate almeno
un altro paio: “Gli interessi della Germania sono stati preservati togliendo al
britannico Jonathan Hill, responsabile per i Servizi finanziari, la competenza
sui bonus dei banchieri (che Merkel vuole abolire). Le case farmaceutiche
tedesche sono soddisfatte che i controlli sui medicinali siano stati trasferiti
dalla direzione generale “Sicurezza dei consumatori” a quella “Industria””.
Carretta prevedeva anche che Selmayr sarebbe stato vittima di se
stesso: “All’iperattivo e irruento Selmayr sembra mancare una dote…. : il tatto
e la mediazione sono essenziali per far funzionare 28 commissari e 28 stati
membri”.
Il giornale di Ferrara prevedeva anche l’omertà che ne
avrebbe circondato l’azione. Titolava infatti il ritratto di Carretta: “Il duro
del’Ue che non sentirete mai nominare”.
Il guaio di questa Unione germanica è che se ne conoscono i
punti deboli e anche le magagne, ma a nessun effetto. Chi vi si oppone, tipo
Renzi, è declassato a folle. O, alla Tsipras, un estremista. All’unanimità. C’è un motivo? Sì. L’informazione
di Bruxelles è demandata ai giornalisti economico, e i giornalisti economici
sono sudditi delle banche d’affari (investimenti, fondi, consulenze, acquisizioni,
cessioni,fusioni, il business).
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