martedì 9 febbraio 2016

Il mondo com'è (249)

astolfo

Aramco – Ritorna sul mercato il colosso petrolifero saudita, cioè in Borsa? In piccola parte si, il 10-20 per cento. Quanto basterà a portare al erame alleanze solide, e ridare fiato alle sue finanze in questo anno di magra, per effetto della politica, anch’essa saudita, di contenimento dei prezzi del petrolio. Una politica determinata dalla necessità di bloccare l’“effetto sostituzione”,che avrebbe potuto colpire l’Arabia Saudita in due modi, come fonte di energia e come fonte di approvvigionamento. Una piccola percentuale del suo gruppo petrolifero nazionale supplirà ai problemi di bilancio.
Nata settant’anni fa come American Arabian oil Company, in rappresentanza delle compagnie americane che avevano il monopolio del petrolio saudita, con le riserve più grandi al mondo e le più redditizie per i bassissimi costi di produzione, è stata progressivamente nazionalizzata dopo la “guerra del petrolio”, tra il 1973 e i 1980. La Saudi Aramco copre i nove decimi delle entrate del reame. Quanto vale è presto per dirlo, non ci sono parametri di riferimento. Ma un 10-20 per cento dell’Aramco basta all’“Economist” per dire il collocamento “la vendita del secolo”.

Blocchi – La politica dei blocchi è improduttiva e anzi autolesionista? Sì per quanto concerne l’Occidente, cioè la Nato, il fronte comune Usa-Europa. Per la debolezza e incapacità dell’Europa.
La politica dei blocchi resta centrale nella Nato anche nel multilateralismo, la dottrina di Kissinger che governa il mondo dopo la caduta del Muro e il crollo dell’Urss. In senso tradizionale, per il contenimento della Russia: in Serbia, nel Caucaso e in Georgia, in Ucraina. E come nuova strategia mondiale, contro i focolai di ribellione, e più in generale di contenimento del mondo arabo-islamico: Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e fino a ieri l’Iran. Ma non funziona, tutti i fronti restano aperti e incerti.
È questa l’analisi di “International Affairs”, la rivista del ministero degli Esteri di Purin: l’approccio occidentale non funziona, la crisi finanziaria perdurante e quella dell’immigrazione ne sono l’esito, incontenibile. Ma questa è anche l’analisi di vari centri studi americani, di cui il “Wall Street Journal” si fa eco, anche se per un motivo diverso: l’inefficienza o incapacità dell’Europa, appunto. L’approccio per blocchi si scontra con la debolezza europea, sia sulla questione immigrazione-invasione, sia su quella degli “stati-canaglia”, in Siria e in Libia, come già in Iraq e in Afghanistan. È su questi presupposti che Obama ha anticipato ieri a Mattarella un intervento americano, sia pure ancora solo di supporto, logistico più che di intervento militare diretto.

Captologia – È la scienza alla base delle app. Una “nuova scienza” proposta dal Persuasive Technology Lab di Stanford, il laboratorio dello Human Sciences and Technologies Advanced Research Institute dell’università. Attivo dal 1998, il laboratorio ha formato i migliori creatori di app della Silicon Valley. Fondato da B.J.Fogg, iniziali segrete, un ricercatore che lavora a metà per l’università e a metà per l’industria, teorico di un Behaviour Design: “La mia specialità è creare sistemi per cambiare i comportamenti umani”. Che è il fulcro della pubblicità . Fogg usa “metodi della psicologia sperimentale per dimostrare che il computer possono cambiare i pensieri e i comportamenti delle persone in modi prevedibili”, secondo il sito del laboratorio.
Captologia è un acronimo per “compuer come tecnologia persuasiva”. Una forma di psicologia del consumo applicata, ma centrata sull’uso intensivo – “obbligato” - della rete.

Destra-sinistra – L’inversione dei ruoli sta diventando sistemica sulla questione immigrazione. In Germania soprattutto, ma anche in Italia, malgrado le intemperanze della Lega, sono gli industriali  – i “padroni” di Dario Fo – difendere e valorizzare le maree di immigrati, profughi e non. Che vorrebbero ordinate, ma questo a beneficio degli stessi immigrati e non in senso punitivo. In Germania la partita è addirittura tra la Confindustria e gli xenofobi.
La Confindustria tedesca calcola che 600 mila posti di lavoro non sono coperti già oggi per la debolezza della forza lavoro. Che si ridurrà in quindici anni, nel 2020, di altri sei milioni di unità, per effetto della decrescita demografica – un fatto non ipotetico: i sei milioni non sono nati. Mentre “i profughi offrono un potenziale gigantesco” di ampliamento della forza lavoro.  Tanto più che “più della metà sono giovani con meno di venticinque anni”.
Un ampliamento della forza-lavoro per poterla dominare meglio, secondo i vecchi modelli classisti di lettura? Sì e no: Gli industriali tedeschi sono anche all’avanguardia nella formazione della forza lavoro immigrati, da tutti i punti di vista, linguistici, culturali, tecnici, per almeno tre anni. Con la sospensione di ogni motivo di espulsione o allontanamento, nei tre anni di formazione. E su un presupposto che è anche dei sindacati: migliorare la qualificazione per non abbassare i salari – la mancanza della formazione, invece, e i salari bassi e precari caratterizzano il “modello” italiano.

Eurasia –Non c’è senza l’Europa. Un‘evidenza di cui la politica russa comincia però solo ora a prendere cognizione, avendo considerato il retroterra europeo un dato di fatto,  acquisito. L’ostracizzazione della Russia a causa dell’Ucraina ha fatto emergere l’Europa coma la “parte mancante” alla strategia eurasiatica. Ufficialmente, è all’inverso che il disegno eurasiatico viene proposto. Facendosi forza cioè dell’Oriente, della via della Seta, per negoziare con l’Occidente: facendosi madrina e tramite dell’Eurasia, la Russia avrà infine relazioni fruttuose con l’Europa.
Il che è vero, ma fino a un certo punto: il retroterra asiatico dà più forza alla Russia nelle relazioni con l’Occidente. Ma bisogna che l’Occidente, o almeno l’Europa, sia disponibile.

Ottanta – Gli ultimi anni felici della Repubblica sono ancora espulsi dalla storia. Ancora, cioè dopo gli sconquassi della Seconda Repubblica. Che evidentemente non ha liberato l’Italia ma l’ha costretta in un corridoio opaco, quello compromissorio, e dissolvente. In altra temperie culturale si direbbe delle “forze della reazione in agguato”. In Italia non si può dire perché questa reazione si annida a sinistra più che a destra – i nostalgici peraltro essendosi quasi estinti per ragioni anagrafiche. al solito
Si sono celebrati i terribili anni Settanta. Del terrorismo urbano quotidiano. Dei governi Andreotti. Dell’inflazione al 15-20 per cento. Del cedimento del partito Comunista. Ma gli anni Ottanta non si possono nemmeno menzionare. Dell’Italia quinta – e anche quarta, alla pari con la Gran Bretagna  – potenza economica occidentale. Della riduzione dell’inflazione al 3 per cento. Della maturità dei lavoratori, che si eliminarono in un referendum gli automatismi della scala mobile. Di una presenza di primo piano, e anzi decisiva, nello scacchiere internazionale, dal Medio Oriente (Libia, Libano) agli euromissili. Dell’affascinante, glorioso mondiale di calcio di Spagna, vincendo, addirittura, su Argentina e Brasile. Dei governi di Spadolini e Craxi, horribile dictu, presidente della Repubblica Sandro Pertini – quando Scalfari se la faceva con De Mita, e anche con Carboni. Tutto questo non è storia nell’Italia della Seconda o Terza Repubblica. Che anche per questo forse si vergogna. 

astolfo@antiit.eu

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