Best-seller – Dovrebbe essere un prodotto sostituibile o
rimborsabile se avariato - se non è quello della pubblicità. Come ogni altro
prodotto, la scatola del tonno ossidata, o il ripiano Ikea fuori squadro. Come
lo stesso libro se manca una pagina o è rilegato male. Tanto più per essere un
prodotto ch si compra a scatola chiusa, su indicazione della pubblicità.
La
pubblicità ingannevole dovrebbe dare diritto al cambio\rimborso. Anche
maggiorato rispetto al costo, considerato il tempo che ll best-seller, in
genere voluminoso, impegna.
Corrispondenza – L’ultimo film di Tornatore,
“La corrispondenza”, ha una singolare corrispondenza con un romanzo breve di Rodari, “C’era due volte il barone
Lamberto. Ovvero i misteri dell’isola di san Giulio”: il barone paga il
maggiordomo e altre sei persone a cottimo per ripetere il suo nome e
tenerlo-riportarlo in vita, sulla base della profezia di un santone egiziano –
“Colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita. Tornatore non menziona Rodari.
Ma gira buona parte del film al Lago d’Orta, all’isola san Giulio. Forse perché
hanno la stessa luce, invernale,
grigia, dell’ambientazione da lui scelta per la storia, a Edimburgo e contorni
scozzesi. Ma sono anche i luoghi di Rodari, che del lago è il genius loci. Nonché di molte prose di Piero Chiara, che anche lui menziona san Giulio. Inoltre, se il lago è ben vivo,
di memorie e sorprese, è anche moribondo o morto, poiché alcune sue sorgenti
(il lago non ha immissari) si sono esaurìte e altre sono in esaurimento. Il
film di Tornatore è di una vita oltre la morte.
Dante – “Dialettale” e “drammaturgo” lo
vuole Gadda, “Le belle lettere e i contributi espressivi delle tecniche”, in “I
viaggi la morte” (suo nobile antenato?): “Poiché il dialetto non meno di certo
dialogo di Dante, è prima parlato o vissuto che non ponzato o scritto”. Di
scrittura vissuta.
Esicasmo – Ritorna,
magari via l’om zen, il mantra meditativo, nel film “La conversazione” di Tornatore:
è la chiave di accesso all’aldilà: il nome ripetuto undici volte fa
materializzare la persona.
Galileo – Tema
inesauribile di Brecht: i processi alle idee, gli accomodamenti, le abiure. Che
Brecht ripensa variamente, specie nelle note di scena, negli anni in cui era
membro attivo e dirigente del partito Comunista tedesco a Berlino Est. In veste
critica, vogliono i brechtiani, seppure mascherata, subliminale. Ma allora
autocritica: Brecht fu anche un fedele funzionario di partito, che mai si
ribellò, neanche nelle forme della contestazione, e anzi si conformava ai dettami
di governo, correggendo, cancellando, eliminando. rinunciando. Avendo a
interlocutore non un Bellarmino, un discussant,
ma fredde note, burocratiche e inappellabili, del Comitato culturale per
l’editoria del Partito, l’ufficio della censura preventiva.
Napoleone – Una “superba
piccolezza” lo vuole l’antipatizzante Gadda, “La battaglia dei topi e delle
rane”, in “Il tempo e le opere”.
Pasolini
–
La sessualità viveva, per convergenti testimonianze, come evacuazione – per questo
anche quotidiana, necessitata. Per una colpa inconfessabile che è una voglia
sacrificale? Del martirio che è uno stato di beatitudine, e s’intende fecondo, padre
e madre. Già nel “Decamerone” si era esibito come Mishima, con la benda alta
sulla fronte. Come lui avrà inscenato la propria fine, ma allora per esibizionismo
di segno opposto, non illuminato alla Sade ma nel buio polveroso. Per un
trapasso alla natura angelica intellettuale – san
Tommaso, che gli angeli dice intellectuales,
riconosce loro un “motus cognitionis
angelicae”, dei colpi d’ala?
Il
cinema dà felicità, più dell’Ariosto quando si cantava a memoria. Grande
invenzione mitica, che Pasolini ha amato e non ha demolito. La sola, in nessun
caso, mai. Benché il cinema si faccia come paccottiglia, pecionaro, poco critico
(professionale). Nutrito di visi tenuti con lo scotch, drogati, alcolizzati,
sfioriti, e sempre impomatati. Nonché, nelle inevitabili scene d’amore, di
promesse di lussuria in corpi freddi e anzi sterili, perfino avvizziti - il
diritto alla felicità genera infelicità. Per la forza del mito, una sorta di
preghiera orfica, o di scongiuro: si prega Pan, dio della paura, per non
soccombervi – o Marx, dio della materia, per non soffocarne? Per l’estro pittorico,
che anch’esso mai lo ha deluso: colorato classico in “Medea”, “Edipo”, da arte
povera nel “Vangelo”. Sin da “Accattone” che fa morire a Olevano nei paesaggi
rarefatti di Corot. Pittore in privato, elegiaco, intimista - di se stesso.
Pasolini
e le donne sarebbe un capitolo fascinoso – chissà perché trascurato nel revival
che ancora non si spegne per i quarant’anni della morte. La storia della “non
esigua schiera di donne che si innamorarono di lui”, ricorda Naldini in “Come
non ci si difende dai ricordi”. Un tentativo molte volte ricambiato, e più con
donne che non fanno la storia. In una sorta di “schema sacrificale”, opina
Naldini, “dove il camminare a piedi nudi su tizzoni ardenti oppure l’offrire i propri occhi dentro un
piatto non fu mai seguito da catarsi”.
Scrivere – È il
“dipingere di maniera” del marchese Vincenzo Giustiniani, l’uomo d’affari
collezionista di Caravaggio. “Cioè che il pittore, con lunga pratica di disegno
e colori di sua fantasia, senza alcun esemplare, forma in pittura quel che ha
nella fantasia”. Nella graduatoria in dodici posizioni del bravo pittore,
questa occupa per il marchese il terzo posto, medaglia di bronzo. D’argento è
il futuro naturalismo-verismo-realismo, “ma dimostrando un sapiente uso delle
luci e delle proporzioni, come i pittori fiamminghi”. Primo viene il “dipingere
di maniera e con l’esempio davanti al naturale”. Ma al modo del Caravaggio –
anche di Annibale Carracci. Cioè non sappiamo come.
“Scrivere
un libro è come amare qualcuno: può diventare molto doloroso”, è una delle
tante elucubrazioni del bestsellerista Joël Dicker. E leggere no?
Storia - Lo dice pure Sciascia: “La storia, quan-do è davvero quello ch e
deve essere, consiste in un’elaborazione di films”.
Lo storico di Brecht è critico: uno che “si
adopera per correggere tutto ciò che legge e sente”. Pregiudiziato anche, nel
suo caso dalla politica. Ma non sempre – la politica di Brecht ha un che di sovrammesso,
benché l’impegno fosse diuturno, e la sottomissione al potere senza limiti.
letterautore@antiit.eu
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