Sugli immobili comunali di Roma riproduciamo il testo anti.it
di cinque anni fa,
lettissimo all’epoca, ma si vede non abbastanza:
Lo scandalo degli affitti era tipicamente
di destra, e implicava gente di sinistra. Ora che al Campidoglio c’è un sindaco
di destra, lo scandalo implica gente di destra. È inevitabile: il Comune di
Roma è ricchissimo, o potrebbe esserlo, possedendo alcune diecine di migliaia
di immobili, in grande parte pregiati, che però non sa o non vuole mettere a
frutto. Ma sempre se ne fa uno scandaletto più che uno scandalo, perché poi gli
affitti di favore sono legali, se non regolari, e dopo qualche settimana si mette
tutto a tacere.
A proposito dell’ultimo, che questo sito
ricordava un mese fa,
è utile rileggere quanto se ne poteva
scrivere quasi vent’anni fa, a metà ottobre 1993. Si capisce tutto, anche
perché Roma non si può amministrare decentemente:
“Un patrimonio immobiliare di almeno 15
mila miliardi, che potrebbe dare un reddito annuo di 600-700 miliardi, invece
dei 20 attuali, e mettere le ali al sindaco della capitale che verrà eletto il
21 novembre, è destinato a restare sotterrato, come ogni tesoro che si
rispetti. Il Comune di Roma, che con l’ultima giunta eletta, sindaco il
socialista Franco Carraro, aveva affidato due anni fa la rilevazione degli
immobili al consorzio privato Census, ha sospeso l’appalto. «L’amministrazione
comunale possiede le potenzialità per effettuare tale operazione con i propri
mezzi, senza pesare sul bilancio comunale», ha scritto venerdì 8 (ottobre 1993)
il subcommissario Angelo Canale.
“Census contesterà in tribunale la
decisione della giunta commissariale. Ma a questo punto anche il consorzio,
composto da Fiat-Fisia (21,5 per cento), Federici (14), Conaco-Lega delle
cooperative (10), Fincasa di Renato Bocchi (7,5), Aged (6,) e numerosi altri
con quote minori, tra cui Agip, Jacorossi, Ised, ritiene improbabile la ripresa
del lavoro interrotto, circa un terzo del programma completo. Non è questa
infatti la prima grana nella quale il censimento ha inciampato. Dapprima la
contestazione dei concorrenti all’appalto, assegnato per 91,6 miliardi a
trattativa privata: i consorzi Italgenco-Unisys e Sogei-Svei-Ras. Il primo
sosteneva di poter fare il lavoro per 70 miliardi, il secondo per 45. Mentre il
Sipac, il sistema di controllo del patrimonio nell’ambito del Ceu, il catasto
elettronico unificato del Comune, affermava di potercela fare esattamente con
38 miliardi e 834 milioni. Poi la magistratura è intervenuta. Il sostituto
procuratore Gloria Attanasio, finiana, ha chiesto un anno fa il rinvio a
giudizio di Carraro, di nove assessori e del presidente di Census, Luciano
Caruso, per abuso d’ufficio, affermando senza mezzi termini che l’appalto era
«espressione del regime moribondo». Ma il Gip Antonio Trivellini le ha dato
torto. Le argomentazioni del sostituto Attanasio ricalcavano peraltro quelle
delle opposizioni di sinistra, che contro l’appalto a Census hanno dato
battaglia senza mezzi termini.
“Che cosa resterà del censimento troncato?
Non abbastanza per consentire al Sipac di aggiornare la gestione sui valori di
mercato. Ma ce n’è più che abbastanza per capire forse perché il tesoro
immobiliare è destinato, in una città come Roma, a restare sotterrato.
Anzitutto l’entità del patrimonio stesso.
Il Sipac calcola 31 mila unità immobiliari, di cui 27 mila destinate ad
alloggio. Census ne ha scoperti 10 mila in più, e ritiene che questa cifra
possa raddoppiare. Si tratta di immobili che non sono stati «presi in carico».
I comuni, spiega il direttore di Census, Piero Rossetti, «entrano nella
proprietà di aree e fabbricati attraverso modalità molto varie, dal lascito
della vecchina sola, allo scioglimento di enti di varia natura, all’esproprio
per abusivismo». In molti casi gli immobili rimangono semplicemente sconosciuti
al Comune proprietario.
“C’è poi, e questo non lo contesta
nessuno, una gestione sicuramente inadeguata del patrimonio. Il Comune ricava
ogni anno 20 miliardi di lire di affitti, pari a una media di 646 mila lire a
unità immobiliare. Una cifra ridicola, considerato che il patrimonio del Comune
è ricco sopratutto nel centro storico. In compenso, spende ogni anno 35
miliardi per l'«assistenza alloggiativa», a profughi, immigrati, bisognosi, e
45 miliardi di locazioni passive.
“Caruso calcola che, pur destinando a
reddito solo la metà del patrimonio, per conservare all’altra metà un uso
sociale, il Comune di Roma intascherebbe sui 300 miliardi, «che darebbero al
bilancio un forte attivo e consentirebbero di costruire 3 mila abitazioni
popolari l’anno». Né sono da trascurare gli effetti contabili: «Il Comune potrebbe
mettere a bilancio un patrimonio di 15 mila miliardi, invece dei 4.750
attuali».
“Un terzo aspetto riguarda le «tipologie
fraudolente», che, assicura Rossetti, sono «una miriade»: affitti a persone
inesistenti, con conseguente impossibilità di effettuare qualsiasi notifica,
subaffitti storici, mancata rivalutazione del canone con gli indici Istat,
mancato pagamento delle spese accessorie, sopratutto per l'elettricità e
l’acqua, per mancata suddivisione dei millesimi, o per contestazione delle
quote millesimali, eccetera. Ma, sopratutto, Census si è imbattuta in
situazioni di favore che toccano interessi potenti.
“Il Coni non paga dal 1982 il canone di
concessione per l’area demaniale dell’Acqua Acetosa, limitandosi a contestarne
il livello. Lo stesso sistema hanno trovato dal 1986, per non pagare, le
compagnie petrolifere che occupano il suolo pubblico con le pompe di benzina.
Tra gli abusivi e i morosi Caruso denuncia anche gruppi della sinistra che
hanno osteggiato il censimento: «I casi di maggiore responsabilità sono stati
creati dalle giunte che si sono succedute dal 1975 all'85», cioè dai sindaci
comunisti. Un autoparco comprato dal Comune nel 1976 per 35 miliardi, da
adibire a rimessa per tutti i propri mezzi, risulta occupato dalla Cooperativa
Primo Maggio, che fa capo a un consigliere circoscrizionale dei Verdi, Dante
Pomponi, e gestisce, senza licenza, un’autorimessa da 300 posti e un’officina,
mentre i mezzi del Comune restano sparsi per 6 o 7 altri autoparchi. A Tor de’
Cenci una tenuta agricola da 600 ettari è occupata per un terzo abusivamente
dal 1978 dalla cooperativa di estrema sinistra Agricoltura Nuova.
“Infinita la casistica degli affitti
irrisori a vantaggio di singoli privati. Negozi a Via Condotti, a piazza di
Trevi, a piazza Navona, dove gli affitti vanno dal milione a metro quadro in
su, che pagano sui due milioni l’anno. Appena quattro volte di più paga il
ristorante Panzironi, che occupa un lungo pezzo di Piazza Navona. Mentre il
ristorante per turisti Ciceruacchio, che fa centinaia di coperti al giorno,
risulta accatastato, perlomeno fino a qualche mese fa, come scantinato”.
Della dottoressa Attanasio non si è più
saputo nulla. Il commissario Canale è invece entrato poi in politica col
Pds-Ds, e si è candidato a Roma.
Nessun commento:
Posta un commento