“Accogliere e integrare” non è rivoluzionario, e non è nemeno
difficile. La divisa che si cuce addosso alla cancelliera Angela Merkel nei
bilanci di fine anno manca peraltro della componente più importante: il ruolo
leader che la cancelliera si assunto in Germania sull’opinione pubblica. C’è
ammirazione ma anche dispetto alla Farnesina sulle “passeggiate” che la
cancelliera tedesca si consente impune sulle spianate europee.
La Germania ha la più lunga e vasta esperienza di accoglienza e
inegrazione. Nel dopoguerra ha cominciato con i latini negli anni 1950,
italiani e spagnoli, poi con i turchi, con gli slavi, e ora con gli arabi. Non
è dl resto difficile, altri paesi europei hanno saputo e sanno accogliere e integrare:
la Gran Bretagna e la Francia, e anche l’Italia. Il messaggio della cancelliera
un mese ha avuto il merito di disinnescare chi pescava nello sciovinismo. Con
buoni risultati, con le feste in piazza in Baviera e nelle altre aree a più
densa immigrazione. Lodevole, ma nulla di più.
Se non che questa confermata leadership dell’opinione getta una luce
sinistra sulla gestione “antilatina”, cioè antitaliana, dell’opinione pubblica
nella crisi delle banche e poi del debito. Con una Germania che arruffava tutto,
scusandosi col dire che gli italiani le rubavano in tasca. Una deriva che la
cancelliera, nonché non contrastarla, mai, in nessuna occasione, ha favorito in
ogni modo, con insinuazioni sue proprie, con Sarkozy e da sola, e attacchi
quasi quotidiani del suo uomo in Bundesbank. Che sono costati all’Italia alcune
centinaia di miliardi in interessi sul debito. E una crisi di fiducia, esterna
e interna, che ancora non si è dissolta. È facendo leva su questo falso odio,
comparato, che la Germania ha invece cavalcato nella crisi una fase di
sicurezza che ancora non si è esaurita.
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