“Se fa piacere che il 64,4
per cento delle famiglie italiane”, due su tre, “abbia in casa fino a 100
libri, e il 7,4 per cento più di 400, non ci si può rallegrare che il 9,1 per
cento”, lamenta Giuliano Vigini su “La lettura”, “dichiari di non avere in casa
nemmeno un libro”. Nemmeno uno sembra impossibile, c’è dappertutto un libro di
preghiere, o un Barbanera. La percentuale dice Vigini sconfortato, “corrisponde
a 2.303.000 famiglie”.
I milioni fanno sempre
impressione. Ma la verità è che l’Italia, contrariamente a quello che si dice,
legge. Secondo le stime Istat, nel 2015 almeno il 42 per cento degli italiani
dai sei anni in su ha letto un libro. Va peggio al Sud, dove meno di una
persona su tre ha letto un libro, il 28,8 per cento. Ma, sempre secondo l’Istat, c’è un’elevata percentuale di
“lettori forti”, che leggono in media almeno un libro al mese, circa il 14 per
cento del totale: otto milioni e mezzo di persone, non male..
Inoltre, malgrado la grave e perdurante crisi economica, che
imperversa ormai da nove anni, il libro si continua a comprarlo. Si pubblicano
circa 62 mila titoli nuovi l’anno, per una vendita di circa 100 milioni di copie.
Una media di 1.800 copie a titolo non è disprezzabile. In Germania un titolo tira mediamente poco di più, pur essendo il mercato di lingua teedsca doppo rispeto a quello italiano, estedendosi a Svizzera e Austria. La Francia, forse il paese
con più mercato di lettura, ne stampa sui 70 mila l’anno, con una tiratura media
molto più elevata, circa 6 mila copie a titolo. Ma ha una platea di lettori nel
mondo tre-quattro volte più grande di quella italiana, dal Canada ai Caraibi, il
Nord Africa e il Medio Oriente, i mari del Sud, da Tahiti alla Nuova Caledonia,
con Belgio e Svizzera compresi.
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