Singolare
ritratto storico-somatico a quattro mani di due emeriti della sociologia
politica. Quasi un epicedio, una rivendicazione a futura memoria. Dodici capitoli
tematici. Popolazioni, con migrazioni comprese, nel senso di dire: non sono una
novità. I confini, col nazionalismo. La città. Le chiese. Le lingue. Le università
e le altre istituzioni del sapere. I sistemi di governo e politici. Le disuguaglianze
e l’uguaglianza. E ora l’unione economica, i mercati. Ma di fatto un’eulogia dell’Europa, acuta (Ulisse), combattiva
(Prometeo), innovativa (Faust). All’insegna dell’illuminismo: razionalità e
soggettività. Tutto vero e buono, naturalmente, e non contestato, quindi da non
riaffermare, non fosse per alcune aporie.
Alla ragione
non si può obiettare, al panorama comparatistico più ampio possibile: il calcolo,
la tecnica, la ricerca applicata da una parte, e dall’altra la speculazione critica.
Anche se la ricerca è precedente all’illuminismo: Bacone, Galileo, Cartesio. Questo
è molto europeo. Dopodiché la promozione dell’individuo, del quisque faber, promotrice insieme dei
valori di libertà e di eguaglianza, della democrazia e del benessere
(solidarietà), è anch’essa riportata all’illuminismo. Ma dimenticando quanto
dobbiamo all’illuminismo e alle volontà generali in fatto di teorie e pratiche
totalitarie – altrove usurpatrici e tiranniche, in Europa a buon diritto, coi partiti
totalitari e con lo Stato. Mentre è solo cristiana (perché non rivendicare
anche questo primato?): si è uguali davanti a Dio. È da qui che nasce
l’individualismo europeo, più che dalla polis
greca o dall’ethos illuminista, che
invece faceva discriminazioni. Cavalli e Martinelli lo riconoscono e poi se ne
dissociano, perché la chiesa di Roma ha avuto ondeggiamenti. Che però è
un’altra cosa, la chiesa può non essere cristiana.
Il
radicamento è importate per la parte propositiva della trattazione,
l’accoglienza e l’integrazione. È chiaro – è chiaro a tutti probabilmente,
malgrado le polemiche – che la civiltà si svolge meticcia, per integrazione di
popoli, valori, linguaggi diversi, e anche di razze, forse. L’integrazione non
è un problema, e nessuno di fatto alla fine esclude l’altro. Può restarne
sorpreso, anche gli italiani sembravano strani agli angloamericani un secolo
fa, ma poi si addiviene ala normalizzazione. Il problema è l’accoglienza: è
l’accoglienza disastrata e disastrosa che crea frizioni e rifiuti: senza
paratie né chiuse, e senza luoghi e canali di sbocco. L’Europa non è cattive né
pregiudicata, è disorganizzata.
Alessandro
Cavalli-Alberto Martinelli, La società
europea, Il Mulino, pp. 352 € 24
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