Ottocento
pagine di bianchi e paraculate, 870 in originale, quando ne bastavano ottanta.
Disgraziatamente con l’avallo
dell’Accademia francese, di Fumaroli e di Pivot. Una parodia involontaria
dell’industria del best-seller,
della scrittura delle scuole di scrittura.
Una
storia d’amore contro l’amore. E un omaggio ai “maestri”, delle scuole di
scrittura. Una storia d’amore-possessione, di una
ninfetta. Più “Twin Peaks” che “Lolita”. Con una serie di baggianate riflessive
tra scrivere e amare. Senza personaggi “reali”, in un’America di cartapesta –
tipo la Boston di Scerbanenco. Accompagnata dalla fabbricazione del best-seller, criticamente
compiaciuta. Anche se piena di errori. Nel New Hampshire l’età
minima per il matrimonio non è 18 anni la 13 per le donne e 14 per l’uomo. La
pena di morte vi è sospesa (moratoria a
tempo indefinito) dal 1976. I tramonti vi sono come le albe a Ostia, un po’
piatti. E vogliamo mettere un Procuratore anni Duemila che non persegue un
Potente - quando invece è il contrario che fa e vuole fare?
Un
polpettone: sentimentale, sordido, sadomaso, provinciale, postindustriale.
Esemplare in un certo senso, del nulla sotto vuoto delle scuole di scrittura.
Pieno di baci Perugina – la creazione più grande è “costruire l’amore”. Con una
dozzina di punti di vista, giusto per épater
le bourgeois, minorizzarlo. Altrimenti farebbe uno sceneggiato
italiano, tipo “Don Matteo”, per agevolare l’addormentamento. Ma così lungo? Il comma 26 del manuale dello scrittore è che “scrivere un
libro è come amare qualcuno: può diventare molto doloroso”. E leggerlo?
Però
è vero. Nola non è diventata la nuova Lolita, però è vero che Dicker ha
incassato in un colpo quanto Nabokov prolifico non ha incassato in una vita.
Joël Dicker, La verità sull’affare Harry Quebert,
Bompiani, pp. 775 € 14
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