Senza il
“parlato scritto” vertiginoso dei romanzi, ma col comico che invece di Céline
si dimentica, in forma di farsa, un groviglio di situazioni balorde. Un reperto
poco riuscito, ma indicativo: una rappresentazione del voyeurismo, o scopomania.
Di cui lo stesso scrittore ormai celebre farà professione: il dottore dei
poveri e il polemista rabbioso era un dandy distaccato, che la bellezza amava
gustare a distanza, anche nell’erotismo.
Il 1927 è
l’anno di due farse. Col “Progresso” Céline scrisse anche “La chiesa”, sul carrierismo
alle Nazioni Unite a Ginevra, dove lavorava. Le “massonerie” ginevrine torneranno
nei futuri libelli (peggio ancora in “La
bella del Signore”, non molto tempo fa, di Albert Cohen), la scopomania nei
balletti. Il primo tema evidentemente considerando più solido, il dottor
Destouches non ancora Céline propose “La chiesa” per la pubblicazione a
Gallimard, e per la messa in scena a Dullin e Jouvet, il meglio del teatro anni
1920-1930. La farsa delle Nazioni Unite
non sarà rappresentata, ma sarà pubblicata da Denoël, l’editore del
“Viaggio” nel 1933, a ridosso del successo del romanzo. “Progresso” fu inviato
in dono alla moglie dell’editore, a Cécile Denoël, che ne conservò il manoscritto,
per un’edizione postuma nel 1923.
L’aneddoto
non è infelice, anzi proprio aristofanesco, di serrata logica: se tutti gli
uomini vanno al bordello per guardare, la cosa è impossibile perché non c’è nulla da
vedere. Ma è tirato via – eccetto che nelle parti femminili, la cosa è da
notare: il virtuismo piccolo borghese nelle prime scene, con angeli e dei, e la
volgarità delle ultime, di tenutarie e mezzane. Ma c’è forse di più.
Giuseppe
Guglielmi, che questo Céline volse subito in italiano, lo avvicina al Proust
del “Tempo ritrovato”, che anch’egli esalta – a suo modo, deprecandola – la scopomania
al bordello (maschile). Era l’aria del tempo? O Céline non trovò in Proust l’aneddoto,
il “Tempo ritrovato” pubblicandosi in rivista nel 1926, nel mentre che lui
scriveva le sue farse? Il gusto, sebbene di sesso diverso, è lo stesso, nota il
poeta-traduttore di M. de Charlus-Proust: “Detesto il genere medio, - diceva -,
la commedia borghese è agghindata, a meo occortre o le principesse della
tragedia classica la grossa farsa.
Niente via di mezzo. Phèdre o Les Santimbanques”. C’è differenza? Solo
di questo tipo, conclude Guglielmi: “Il saltimbanco di Céline scoprirà nella sua odissea eretica una Fedra delirante”.
Era anche un’altra storia, un altro periodo storico: il voyeurismo sarà impossibile
per Céline, tenersi a distanza, sarà sempre nel mezzo, e non della bellezza.
Céline, Progresso
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