sabato 23 gennaio 2016

Secondi pensieri - 248

zeulig

Europa – Ama definirsi. Da qualche tempo con insistenza. Ma allo specchio: definirsi con se stessa. Non comparatisticamente. Dicendosi razionalmente razionalista. E individualmente individualista. Tra Ulisse e Prometeo, con un po’ di Cartesio e Bacone. Ma razionale, razionalissima qualche anno e qualche metro avanti a noi, non p la Cina? E più avventuroso dei mongol e Gengis Khan, tutt il corredo al seguito, oggi una patria domani l’altra?
È una smania definitoria (classificatoria) come di qualcuno cui sfugga la sostanza della cosa, che tenta di afferrarla, si tormenta. 

Ama definirsi da qualche tempo fuori dal paradigma cristiano. Che è invece la sua novità – in fondo Europa è “Belvedere”, quello che avranno pensato o detto gli asiatici approdando dalle steppe al Mediterraneo e vedendola verde, ombreggiata, sinuosa. La novità essendo l’uguaglianza. È questo che vuole dire essere tutti figli di Dio. Atro che la classe. Non c’è altro fondamento per l’uguaglianza, più solido, ineludibile.

Fine – Nozione biblica (c’è stato un principio, ci sarà una fine), come si sa, ma di un ebraismo, se si può dire, laico (incredulo): la fine della storia (Marx), dell’inconscio (Freud), della creatività (Schönberg). È anche nozione cristiana? No, la Bibbia viene rivoluzionata dalla morte-resurrezione. Con un giudizio universale ma non la fine dei tempi.

Genere – È sfinito nel multi gender. E dopo vanto arguire si può provare a risalire ad altro fondamento – in via ipotetica beninteso:
1) Ci sono ruoli anche nel multi gender, che revient au même: uno “maschile” e uno “femminile”, diciamo in breve uomo e donna.
2) Le donne NON sono uguali agli uomini.
3) L’uomo DEVE essere superiore: non per un diritto – che sarebbe di fatto una corvèe - ma perché lo vuole la donna: guadagnare di più, aggiustare tutto, guidare, essere buon padre, organizzare lieti eventi, feste, vacanze, serate, anche solo alla tv, essere cavaliere, manager, artista, atleta,  consigliere, saggio. Guai a adagiarsi nella parità, le diventa una furia.
4) Il corteggiamento è necessario oltre che gradito – anche in forma di civetteria, beninteso: la generosità non fa mai male.
5) L’assalto al cielo maschile era per appropriarsene gli strumenti – rubare il maschio all’anagrafe: i ruoli restano distinti, e sono sempre due. 

Linguaggio – È l’inconscio. Nell’innatismo, quello di Platone e gli altri greci, di sant’Agostino, e di Cartesio, Leibniz, Kant. O di Chomsky e della Grammatica Universale. Nella discontinuità – una mutazione genica che fa affiorare il linguaggio – compresa l’“ipotesi catastrofica”, fra un protolinguaggio e il linguaggio (con la scomparsa dei dinosauri?). E in tutte le escogitazioni che si fanno per distinguersi (celebrarsi): il linguaggio dimidiato di Darwin, mezzo artigianato e mezzo istinto; il legame simbolico o cifrato del clan (il linguaggio come “cifra” esclusiva, non male, un parola d’ordine invece che un mezzo di comunicazione); il grooming, perché no, la spulciatura: a furia di pulirsi i peli, si finisce per fare amicizia… (grugnire, pettegolare, sghignazzare…); o la vecchia teoria di Condillac, che già gli ominidi ebbero modo e necessità di dirsi qualcosa, magari a gesti, tra essi i suoni. È l’inconscio in senso proprio, psicoanalitico, in tutte le forme in cui la psicoanalisi lo elabora.

Modernizzazione – È - opera in forma di - una emigrazione. Senza la conquista, anzi assoggettandosi. È in questa forma che essa con costanza viene rigettata nella storia. Da circa mezzo secolo dal mondo islamico: dall’Iran khomeinista dapprima (la Colpa dello scià fu la modernizzazione forzata) alla Turchia di Erdogan oggi, che cavalca il rifiuto, e all’insorgenza islamista radicale. Mentre sopravvivono, nello stesso mondo, le monarchie. Che pure sarebbero contrarie alla sharià, ma le si adattano: alawita o sheriffiana in Marocco, hascemita in Giordania, saidiana nell’Oman, saudita in Arabia, e i tanti principati della stessa penisola, dal Kuwait a Umm al-Qaywayn.

Ulisse-Odisseo – Si confondono a torto: il prototipo dell’Occidentale è freddo (raziocinante) ma anche viaggiatore, nell’ignoto. È ambivalente, furbo e intrepido. Ulisse è altro da Odisseo. Quello di Dante, che viaggia nellignoto, è in realtà Odisseo. Avventuroso, in definitiva poco furbo: la scommessa vince in lui sulla cautela. Perlomeno oggi, Odisseo è più popolare di Ulisse.
È la preminenza di Odisseo spia della decadenza dell’Europa? Dello svago e la buona volontà sull’acutezza d’ingegno.

zeulig@antiit.eu 

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