“Chopin “uomo
di sospiri, di lacrime, di singhiozzi”? Il genio del pianismo, così sottile e
misterioso? Ma non solo il gusto, anche la forma del poeta Proust è una
delusione.
L’antologia
riproduce in parte il “Cahier Marcel Proust” n. 10, 1982, che ha raccolto i versi
sparsi, a cura di Claude Francis e Fernande
Gontier. I primi componimenti sono in alessandrini, naturalmente pomposi – alessandrini
negli anni 1880? il genera “fanfare e trombe” di corte, che i borghesi
evidentemente a Fine Secolo invidiavano. Seguono alcuni medaglioni di artisti,
come quello di Chopin, imbarazzanti per uno che veniva dopo Baudelaire e
Sainte-Beuve, o anche solo dopo Diderot e Stendhal. Alcuni pastiches, genere coltivato più proficuamente in prosa, qui da Anna
de Noailles, Mallarmé e Débussy. E omaggi agli amici, tutti giovani e belli e desiderabili
(o allora indesiderabili): i soliti noti (Robert Dreyfus, Daniel Halévy, Robert
de Billy, etc,), qui anche Cocteau e Morand. In genere sul pallido-opale –
anche blu, che in francese, bleu, si presta
a più rime. Di amori sempre delusi – “amare è triste”. Piove anche, un poco,
nel cielo opale di Proust. Con spiritosaggini certo, è nello spirito di questi suoi “invii”, ma poco spiritose.
Una
bizzarra conferma, squadernata ma invisibile, come la lettera di Poe, anche
presso i cultori della materia, del Proust vero di Beckett. Scherzoso sempre, e
insincero. Nel deserto dei sentimenti, coltivato – mai un accento di
disperazione, neppure di maniera. Scherzoso peraltro di un’adolescenza
prolungata, liceale. Anche se alcuni componimenti sono contemporanei alla “Recherche”.
Luigi De Nardis, che ha pubblicato l’antologia messa a punto e tradotta da Luciana
Frezza, prende le distanze. Più ancora la traduttrice, che, proustiana, si fa
un dovere di premettere: questo abbozzo di poesia, “com’era da prevedere, non ci
fa rimpiangere nulla”. La poetessa è soprattutto impressionata dalla “freddezza decorativa, tra parnassiana e liberty”. O non
peggio?
L’esercizio,
al di qua dell’ironia, richiama Gozzano, poco prima dei baci Perugina. Crepuscolare
non è una colpa, ma sì di uno che veniva dopo Baudelaire – o, per quello che
riguarda il segreto, dopo Wilde.
Non si sa
che pensare di Proust, in attesa di una biografia non oleografica. Si ha
bisogno di un Proust sincero nell’insincerità. Meno omeopatico. Odoroso, anche
se di zolfo. Il problema è della scelta? Che è purgata, anche se non per
moralismo: per intraducibilità. Frezza porta l’esempio di “merde”, con le tante
rime che il francese consente e l’italiano no – nessuna rima. Un componimento evitato
(anche dal “Cahier” n. 10) è “Pédérastie”, poi famoso perché Jacqueline Risset
lo ha pubblicato e commentato a parte. Anche la mostra recente dell’Hotel Marigny,
il bordello gay che Marcellino decorò con i mobili della mamma, potrebbe dare
un altro spessore, ai versi in opale, e anche alla poetica.
Marcel
Proust, Poesie, Ue Feltrinelli, pp.
143, con orig., € 6
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