giovedì 18 febbraio 2016

Il mondo com'è (250)

astolfo

Bombardamenti – Si fa la storia solo dei bombardamenti aerei anglo-americani, ma la tecnica del bombardamento massiccio, con i cacciabombardieri, fu messa a punto e applicata alla “guerra totale” – così come il concetto stesso e la pratica della guerra totale - dalla Germania: nella guerra di Spagna, a Guernica e altrove,  e poi, a partire dal 1939, in Polonia, sull’Inghilterra, da Londra a Coventry, nelle Fiandre, nel Nord-Est della Francia – Roubaix e altrove. In Francia, allo scoppio della guerra, la popolazione parigina prese per prima misura lo sfollamento in campagna, dando per scontato che la città sarebbe stata bombardata. “Le nostre città sono solo una parte\ di tutte le città che abbiamo raso al suolo”, commenterà Brecht nell’“Abicì della guerra”.
In nota a una delle foto, il primo bombardamento inglese su Berlino, la notte del 10 settembre 1940, Brecht stesso dà però poi la paternità-responsabilità del bombardamento indiscriminato agli anglo-americani - effetto della propaganda postbellica di Berlino Est:
“Dal 1940 all’aprile 1945 sulla sola Germania furono sganciate:
peso del e bombe in tonnellate      = 1 300 000
vittime                                            = 500 000
percentuale delle vittime per tonn. = 0,38”

Corruzione – Ha confini labili. Nel mondo mussulmano, nel quale il furto è un delitto grave, la corruzione di fatto non esiste: fa parte dell’economia del dono. Fu un grave problema per le multinazionali negli anni 1970 – e lo è tuttora per le multinazionali italiane in Italia, presso alcuni giudici  – quando una commissione del Senato Usa intese perseguire il pagamento di mediazioni d’affari. Che nel mondo arabo, e in Iran, Pakistan, India e altrove, grosso modo nei mercati islamici, costituivano pratica corrente e anzi necessitata. Sia dove gli Stati sono patrimoniali, come nella penisola arabica, sia in Iran, Pakistan, Malesia, Indonesia, nella stessa India, etc., paesi istituzionalmente moderni. La corruzione attraverso la mediazione, perseguita quarant’anni fa sulla scia degli Usa, fu la causa prima della caduta dello scià: era pratica corrente dei suoi familiari, specie della sorella Ashraf.
La Malesia ne è esempio recente. Si è chiuso tre settimane fa con un’assoluzione l’inchiesta a carico del primo ministro Najib Razak sul cui conto erano stati trovati 681 milioni di dollari. Il sospetto era che li avesse sottratti a un gruppo pubblico andato fallito, di cui come primo ministro era il presidente. Si è invece dimostrato che erano un dono personale dell’Arabia Saudita, e quindi non imputabile.
In realtà, il fatto non si è dimostrato. Questo lo ha stabilito il Procuratore Generale Mohammed Apandi. Che era stato nominato da Razak. Il quale è figlio di un ex primo ministro. Un dono di 681 milioni sembra troppo. Ma il Procuratore Generale ha assicurato che 620 milioni sono stati restituiti ai reali sauditi, senza specificare il motivo del dono né della restituzione.  E che 61 sono stati spesi, “non per fini personali”. Ma senza dire quali. La Malesia ha anche una Autorità Anti-corruzione. Che ha attestato anch’essa l’origine dei fondi quale donazione saudita. Senza scandalo. La supposizione è che il finanziamento sia andato all’islamizzazione del paese: la Malesia è uno Stato multirazziale e multiconfessionale, che da qualche decennio è entrato nell’orbita islamica. Ma non è detto.

Napoleone – Passa ancora per liberatore, mentre fu sofferto dai contemporanei come conquistatore. Nei capricci di Goya, nelle caricature di Rowlandson, o a Venezia, di cui chiuse la storia millenaria. Senza contare le predazioni, a partire dall’Egitto, una spedizione promossa a questo solo fine, e poi sua pratica costante, in Italia, in Germania nelle Fiandre, in Spagna.

Profughi – Settant’anni fa erano ebrei: la prima emigrazione di massa nel Mediterraneo, di profughi, con mezzi di fortuna e centinaia di morti, fu quella degli ebrei europei verso la Palestina subito dopo la guerra. Erano un nucleo piccolo ma consistente di quei dieci milioni di displaced persons, come verranno chiamati dalla sociologia negli anni 1980, profughi in genere dall’Est, ma anche sopravvissuti ai lager nazisti, che costituirono uno dei punti di crisi in Europa nel 1945-1946. Otto su dieci erano tedeschi, della Prussia, della Slesia e della Galizia occupate dai russi e dai polacchi, e furono in qualche modo sistemati in Germania. Dei restanti due milioni (polacchi, baltici, rumeni etc, in fuga dal sovietismo o ex collaboratori della Germania occupante), 250 mila circa erano ebrei: 70 mila sopravvissuti ai lager, centomila ebrei polacchi che si erano salvati nella guerra in Unione Sovietica, e nel 1946 fuggirono dalla Polonia dopo alcuni sanguinosi pogrom, e 80 mila circa sopravvissuti in Germania e altri paesi occupati da Hitler.
Il Salento  divenne “la porta di Sion”, dove confluirono per l’imbarco verso la Palestina almeno trentamila e forse quarantamila (molti non avevano documenti) ebrei europei. Il governo italiano favoriva gli imbarchi, un po’ per ragioni umanitarie, un po’ per calcolo: “La scelta di assecondare una iniziativa carica di risvolti umanitari, che […] intralciava la strategia inglese nel Mediterraneo, diveniva col tempo uno strumento per riaffermare una parziale autonomia operativa dell’Italia”, ha scritto lo storico diplomatico Mario Toscano (“La porta di Sion: l’Italia e l’immigrazione clandestina ebraica in Palestina, 1945-1948”, 1990). I più passavano dal Brennero - “lo stretto canale di un vasto imbuto”, Primo Levi. Due-tremila al mese passavano il confine di notte, da campi a campi profughi di fortuna di là e di qua del confine, mediamente in gruppi di un centinaio a notte.
Dei 17 campi profughi (DP, displaced persons) organizzati in Italia dall’Unrra, un’agenzia Onu, la metà erano in Puglia, a Palese, Barletta,Trani, Bari, e quattro nel Salento: Santa Maria al Bagno, Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea e Tricase. Santa Cesàrea Terme nel Salento conserva ancora le iscrizioni in nero sulla calce bianca degli edifici dei punti di raccolta e di imbarco dei profughi ebrei di tutta Europa per il Levante.
La lunga didascalia di una foto americana di un giornale Usa che Brecht riutilizza nell’“Abicì della guerra”, mostra una madre col bambino ripescati in mare insieme con altre 180 persone, mentre 200 erano morte annegate, nel naufragio di una carretta del mare, il “Salvatro”, sulle coste rocciose della Turchia. Come oggi. Un’altra carretta, “Patria”, era esplosa con 1.771 persone a brodo. La “Pentcho” si era incagliata su un’isola italiana con 500 imbarcati. La “Pacific”, con 1.062 profughi, e la “Milos” con 710, erano state costrette a proseguire il viaggio senza sbarcare in Palestina – allora amministrata dalla Gran Bretagna. Un’altra nave, con 500 profughi ebrei, “fu rimandata di porto in porto per quattro mesi”.

Rendita – È ferma all’Ottocento, la rendita al 3 per cento, le obbligazioni delle ferrovie o delle poste,  e i titoli russi (oggi cinesi), redditizi e sicuri. Mentre non esiste più. Né di fatto né concettualmente: si investe, anche in obbligazioni, come al casinò. Ognuno lo vede. Ma la forza dell’apparato (pubblicità) resta soverchiante. La rendita viene tenuta bloccata sull’Ottocento, sul secondo Ottocento in realtà, epoca di relativa stabilità finanziaria, quella che culminerà nella Belle Époque, nel balletto Excelsior e nei piani di Pace Perpetua, dagli stessi che fanno professione di destabilizzarla: i banchieri d’affari e tutto il business finanziario, che prospera nei sommovimenti, e i loro referenti nei giornali – l’informazione economica è per nove decimi originata dagli ambienti d’affari.

Spread – È una clava e non una unità di misura. È un differenziale, ma non un misuratore inerte: è un rapporto fra due entità analoghe, dei quali l’una è più o meno favorita dell’altra, ma in rapporto vicendevole. Nel caso del debito pubblico in Europa, in cui i debiti nazionali si valutano in rapporto al debito tedesco, il debito di riferimento, ogni rincaro degli altri debiti nazionali è un alleggerimento del costo del debito tedesco. La Germania ha interesse a tenere gli spread alti? Sì.

Stabilità – “La sinistra di Hollande in frantumi”, titola a tutta pagina – grafica inconsueta – “Le monde”. Senza che la Francia si strappi i capelli. Non perché la sinistra che governa il paese è divisa. Né perché il presidente si distrae con le donne: “Julie Gayet première dame clandestine”, titola  “L’Express”, senza sbracciarsi a chiedere dimissioni. Nemmeno perché il presidente possa essere – Hollande lo è, dopo Sarkozy - un improvvisatore e forse un incapace. Hollande, il presidente, è stato eletto per un termine, e per quel termine governa – non è detto che con elezioni anticipate si abbia un governo migliore.

astolfo@antiit.eu 

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