Anima – È animale, giusto l’etimo, nel senso che è
materiale. Ma non una cosa, è un modo di essere. Non una cosa nemmeno nel senso
che intende Nagel, “Mente e corpo”, una proprietà fisica irriducibile alla
fisica, al campo d’indagine e alle leggi della fisica. È un corpo cosciente,
anche nell’incoscienza. Di una coscienza più perfezionata, o di un corpo più perfezionato,
in grado di capire molto di più e funzionare molto meglio di qualsiasi altro
organismo animale, cioè anch’esso dotato di corpo.
È il
segno distintivo dell’umanità: la capacità di porsi problemi, e in qualche caso
di risolverli. È la conclusione dei molti, da Platone e Aristotele a Pascal e
Kant, non escluso Spinoza. Certo, è l’anello mancante dell’evoluzione – se l’uomo
è ancora scimpanzé ma non del tutto, al 98 virgola qualcosa per cento.
Connessione – È una forma di adescamento. L’inglese hooked per “connesso”, branché, rende meglio l’idea, che l’aggancio
estende al mestiere più antico del mondo (hooker).
Siamo connessi in quanto appesi, adescati. Verdone ne ha fatto la satira vent’anni
fa in “Viaggi di nozze”, ma la realtà supera la satira: non si vedono più volti
in treno, in tram, nelle file in attesa, al caffè e perfino in piazza ma capigliature
curve sullo smartphone, in attesa di un messaggio qualsiasi, o intenti a
digitare, postare, approvare, disapprovare, rilanciare, twittare, guardare e ascoltare
yyoutube, giocare (investire, scommettere, votare perfino). Non farlo è
isolarsi, per eccentricità, o decrepitudine. O non il contrario è più vero?
Le ipotesi
di McLuhan si potrebbero a questo unto chiamare leggi ferree: il messaggio è il
mezzo. Non sono dieci anni che l’iphone è arrivato sul mercato, e ha occupato l’umanità.
Negli Usa si calcola una media di cinque ore e mezza al giorno spesa individualmente
sui media digitali, la metà su quellli mobili. Con punte anche del doppio, per
esempio nei college, comunque nella fascia d’età 18-24 anni. Uno studio inglese vuole che controlliamo il cellulare
221 volte al giorno, esattamente ogni 4,3 minuti in media – e il calcolo vuole approssimato
per difetto, poiché due persone su tre
pretendono di consultare il cellulare meno frequentemente di “altri”. Il mezzo è
versatile, lo smartphone vanta la penetrazione commerciale più rapida di tutta
la storia della tecnologia, in molti paesi europei, Italia compresa, e negli
Usa essendo già arrivata in pochi anni al 50 per cento e più del mercato. Ma
questo miracolo non moltiplica la socievolezza, moltiplica l’isolamento, nelle forme della caduta della empatia, e del narcisismo..
Una
ricerca americana dà due intervistati su tre “più liberi” con lo smartphone, e
uno su tre “al guinzaglio”. Ma la percezione della libertà è di questo tipo,
specie tra i ventenni: “evitare gli altri attorno a te”. Il mezzo che avviluppa
tende piuttosto a isolare. Anche nella costruzione dei profili e delle reti facebook,
all’apparenza un germoglio di socialità: la rappresentazione di se stessi viene
distorta, specie nell’età della formazione, proprio per dover essere pubblica -
accettabile, amata, ammirata. E in definitiva la connessione serve a cancellare
ogni riserva di ansia, cioè di riflessione.
Tutte le
relazioni sociali si trovano “in attesa”, e alla lunga disconnesse, dall’invadenza
della connessione: la convivialità, l’amicizia, il lavoro, anche l’amore. Che
scivola man mano nella prospettiva voyeuristica e onanistica della pornografia. Facebook è lo sviluppo di un programma messo su da Zuckerberg nel college per codificare gli appetiti sessuali dei suoi compagni di dormitorio, flirt, relazioni, “conquiste”. I blind dates in rete non hanno altro
substrato che la curiosità sessuale, animale, surrogati di un rapporto personale.
La disattenzione è il dato comune.
Le rilevazioni fra gli studenti universitari americani mostrano un crollo sensibile – un dimezzamento – degli indici di empatia, all’interno del college e all’esterno. Sul presupposto che la rete è un punto di contatto migliore, perché “si può uscirne all’istante”, senza danni.
Le rilevazioni fra gli studenti universitari americani mostrano un crollo sensibile – un dimezzamento – degli indici di empatia, all’interno del college e all’esterno. Sul presupposto che la rete è un punto di contatto migliore, perché “si può uscirne all’istante”, senza danni.
Corpo – Usa contrapporlo all’anima, nel riduzionismo
non solo ma anche nella sua vecchia antitesi, la teologia e la morale
cristiane. Non così lo intendeva Nietzsche, che si prende per pietra fondativa
del riduzionismo, la nuova versione del materialismo – “Corpo io sono in tutto
e per tutto, e null’altro”. Il corpo è “corpo”, un organismo che si ascolta e
si emenda, in quanto è animato. Il corpo del maiale non ha questa caratteristica.
Perversione – È un concetto
più che un fatto (legale, penale), e regressivo. Non regressivo, altalenante:
come il comune senso del pudore, che può essere molto restrittivo in epoche di
grande permissivismo, e anzi di liberalizzazione totale dei costumi. Il multigender,
che si supporrebbe la liberalizzazione della licenza, si vuole invece
regolatissimo, protetto dalle leggi. Così come in genere l’erotismo, che si vuole
regolato e restrittivo, anzi proibizionista, sancendo la prostituzione e
l’adulterio, anche in epoca di copia aperta e di liberazione sessuale. E
l’amore degli adolescenti sancendo come abuso mentre impazza la cultura-commercializzazione
del teen-ager - lo scivoloso terreno della pedofilia.
L’ultimo
best-seller francese – il penultimo, l’ultimo è “Sottomissione”, l’islam al
governo – è costruito sul lolitismo, “La verità sull’affare Harry Quebert”. Sulla
condanna di ogni sessualità nei
teen-ager, compreso il piccolo esibizionismo della nudità - molte centinaia di
pagine si sviluppano sul fatto accertato che una quindicenne ha posato nuda per
un pittore. Mentre a Roma è in corso una retrospettiva di Balthus, il pittore
che si potrebbe dire delle ninfette, eppure al suo tempo molto rispettato e
anzi perbene, direttore dell’Accademia Francese a Roma.
zeulig@antiit.eu
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