Ogni settimana mille miliardi
di capitalizzazione in fumo da dopo Natale sui mercati mondiali: settemila
miliardi. È come se le Borse di tutto il mondo tirassero i remi in barca in
attesa del peggio.
Le banche minimizzano:
Deutsche Bank, Goldman Sachs, Ubs, JPMorgan. Ma molte delle stesse grandi banche
se la passano male: Il quadro che ne fa oggi sul “Sole” Fabio Pavesi è solo
spaventoso. La Deutsche ha chiuso il 2015 con la perdita record di 6,8 miliardi
– e non ha finito: altre cause minacciano altre perdite. Oberata per di più da
titoli illiquidi per 31 miliardi, la metà del suo capitale. La Royal Bank of
Scotland, il maggior istituto britannico, ha accumulato in sette anni perdite
per 155 miliardi, tutte pagate dallo Stato, e solo ora accenna a rientrare in bonis. Quando un nuovo ciclone minaccia
la solidità di tutto il credito,
Sono anche altre le cause
della tempesta finanziaria. Il calo delle materie prima, gli idrocarburi per primi,
che ha messo fuori gioco metà dell’industria petrolifera americana, con perdite
sui 200 miliardi di dollari nel solo 2015. Il rallentamento cinese. La recessione delle
nuove economie, Russia e Brasile più di tutte. Ma il rischio di un nuoco crac è
soprattutto connesso alle banche. Di cui non è paradossalmente
considerato segno di buona salute il record di utili negli Usa, sui cento miliardi di dollari nel 2015 per le sei maggiori banche, quasi
il doppio di quanto guadagnavano alla vigilia del craci del 2007: è considerato
eccessivo, segno di malessere del sistema.
Deutsche Bank, JPMorgan e Goldman Sachs
minimizzano la minaccia considerando unicamente il fattore Cina: anche la Cina
dimezzasse la crescita rispetto al rallentamento già in corso, la riducesse al
3-4 per cento annuo, l’effetto sul resto del mondo sarebbe dell’ordine dello
zero virgola qualcosa. Ma c’è una bolla bancaria in agguato.
Quello dei titoli illiquidi è
un capitolo ben più minaccioso dei crediti incagliati delle banche italiane,
che sono un problema unicamente per i ritardi e l’incapacità del governo, all’interno
e nel rapporto con Bruxelles – le Landeesbanken tedesche, che si assomigliano
alle nostre locali, hanno accumulato in sette anni 14 miliardi di perdite:
avrebbero dovuto essere fallite da tempo. I titoli illiquidi sono un bubbone
ben più consistente e rischioso. Sono titoli spazzatura, derivati, asset tossici di varia natura creati
dalle stesse banche in attività puramente speculative che ora vengono al
pettine. Anche per una serie di procedure giudiziarie che vedono le banche regolarmente
soccombenti.
I titoli illiquidi sono per
Barclays l’81 per cento del suo patrimonio, 61 miliardi di sterline. Per Bpn
Paribas il 39 per cento. Per Commerzbank, la seconda più grande banca tedesca, periclitante
da sette anni senza soluzione di continuità malgrado la relativa nazionalizzazione
da parte dei governi Merkel, il 24 per cento. Per il Credit Suisse ben il 79 per cento.
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