mercoledì 24 febbraio 2016

Il voyeurismo impossibile di Céline

Senza il “parlato scritto” vertiginoso dei romanzi, ma col comico che invece di Céline si dimentica, in forma di farsa, un groviglio di situazioni balorde. Un reperto poco riuscito, ma indicativo: una rappresentazione del voyeurismo, o scopomania. Di cui lo stesso scrittore ormai celebre farà professione: il dottore dei poveri e il polemista rabbioso era un dandy distaccato, che la bellezza amava gustare a distanza, anche nell’erotismo.
Il 1927 è l’anno di due farse. Col “Progresso” Céline scrisse anche “La chiesa”, sul carrierismo alle Nazioni Unite a Ginevra, dove lavorava. Le “massonerie” ginevrine torneranno nei futuri libelli  (peggio ancora in “La bella del Signore”, non molto tempo fa, di Albert Cohen), la scopomania nei balletti. Il primo tema evidentemente considerando più solido, il dottor Destouches non ancora Céline propose “La chiesa” per la pubblicazione a Gallimard, e per la messa in scena a Dullin e Jouvet, il meglio del teatro anni 1920-1930. La farsa delle Nazioni Unite  non sarà rappresentata, ma sarà pubblicata da Denoël, l’editore del “Viaggio” nel 1933, a ridosso del successo del romanzo. “Progresso” fu inviato in dono alla moglie dell’editore, a Cécile Denoël, che ne conservò il manoscritto, per un’edizione postuma nel 1923.
L’aneddoto non è infelice, anzi proprio aristofanesco, di serrata logica: se tutti gli uomini vanno al bordello per guardare,  la cosa è impossibile perché non c’è nulla da vedere. Ma è tirato via – eccetto che nelle parti femminili, la cosa è da notare: il virtuismo piccolo borghese nelle prime scene, con angeli e dei, e la volgarità delle ultime, di tenutarie e mezzane. Ma c’è forse di più.
Giuseppe Guglielmi, che questo Céline volse subito in italiano, lo avvicina al Proust del “Tempo ritrovato”, che anch’egli esalta – a suo modo, deprecandola – la scopomania al bordello (maschile). Era l’aria del tempo? O Céline non trovò in Proust l’aneddoto, il “Tempo ritrovato” pubblicandosi in rivista nel 1926, nel mentre che lui scriveva le sue farse? Il gusto, sebbene di sesso diverso, è lo stesso, nota il poeta-traduttore di M. de Charlus-Proust: “Detesto il genere medio, - diceva -, la commedia borghese è agghindata, a meo occortre o le principesse della tragedia classica  la grossa farsa. Niente via di mezzo. Phèdre o Les Santimbanques”. C’è differenza? Solo di questo tipo, conclude Guglielmi: “Il saltimbanco di Céline scoprirà nella sua odissea eretica una Fedra delirante”. Era anche un’altra storia, un altro periodo storico: il voyeurismo sarà impossibile per Céline, tenersi a distanza, sarà sempre nel mezzo, e non della bellezza.
Céline, Progresso

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