Autore – Parafrasando il disoccupato di Aris Accrnero,
“giovane, donna, meridionale, diplomata”, l’autore è oggi “giovane, attraente,
disinibito”, donna preferibilmente. È il format della dozzina di talk-show che
mescolano la politica, meritoriamente, con i libri: le best-selleriste vogliono
giovani, belle e disinvolte.
Brecht – L’opera ha teorizzato aperta, ambigua anche.
Sin dall’esordio da scrittore, al liceo Sant’Anna di Augusta, e poi nelle opere
migliori, per esempio il “Galileo”. Ma anche nell’impegno politico, negli anni
di Hitler e poi della Repubblica Democratica Tedesca. La Volkstümlichkeit del saggio “V. und Realismus”, 1938, e il canto, il
teatro, la tradizione popolare, che evoca negli stessi anni in cui erano tema
ossessivo della propaganda nazista, vuole mutevoli, cioè nuovi: “Trasformare il cacciatore in
selvaggina richiede inventiva”. È incontestabile: “Nuovi problemi emergono e
richiedono nuovi mezzi. Muta la realtà, e ci vogliono nuovi mezzi” – “dal nulla
viene il nulla”, dalla sottomissione. Ma sempre sulla base della complessità:
“Chiunque non sia irretito in pregiudizi formali sa che la realtà può essere
taciuta in molte maniere e in molte maniere dichiarata”.
Critica – È stata “recitazione”
(De Sanctis), “oblio dell’anima nella poesia” (id.), “verdetto giudiziario”
(Dewey), “cronaca del lunedì” (Sainte-Beuve), “degustazione gastronomica”
(Brecht), “conoscere la strada ma non saper guidare” (K. Tynan), una donna
nell’età critica, ansiosa e refoulée”
(Pavese). Oggi è piuttosto un call center, di quelli dei contratti al telefono,
altrettanto fastidiosa.
Germania – Il 12 giugno
1917, nel pieno della guerra, si dava a Monaco in grande prima, concertatore e
direttore Bruno Walter, il “Palestrina”,
su Giovanni Pierluigi, il musico, del compositore Hans Pfitzner. Che era ben
nazionalista - poi sarà nazista. Tanto più sorprendente è perciò l’
“impolitico” Thomas Mann degli stessi anni, che eruttava menzogne e malvagità
contro l’Italia - e la Francia - nelle voluminose “Considerazioni”.
L’opera
fu molto apprezzata da Alfred Einstein, il biscugino di Albert che per primo ha
studiato e classificato il madrigale italiano - uno dei tanti rivoluzionari
conservatori tedeschi che si rifuggeranno in Italia, prima di esserne
allontanati da Mussolini. Pfitzner aveva debuttato con un “Dunkle Reich”, il
regno oscuro, su testi di Goethe e Michelangelo. Era destinato a ripetere Wagner
grand’operista, ma scrisse un capolavoro italiano. Anche Anche Heinrich scrisse
di Palestrina, con affetto nella “Piccola città”, il fratello che Thomas impolitico
infama. Il nome, certo, è fatato: le
cose migliori Wagner le fece dopo avere studiato e trascritto Palestrina e lo Stabat
Mater. Thomas
Mann invece a Palestrina, dove nacque scrittore col fratello, trova il Diavolo,
nel “Doktor Faustus” scritto a Beverly Hills.
Pfitzner
ritornerà anche in questa voluminosa allegoria. Era stato un saldo avamposto
delle “Considerazioni di un impolitico”, e anche dopo: “La virtù” le “Considerazioni”
impersonano in lui. Poi l’Impolitico lo ripudierà, ma lo prenderà a modello di Adrian
Leverkühn nel “Doktor Faustus”. Si vuole Adrian un calco di Nietzsche e Hugo
Wolff: no, da loro Mann media solo la lue, il modello è lui, non dichiarato perché
Pfitzner era vivo quando il romanzo uscì.
Quando
Pfitzner, dopo aver perso la casa e il posto a Strasburgo nel ’18, si propose a
musico nazionalpopolare, Thomas Mann cooperò entusiasta, con Alfred Einstein,
alla fondazione del Centro Pfitzner per la musica tedesca. Poi Hitler fece visita
nel febbraio del ‘23 al musicista malato d’itterizia all’ospedale Schwabinger.
Pfitzner reciprocò a novembre inviandogli libri nel Landsberger, la fortezza dove
Hitler scontava il fallito putsch e
scriveva “Mein Kampf”. Si ebbe per i settant’anni nel ‘39 feste nazionali,
credette alla Ridotta Alpina, rifugiandosi a Garmisch nel ‘45, negò l’Olocausto,
benché fosse intimo del “macellaio dei polacchi” del “Kaputt” di Malaparte, Hans Franck - di Franck si
professerà amico fino alla forca a Norimberga. Fu riabilitato nel ‘48 malgrado
l’ostilità di Mann, e reintegrato all’Accademia di Monaco retroattivamente: la
sua musica romantica non s’intonava al Terzo Reich, e il posto all’Accademia
aveva perso per una lite con Göring.
Adrian Leverkühn fa tutto quello che fa Pfitzner, compreso andare a
Palestrina e vendersi al diavolo Hitler: i suoi gorgheggi col maligno sono un
calco delle cantate di Palestrina con l’angelo. Le lodi di Adrian ripetono l’elogio di Pfitzner
nelle “Considerazioni”, parte della celebrazione della superiore cultura
tedesca.
“A 18 anni ho sperimentato la Liberazione e posso dirvi che è stato
un momento abominevole, peggio dell’Occupazione”, Ricorda Scaraffia che
Tournier ha detto. Tournier è uno scrittore
fiabescamente vero. E comunque è questo un altro fronte dell’inevitabile
revisionismo della guerra – in aggiunta a quelli già in agguato: bombardamenti,
stupri russi, deportazione dei tedeschi orientali.
È un cortocircuito, l’“ho visto” esclude l’“ho saputo”, l’informazione.
Ma c’è un modo di apprezzare anche l’Occupazione: ordine, obbedienza. E di aggiungere
tasselli al revisionismo, che non può tardare.
Messa – Una nota ai “Werke”
di B.Brecht, 10, p. 10, la definisce “forma musicale per voci soliste, coro e
orchestra della liturgia della chiesa cattolica”. Una forma musicale, ai teologi
potrebbe risultare risolutiva.
Pasolini – Visse solo 53 anni – sembra che ci sia sempre
stato.
Aveva
estro pittorico più che narrativo – o altrimenti di situazioni in surplace, quadri viventi. Ma fu pittore
in privato: elegiaco, intimista, di se stesso.
Artificiosa
è pure la morte, benché efferata: come sul set
di un assassinio, di odio e di paura, san Sebastiano di borgata. Che in “Bestia
da stile”, riscritto più volte fino all’antivigilia della morte, aveva sceneggiato:
“Voglio morire di umiliazione, voglio che mi ritrovino col sesso di fuori”.
Aveva smarrito la vena comica - la lievità
d’animo che è il segno certo di Dio: spento il fuoco e la luce, pure quella fatua, filamentosa,
la baluginante fosforescenza delle lucciole. Incattivito
con se
stesso, dissero gli amici.
Sainte-Beuve – Sono sue molte citazioni diventate pratica
corrente: “le tout revient au même”, “invecchiare è il solo mezzo che si è trovato di vivere a
lungo”, “bisogna andare otre la meta per raggiungerla”, “meno si parla, meglio
si pensa”, “quanti muoiono prima di aver fato il giro di se stessi”, “Mme de
Staël esibiva volentieri le braccia,
il petto, ciò che aveva di meglio, e diceva: «Ognuno mostra il viso dove ce l’ha»”, “poiché dobbiamo avere
amici, vediamo d averne che ci facciano onore”, “di tute le forme dello
spirito, l’ironia è la meno intelligente”, etc.. Una miniera di bons mots, arguti, spiritosi. Pur essendo,
oltre che inviso a Proust, che tentò di ridicolizzarlo, accademico a 40 anni,
introdotto da un discorso di Victor Hugo, di cui si era fatto amico, e senatore
di Napoleone III.
Volk - È tema anche di Brecht, oltre che della
propaganda nazista, in chiave naturalmente diversa, ma altrettanto ossessiva.
Già negli anni del nazismo, nel saggio “Volkstümlichkeit und Realismus”, del 1938,
tradotto da Chiarini come “Popolarità e realismo”, e poi nella Repubblica
Democratica Tedesca. Ma sempre nella forma aperta, ambigua, che gli è più
propria, anche sotto l’impegno politico.
letterautore@antiit.eu
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