Giulio
Ferroni raccoglie le prose di Brancati, una ventina, che il “Corriere della
sera” pubblicò nel 1942-43, la più parte nell’edizione leggera del pomeriggio,
su presentazione e insistenza di Ciano e Bottai, le alte autorità fasciste
nella cultura. Brancati è un caso disturbante di come le idee si aggiustino al
contesto. Sinceramente, non per piaggeria. Di come cioè si possa essere stati
in Italia conviti fascisti e subito poi convintamente comunisti, in massa e
singolarmente. Di come il percorso ideale sia poco individuale.
Prose
ludiche, benché di anni difficili. Per lo più in forma di elzeviro – rigaggio,
insopportabile: divagazioni eleganti sul nulla, la musica, il cinema, villa
Borghese, il “profondismo”, il buon senso, etc.. Con quattro o cinque racconti
brevi, nella vena “naturale” e faceta che sarà poi di Camilleri.
La
curatela di Ferroni evidenzia la bottega dello scrittore, il laboratorio
artigianale. Con l’uso e il riciclo dei materiali. E l’opera prevalente di
promozione, prevalente sulla creatività: anche in personaggi ben addentro al
sistema e protetti, molto più tempo si arguisce preso dalle “visite”(raccomandazioni)
e la promozione che dalla scrittura. Ma non sarebbe stato più interesante
leggere gli articoli e i racconti respinti dal “Corriere”, poiché la raccolta
si privilegia dell’accesso agli archivi del giornale?..
In
controluce, un paio di sorprese. Un altro giornalismo: Borelli, il direttore
del giornale, legge e segue fino i più remoti collaboratori, ed è minuto, acuto,
pertinente – anche se dà a Brancati come modelli Baldini, Montanelli, e un
Achille Benedetti…. E lo Stato confusionale del fascismo. Tanto più,
stranamente, in guerra. “I piaceri”, elzeviri ancora più divaganti di questi,
uscirà da Bompiani nell’ottobre 1943, a guerra già perduta, il mese forse più
buio della storia d’Italia: l’editore in una Milano che si apprestava a
diventare la capitale morale della repubblica di Salò, l’autore liberato Sicilia dagli Alleati. O allora Brancati era
fascista di estrema fiducia – fu anche collaboratore stretto di Telesio
Interlandi, il giornalista razzista, ma più sul piano tribale, tra siciliani,
che antisemita.
La
riproposta di Brancati, seppure minore, fa emergere quanto Camilleri sia nella
sua vena, per il tratto nel porgere, per la vena comico-satirica. E anche per il
mistero dei fascisti appassionati (puri) prima e poi antifascisti appassionati
(puri?).
Vitaliano
Brancati. Scritti per il “Corriere”
1942-1943, Fondazione Corriere della sera, pp. 217 € 14
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