Un uomo può uccidere la
moglie, madre dei propri figli, a 35 anni, in un momento d’ira perché non trova
l’orologio da polso, occultarne il cadavere e, riconosciuto colpevole, passarla
liscia. Tra l’ergastolo e la libertà il giudice ha deciso per la libertà. Ha
negato i futili motivi, mandando il reato in prescrizione.
È successo a Pescara sabato.
L’altro sabato a Milano un giudice ha riconosciuto a una vittima di stalking il
diritto a essere informata del provvedimento di divieto al molestatore di
avvicinarsi alla sua casa. La sentenza è stata celebrata meritoriamente, in quanto
prima applicazione di una nuove legge che impone questa comunicazione. Ci
voleva una legge per “imporre” questa comunicazione. E tre anni buoni di tempo:
la vittima dello stalking aveva presentato denuncia a novembre 2012.
Malgrado la generale
deprecazione del femminicidio, della violenza contro le donne, questa è sempre
di ordinaria amministrazione. Niente dolo per i responsabili, né premeditazione,
niente aggravanti e anzi tutte le attenuanti. Anche in caso di denuncia di
minacce e maltrattamenti, reiterata quanto si voglia: non fa aggravante. Con
esiti dal non luogo a procedere, a sanzioni deprecatorie (niente carcere), e carcerazioni
brevi nei casi più disperati.
Come tutte le corporazioni,
anche quella dei giudici è misoneista – abitudinaria. Anche le donne, ora che
la professione è a maggioranza femminile, anche nei giudizi su maltrattamenti a
danno della donna. La donna che a Milano aveva denunciato la persecuzione a
novembre del 2012 poteva pure morire – in attesa della “legge”.
La legge peraltro in Italia
s’intende manzonianamente, come la lettera della legge. Non c’è nella
costituzione, nella costituzione materiale, nel sentito comune, nelle coscienze,
il rigetto e la punizione della violenza domestica o di coppia, comunque
esercitata? Certo che c’è, ma non per i giudici, che volentieri si fermano alla
prassi, anche contro il senso più evidente. Succede per la violenza sulle donne
come per il delitto d’onore, l’attenuante che fu a lungo decisiva in caso di vendette
familiari. Un residuato, cui nessuno credeva, nemmeno i patriarchi che in teoria imponevano il delitto risarcitorio, ma i giudici sì, finche la “legge”, appunto,
non abolì la categoria..
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