mercoledì 10 febbraio 2016

Letture - 246

letterautore

Best-seller – Dovrebbe essere un prodotto sostituibile o rimborsabile se avariato - se non è quello della pubblicità. Come ogni altro prodotto, la scatola del tonno ossidata, o il ripiano Ikea fuori squadro. Come lo stesso libro se manca una pagina o è rilegato male. Tanto più per essere un prodotto ch si compra a scatola chiusa, su indicazione della pubblicità.
La pubblicità ingannevole dovrebbe dare diritto al cambio\rimborso. Anche maggiorato rispetto al costo, considerato il tempo che ll best-seller, in genere voluminoso, impegna.

Corrispondenza – L’ultimo film di Tornatore, “La corrispondenza”, ha una singolare corrispondenza con un romanzo breve  di Rodari, “C’era due volte il barone Lamberto. Ovvero i misteri dell’isola di san Giulio”: il barone paga il maggiordomo e altre sei persone a cottimo per ripetere il suo nome e tenerlo-riportarlo in vita, sulla base della profezia di un santone egiziano – “Colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita. Tornatore non menziona Rodari. Ma gira buona parte del film al Lago d’Orta, all’isola san Giulio. Forse perché hanno la stessa luce, invernale, grigia, dell’ambientazione da lui scelta per la storia, a Edimburgo e contorni scozzesi. Ma sono anche i luoghi di Rodari, che del lago è il genius loci. Nonché di molte prose di Piero Chiara, che anche lui menziona san Giulio. Inoltre, se il lago è ben vivo, di memorie e sorprese, è anche moribondo o morto, poiché alcune sue sorgenti (il lago non ha immissari) si sono esaurìte e altre sono in esaurimento. Il film di Tornatore è di una vita oltre la morte.

Dante – “Dialettale” e “drammaturgo” lo vuole Gadda, “Le belle lettere e i contributi espressivi delle tecniche”, in “I viaggi la morte” (suo nobile antenato?): “Poiché il dialetto non meno di certo dialogo di Dante, è prima parlato o vissuto che non ponzato o scritto”. Di scrittura vissuta.

Esicasmo – Ritorna, magari via l’om zen, il mantra meditativo, nel film “La conversazione” di Tornatore: è la chiave di accesso all’aldilà: il nome ripetuto undici volte fa materializzare la persona.

Galileo – Tema inesauribile di Brecht: i processi alle idee, gli accomodamenti, le abiure. Che Brecht ripensa variamente, specie nelle note di scena, negli anni in cui era membro attivo e dirigente del partito Comunista tedesco a Berlino Est. In veste critica, vogliono i brechtiani, seppure mascherata, subliminale. Ma allora autocritica: Brecht fu anche un fedele funzionario di partito, che mai si ribellò, neanche nelle forme della contestazione, e anzi si conformava ai dettami di governo, correggendo, cancellando, eliminando. rinunciando. Avendo a interlocutore non un Bellarmino, un discussant, ma fredde note, burocratiche e inappellabili, del Comitato culturale per l’editoria del Partito, l’ufficio della censura preventiva.   

Napoleone – Una “superba piccolezza” lo vuole l’antipatizzante Gadda, “La battaglia dei topi e delle rane”, in “Il tempo e le opere”.

Pasolini – La sessualità viveva, per convergenti testimonianze, come evacuazione – per questo anche quotidiana, necessitata. Per una colpa inconfessabile che è una voglia sacrificale? Del martirio che è uno stato di beatitudine, e s’intende fecondo, padre e madre. Già nel “Decamerone” si era esibito come Mishima, con la benda alta sulla fronte. Come lui avrà inscenato la propria fine, ma allora per esibizionismo di segno opposto, non illuminato alla Sade ma nel buio polveroso. Per un trapasso alla natura angelica intellettuale – san Tommaso, che gli angeli dice intellectuales, riconosce loro un “motus cognitionis angelicae”, dei colpi d’ala?

Il cinema dà felicità, più dell’Ariosto quando si cantava a memoria. Grande invenzione mitica, che Pasolini ha amato e non ha demolito. La sola, in nessun caso, mai. Benché il cinema si faccia come paccottiglia, pecionaro, poco critico (professionale). Nutrito di visi tenuti con lo scotch, drogati, alcolizzati, sfioriti, e sempre impomatati. Nonché, nelle inevitabili scene d’amore, di promesse di lussuria in corpi freddi e anzi sterili, perfino avvizziti - il diritto alla felicità genera infelicità. Per la forza del mito, una sorta di preghiera orfica, o di scongiuro: si prega Pan, dio della paura, per non soccombervi – o Marx, dio della materia, per non soffocarne? Per l’estro pittorico, che anch’esso mai lo ha deluso: colorato classico in “Medea”, “Edipo”, da arte povera nel “Vangelo”. Sin da “Accattone” che fa morire a Olevano nei paesaggi rarefatti di Corot. Pittore in privato, elegiaco, intimista - di se stesso.

Pasolini e le donne sarebbe un capitolo fascinoso – chissà perché trascurato nel revival che ancora non si spegne per i quarant’anni della morte. La storia della “non esigua schiera di donne che si innamorarono di lui”, ricorda Naldini in “Come non ci si difende dai ricordi”. Un tentativo molte volte ricambiato, e più con donne che non fanno la storia. In una sorta di “schema sacrificale”, opina Naldini, “dove il camminare a piedi nudi su tizzoni ardenti  oppure l’offrire i propri occhi dentro un piatto non fu mai seguito da catarsi”.

Scrivere – È il “dipingere di maniera” del marchese Vincenzo Giustiniani, l’uomo d’affari collezionista di Caravaggio. “Cioè che il pittore, con lunga pratica di disegno e colori di sua fantasia, senza alcun esemplare, forma in pittura quel che ha nella fantasia”. Nella graduatoria in dodici posizioni del bravo pittore, questa occupa per il marchese il terzo posto, medaglia di bronzo. D’argento è il futuro naturalismo-verismo-realismo, “ma dimostrando un sapiente uso delle luci e delle proporzioni, come i pittori fiamminghi”. Primo viene il “dipingere di maniera e con l’esempio davanti al naturale”. Ma al modo del Caravaggio – anche di Annibale Carracci. Cioè non sappiamo come.

“Scrivere un libro è come amare qualcuno: può diventare molto doloroso”, è una delle tante elucubrazioni del bestsellerista Joël Dicker. E leggere no?

Storia - Lo dice pure Sciascia: “La storia, quan-do è davvero quello ch e deve essere, consiste in un’elaborazione di films”.

Lo storico di Brecht è critico: uno che “si adopera per correggere tutto ciò che legge e sente”. Pregiudiziato anche, nel suo caso dalla politica. Ma non sempre – la politica di Brecht ha un che di sovrammesso, benché l’impegno fosse diuturno, e la sottomissione al potere senza limiti.

letterautore@antiit.eu

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