Paleografia,
appena quarant’anni fa: quanto è lontano il concetto di “popolare”, coi correlati
folklore, civiltà contadina e simili. Materia peraltro ben fascista, prima e
con più forza che comunista. Studi su una “differenza” che più non esiste, da
tempo – già allora.
Lo
studio del folklore non funziona se inteso come Lombardi Satriani allora
proponeva, come “alternativa”, culturale e politica: canto popolare, teatro
popolare, magia. Era allora tempo di rivolte al Sud, terreno per antonomasia di
studio del folklore, e lo studioso stesso parte sancendo la loro ineffettualità,
a Avola, Reggio, Battipaglia, Caserta, Eboli, e a Napoli per il pane. Per
questo motivo: “È lo scandalo di una realtà che, nel momento in cui si tende per
negare nella maniera più clamorosa il dominio e la sua logica, proprio allora
riafferma le condizioni di quel dominio e di quella logica”.
La
rivolta non era “alternativa”, per valori o obbiettivi diversi da quelli
imperanti. Forse perché obbediva a schemi politici perenti, di destra ma anche
di sinistra – Lombardi Satriani era allora tropo impegnato per vederli. Di
sicuro perché si muove secondo gli schemi della sua gabbia: il linguaggio la
mostra ben italianista, solo impoverita. I fallimenti lo studioso imputa alla
“violenza delinquenziale fascista”, e alla subalternità secolare della “rabbia
contadina”. Ma questo ha influito solo in parte: la subalternità era – è – a
schemi politici e istituzionali nazionali, di cui la rabbia del Sud è prigioniera
e parte. Lo stesso si può dire – si poteva quando ancora si praticava – della scienza
del folklore.
Verità e
menzogna Lombardi Satriani spartisce sulle orme del saggio di Fontana, “La
scena”, confluito nel primo volume della “Storia d’Italia Einaudi” - “I
caratteri originali”. Partendo dalla distinzione che il filosofo foucaultiano
vi opera tra “discorso della verità”, istituzionale e di potere, e “discorso
vero”: “Il primo”, scriveva Fontana, “ha formulato, teorizzato, imposto,
per secoli, un concetto ufficiale e
normativo della verità del sapere che era, in ultima istanza, la verità del
potere; il secondo ha preso su di sé, in forme ironiche, derisorie, segrete,
fruste, allusive, traslate, trasgressive e infine scientifiche, a partire dal
XVII secolo, la verità vera”. Lombardi Satriani propone in questa chiave il
folklore “come «fantasma»
del taciuto”, represso, retrocesso: “Non zona dell’ineffabile ma zona del taciuto,
perché culturalmente (e quindi, anche e in maniera essenziale, politicamente) pericoloso, eversivo dell’ordine; non zona
del silenzio mistico ma del silenzio
storico”.
Sul
lato verità però poco più di niente rimane. La cultura – la politica? – che avrebbe
dovuto alzare il velo sul “silenzio storico” è svanita senza traccia. Così come
la scienza del folklore che intratteneva.
Che non poteva reggersi su un’illusione: la rivolta di una cultura contadina
che essa però aborriva (di “subalternità secolare”). Le lettere degli emigrati nel
mondo al loro mago di fiducia in Calabria, dei primi anni 1970, tradiscono
piuttosto la potenza della volontà nella malattia, e della medicina placebo,
più che la fede negli esorcismi e le fatture (capelli, formule, chiodi di bara…).
La questione della magia nel Sud è tutta da rivedere. L’assunto “le
classi subalterne producono un loro ordinamento giuridico, che si pone come diverso – e spesso in netta
contrapposizione – rispetto al diritto «ufficiale»” non ha risposta – può
averla? è assunto scivoloso, conduce alla mafia come giustizia alternativa.(la
legge è una). Giusta resta la ricezione – presto rifiuto – dell’unità, e significativa, che Lombardi Satriani esemplifica con canti popolari siciliani,
non reazionari.
Molto
rimane sul lato menzogna – in aggiunta a questo difetto metodologico o
politico. A partire dalle rivolte, naturalmente, e dal “folk revival” degli
anni 1960-1970, sull’onda del successo di Dylan e Baez - che popolarizzavano le
ricerche di Arlo Guthrie (nulla di analogo avvenne in Italia, malgrado le ricerche
estese e pubblicate di Alan Lomax, fatte proprie a Milano da Roberto Leydi): un
semplice fatto commerciale. L’assunto è peraltro contestabile dello stesso Lombardi
Satriani, dell’emigrazione
come “miraggio del riscatto”: lo è in ogni piega e a tutti gli effetti,
coraggio, intraprendenza, forza.
Luigi
Lombardi Satriani, Menzogna e verità
nella cultura contadina del Sud
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