Dopo il caso Quarto, fulmineo coming-out a
Bisceglie-Molfetta-Andria-Trani, provincia della Puglia: tutti in massa a
iscriversi al Pd, consiglieri, sindaci e presidente di provincia, 400 nuove
tessere. La politica al Sud è un optional,
che potrebbe invece essere un gigantesco capitale.
La Svezia annuncia 80 mila rimpatri di
immigrati. Un gesto ingeneroso, e poco politico. Impossibile da effettuare –
l’annuncio si fa per scoraggiare nuovi arrivi. Ma i giornali italiani ci
credono. I soli. C’è molta voglia di Nord.
Apparire
per essere
“Socrate aveva scoperto la coscienza, ma non le
aveva ancora dato un nome” – questo farà Platone.
Ha
il tono e il ritmo della rivelazione il “Socrate” di Hannah Arendt, il breve
saggio ricavato da una sua dimenticata lezione nel 1954. Che anche il
successivo principio di non contraddizione di Aristotele, “con cui Aristotele
fonda la logica occidentale”, riconduce “a questa fondamentale scoperta di
Socrate: essendo uno io non mi contraddirò,
e al tempo stesso potrò contraddirmi”. Che ha un altro più fondamentale
fondamento: “Che la vita insieme agli altri comincia con la vita insieme a se
stessi”. Per essere bisogna essere se stessi, non negarsi: riconoscersi,
accettarsi (emendarsi, etc.), affermarsi.
Riconoscere
se stessi, continua la filosofa, si rende manifesto nella polis tramite l’apparire:
per essere bisogna “apparire”: “Intendiamo per polis una sfera pubblico-politica in cui gli uomini conseguono la
piena umanità, la loro piena realtà di
uomini, non solo perché esistono, come
la dimensione privata della sfera domestica, ma anche perché appaiono”.
L’odio-di-sé,
per quanto discreto, umile, indotto da giuste cause e a esse votato, induce la non esistenza. Con danno per sé e,
soprattutto, per gli altri. Quando il legame non sia interrompibile: di origine
(nascita, luogo), linguaggi, cultura, destino.
La disperanza
Al Sud manca la speranza.
(Considerazione centrale, dopo una serie di aneddoti e considerazioni su questo
o quell’aspetto peculiare: le iscrizioni senza avviamento al lavoro, gli
immigrati, etc.). Non manca il lavoro né la ricchezza, intesa come risorse
naturali terra fertile, minerali. La Calabria, la Sicilia, molte zone del napoletano
hanno un saldo attivo d’immigrazione per i lavori domestici e agricoli, e di
manovalanza generica, in qualche caso anche per la sanità e la nettezza urbana,
“posti” semipubblici. In rapporto alla popolazione c’è in queste regioni tanto
lavoro immigrato quanto ce n’è nelle altre zone d’Italia – eccettuata la
Lombardia e, forse, il Veneto.
I numeri della disoccupazione vanno
inoltre ridotti di due e forse tre punti percentuali, in base ai calcoli Inps.
Defalcando il finto avviamento al lavoro (iscritti che non intendono lavorare)
e i finti contributi minimi, benché essi siano stati raddoppiati da 51 a 102
giornate lavorative. Si arriva nella realtà a cifre di disoccupati maggiori che
nel resto d’Italia ma in linea con le medie europee.
Quello che manca è la speranza: l’aspettativa
del miglioramento sociale e culturale che è poi il motore dello sviluppo. Si è
detto giustamente che la disoccupazione italiana è meridionale, donna, con un
titolo di studio. Ma su questo si è ingiustamente sociologizzato come
dell’esito di una fuga in avanti, di una mentalità dell’irrealtà, di un’incapacità
a essere. Questa incapacità c’è ma per effetto dell’incapacità di “costruire il
futuro”.
L’accumulazione primaria non manca, e
anzi è feconda, malgrado le delinquenze liberamente in agguato, e così pure
l’applicazione intensiva al lavoro. Quello che manca è la trasformazione del
peculio originario in un processo di sviluppo, che consenta il ricambio e
l’ascesa sociali, che sono il motore dello sviluppo stesso. I normali processi
di moltiplicazione e diffusione della ricchezza, la rendita immobiliare, le
infrastrutture, i servizi, sbocciano a macchie, restando isolati in genere e episodici,
non durano. La dispersione è la norma.
Sono anche individuabili i canali di
disseccamento delle risorse: una parte va in edilizia improduttiva,
l’abusivismo cosiddetto di necessità, una parte nell’economia malavitosa, che
finisce nella confisca se non in “Svizzera”, una parte viene tesaurizzata nella
forme estreme dell’avarizia, e una parte viene sterilizzata dal lavoro
immigrato (europei dell’Est, africani, asiatici) in rimesse all’estero. Si va
per continui cortocircuiti, e quello che oggi è un bellissimo progetto e una
costosa iniziativa, subito domani è un fallimento.
La stessa cosa si può dire altrimenti:
manca il ceto medio istruito-professionale. Quello che c’è è di risulta, è
demoralizzato, e si applica poco. La mancanza di speranza è all’origine della
demoralizzazione del Sud. Che, anch’essa, è forte nel ceto medio
istruito-professionale.
Milano
Le inglesi si vendono agli sceicchi,
care, o agli oligarchi. Le squadre inglesi. Le squadre milanesi a asiatici abusivi
e di poca fortuna. C’è un motivo?
“Striscia la notizia” fa un sucessone mostrando i napoletani nell’arte di saltare il tornello alla metro. È un cult, va in scena quasi ogni sera grazie al corrispondente napoletano. Lo stesso si fa a Milano. In misura più ampia perché la metro è più grande. Farebbe anche più notizia che non nella solita Napoli. Ma non si mostra.
“Striscia la notizia” fa un sucessone mostrando i napoletani nell’arte di saltare il tornello alla metro. È un cult, va in scena quasi ogni sera grazie al corrispondente napoletano. Lo stesso si fa a Milano. In misura più ampia perché la metro è più grande. Farebbe anche più notizia che non nella solita Napoli. Ma non si mostra.
L’Expo si è chiusa in perdita, sicuramente di
90 milioni, forse di qualche miliardo se si conteggiano le immobilizzazioni senza
ritorno di Arexpo, la società cui sono stati messi in capo i terreni espropriati. Questo in aggiunta ai
un paio di miliardi spesi graziosamente dallo Stato. Ma non si dice, e anzi non
si può nemmeno sapere la fiera è stata un trionfo.
Non è una questione di Nord e Sud, i
giornali di Milano sono diretti da napoletani. È una questione di modo
d’essere, di pensare l’arte, il verde, l’abbigliamento, il viaggio, la cucina,
e di andare al ristorante, al pub, in discoteca. Tutto artificioso: un po’
inconsistente un po’ demenziale, ma pieno di sé e presuntuoso.
O si può allargare l’obiettivo: milanese
era una volta il filo, la cotoletta, il risotto, il panettone, la Borsa, la
nebbia, i promessi sposi. Una vasta, ricca, provincia. Ora è l’Italia tutta,
malata – corrotta nell’anticorruzione: la Lega, i giudici, i giornali..
Di chi il bubbone pestifero?
E le fiere. Milano era come Francoforte,
o Francoforte come Milano: città di fiere. E quindi di mercanti, anche ambulanti,
e di banchi. Poi tentò le filande, per fare Lucia Mo(n)della. E approdò al made
in Italy, la fatica affidando à façon
a napoletani, turchi e cinesi. Una breve storia di Milano sarebbe questa.
500 famiglie morose sui pasti a scuola a
Corsico, periferia di Milano, 35 mila abitanti. Cioè quasi tutte. Ma nessuno
scandalo. La cosa fa notizia giusto perché il sindaco vuole rientrare delle
spese. .
“Contro l’inerzia investigativa la legge
non prevede alcun rimedio”. La Procura di Milano ha evitato di indagare certi
usurai che il Tribunale di Verbania gli chiedeva. Finché la pratica non è stata
avocata dalla Procura Generale. Sempre di Milano ma gestita da non napoletani. La
Procura ha allora fatto appello in Cassazione, che le ha dato ragione, con la
suddetta motivazione. Arguzia napoletana – la Cassazione è infestata di
napoletani? Leguleismo ispanico-lombardo, alla “Promessi sposi”?
La giustizia napoletana a Milano si
direbbe insopportabile due volte. Il dubbio è infatti che furbescamente ne goda,
di sterilizzare il\la suo\a incumbent.
Ci sono molte mafie a Milano, ma sono
tutte di calabresi, napoletani e siciliani. Com’è possibile, Milano è stata
occupata?
leuzzi@antiit.eu
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