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venerdì 5 febbraio 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (274)

Giuseppe Leuzzi

Dopo il caso Quarto, fulmineo coming-out a Bisceglie-Molfetta-Andria-Trani, provincia della Puglia: tutti in massa a iscriversi al Pd, consiglieri, sindaci e presidente di provincia, 400 nuove tessere. La politica al Sud è un optional, che potrebbe invece essere un gigantesco capitale.

La Svezia annuncia 80 mila rimpatri di immigrati. Un gesto ingeneroso, e poco politico. Impossibile da effettuare – l’annuncio si fa per scoraggiare nuovi arrivi. Ma i giornali italiani ci credono. I soli. C’è molta voglia di Nord.

Apparire per essere
 “Socrate aveva scoperto la coscienza, ma non le aveva ancora dato un nome” – questo farà Platone.
Ha il tono e il ritmo della rivelazione il “Socrate” di Hannah Arendt, il breve saggio ricavato da una sua dimenticata lezione nel 1954. Che anche il successivo principio di non contraddizione di Aristotele, “con cui Aristotele fonda la logica occidentale”, riconduce “a questa fondamentale scoperta di Socrate: essendo uno io non mi contraddirò, e al tempo stesso potrò contraddirmi”. Che ha un altro più fondamentale fondamento: “Che la vita insieme agli altri comincia con la vita insieme a se stessi”. Per essere bisogna essere se stessi, non negarsi: riconoscersi, accettarsi (emendarsi, etc.), affermarsi.
Riconoscere se stessi, continua la filosofa, si rende manifesto nella polis tramite l’apparire: per essere bisogna “apparire”: “Intendiamo per polis una sfera pubblico-politica in cui gli uomini conseguono la piena umanità,  la loro piena realtà di uomini, non solo perché esistono, come la dimensione privata della sfera domestica, ma anche perché appaiono”.
L’odio-di-sé, per quanto discreto, umile, indotto da giuste cause e a esse votato,  induce la non esistenza. Con danno per sé e, soprattutto, per gli altri. Quando il legame non sia interrompibile: di origine (nascita, luogo), linguaggi, cultura, destino.

La disperanza
Al Sud manca la speranza. (Considerazione centrale, dopo una serie di aneddoti e considerazioni su questo o quell’aspetto peculiare: le iscrizioni senza avviamento al lavoro, gli immigrati, etc.). Non manca il lavoro né la ricchezza, intesa come risorse naturali terra fertile, minerali. La Calabria, la Sicilia, molte zone del napoletano hanno un saldo attivo d’immigrazione per i lavori domestici e agricoli, e di manovalanza generica, in qualche caso anche per la sanità e la nettezza urbana, “posti” semipubblici. In rapporto alla popolazione c’è in queste regioni tanto lavoro immigrato quanto ce n’è nelle altre zone d’Italia – eccettuata la Lombardia e, forse, il Veneto.
I numeri della disoccupazione vanno inoltre ridotti di due e forse tre punti percentuali, in base ai calcoli Inps. Defalcando il finto avviamento al lavoro (iscritti che non intendono lavorare) e i finti contributi minimi, benché essi siano stati raddoppiati da 51 a 102 giornate lavorative. Si arriva nella realtà a cifre di disoccupati maggiori che nel resto d’Italia ma in linea con le medie europee.
Quello che manca è la speranza: l’aspettativa del miglioramento sociale e culturale che è poi il motore dello sviluppo. Si è detto giustamente che la disoccupazione italiana è meridionale, donna, con un titolo di studio. Ma su questo si è ingiustamente sociologizzato come dell’esito di una fuga in avanti, di una mentalità dell’irrealtà, di un’incapacità a essere. Questa incapacità c’è ma per effetto dell’incapacità di “costruire il futuro”.
L’accumulazione primaria non manca, e anzi è feconda, malgrado le delinquenze liberamente in agguato, e così pure l’applicazione intensiva al lavoro. Quello che manca è la trasformazione del peculio originario in un processo di sviluppo, che consenta il ricambio e l’ascesa sociali, che sono il motore dello sviluppo stesso. I normali processi di moltiplicazione e diffusione della ricchezza, la rendita immobiliare, le infrastrutture, i servizi, sbocciano a macchie, restando isolati in genere e episodici, non durano. La dispersione è la norma.
Sono anche individuabili i canali di disseccamento delle risorse: una parte va in edilizia improduttiva, l’abusivismo cosiddetto di necessità, una parte nell’economia malavitosa, che finisce nella confisca se non in “Svizzera”, una parte viene tesaurizzata nella forme estreme dell’avarizia, e una parte viene sterilizzata dal lavoro immigrato (europei dell’Est, africani, asiatici) in rimesse all’estero. Si va per continui cortocircuiti, e quello che oggi è un bellissimo progetto e una costosa iniziativa, subito domani è un fallimento.
La stessa cosa si può dire altrimenti: manca il ceto medio istruito-professionale. Quello che c’è è di risulta, è demoralizzato, e si applica poco. La mancanza di speranza è all’origine della demoralizzazione del Sud. Che, anch’essa, è forte nel ceto medio istruito-professionale.

Milano
Le inglesi si vendono agli sceicchi, care, o agli oligarchi. Le squadre inglesi. Le squadre milanesi a asiatici abusivi e di poca fortuna. C’è un motivo?

“Striscia la notizia” fa un sucessone mostrando i napoletani nell’arte di saltare il tornello alla metro. È un cult, va in scena quasi ogni sera grazie al corrispondente napoletano. Lo stesso si fa a Milano. In misura più ampia perché la metro è più grande. Farebbe anche più notizia che non nella solita Napoli. Ma non si mostra.  

L’Expo si è chiusa in perdita, sicuramente di 90 milioni, forse di qualche miliardo se si conteggiano le immobilizzazioni senza ritorno di Arexpo, la società cui sono stati messi in capo  i terreni espropriati. Questo in aggiunta ai un paio di miliardi spesi graziosamente dallo Stato. Ma non si dice, e anzi non si può nemmeno sapere la fiera è stata un trionfo.

Si leggono per obbligo di lettore informato i giornali milanesi, “Corriere della sera”, “Sole 24 Ore” – e per devozione, “c’era una volta Milano”, etc. Ma non si “reggono”, come si dice a Roma. Si vede dai supplementi, femminili, moda, living, style, blog. Insopportabili: di un gusto marziano, e in vario modo (costo, melensaggini, prezzi consigliati, pubblicità redazionale) fastidiosi. Si direbbero controproducenti, ma è il giornalismo made in Milano: si vende e fa vendere.

Non è una questione di Nord e Sud, i giornali di Milano sono diretti da napoletani. È una questione di modo d’essere, di pensare l’arte, il verde, l’abbigliamento, il viaggio, la cucina, e di andare al ristorante, al pub, in discoteca. Tutto artificioso: un po’ inconsistente un po’ demenziale, ma pieno di sé e presuntuoso.  

O si può allargare l’obiettivo: milanese era una volta il filo, la cotoletta, il risotto, il panettone, la Borsa, la nebbia, i promessi sposi. Una vasta, ricca, provincia. Ora è l’Italia tutta, malata – corrotta nell’anticorruzione: la Lega, i giudici, i giornali..
Di chi il bubbone pestifero?

E le fiere. Milano era come Francoforte, o Francoforte come Milano: città di fiere. E quindi di mercanti, anche ambulanti, e di banchi. Poi tentò le filande, per fare Lucia Mo(n)della. E approdò al made in Italy, la fatica affidando à façon a napoletani, turchi e cinesi. Una breve storia di Milano sarebbe questa.

500 famiglie morose sui pasti a scuola a Corsico, periferia di Milano, 35 mila abitanti. Cioè quasi tutte. Ma nessuno scandalo. La cosa fa notizia giusto perché il sindaco vuole rientrare delle spese. .

“Contro l’inerzia investigativa la legge non prevede alcun rimedio”. La Procura di Milano ha evitato di indagare certi usurai che il Tribunale di Verbania gli chiedeva. Finché la pratica non è stata avocata dalla Procura Generale. Sempre di Milano ma gestita da non napoletani. La Procura ha allora fatto appello in Cassazione, che le ha dato ragione, con la suddetta motivazione. Arguzia napoletana – la Cassazione è infestata di napoletani? Leguleismo ispanico-lombardo, alla “Promessi sposi”?

La giustizia napoletana a Milano si direbbe insopportabile due volte. Il dubbio è infatti che furbescamente ne goda, di sterilizzare il\la suo\a incumbent.

Ci sono molte mafie a Milano, ma sono tutte di calabresi, napoletani e siciliani. Com’è possibile, Milano è stata occupata?

leuzzi@antiit.eu 

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