Checco scopre il vivere civile al circolo polare artico. Finché
Al Bano che si riconcilia con Romina a Sanremo non lo libera dalla fascinazione
vichinga. L’avventura non finisce qui, altre tracce legano le gag, ma questa s’impone:
dovendo muoversi-per-mantenere-il-posto-fisso, il paradosso sui cui il film si
svolge, Checco ritroverà se stesso in Calabria, attivo, produttivo, e perfino intelligente,
e meglio ancora in Africa.
Un film scorretto. Non conformista, come i precedenti – i film
comici italiani, che sono numerosissimi, si distinguono per essere corretti. Ma
non volgare, a parte un paio di menate, come i precedenti: una sceneggiatura lo
regge, e una serie di personaggi comprimari. Un film che non pone problemi, in
realtà – è fatto apposta. Se non la domanda: perché tanto straordinario
successo, 50 milioni in una settimana? Probabilmente per la voglia di
liberazione dall’impronta boreale.
Si spiegherebbe pure l’insistenza su tweet e eiaculazioni
antinordiche ultimamente dello storyteller Renzi - dei suoi consigliori per l’immagine.
Gennaro Nunziante, Quo vado?
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