Auto -Tutto è auto- nell’epoca del selfie: l’autoreferenzialità fa aggio su
ogni esperienza. Biografica, politica, artistica: l’età è dell’“io e il mio
io”. Sia pure di modesta e modestissima qualità-entità.
Tutto è self-centered, eccetto l’autocritica.
Mai una diminuzione, un ritrarsi, anche in forma di professione di umiltà, per condiscendenza o opportunismo. Una volta
ci si raccomandava diminuendosi, oggi al contrario gonfiandosi.
Censura – Si giustifica ma non ha ragione –
razionalità. Non quella del potere che è intesa rafforzare. Scorrendo l’Indice
ecclesiastico dei libri proibiti vi si trova Dante, “De Monarchia”, e alcuni
sonetti di Petrarca. Un po’ di Erasmo, che tanto penò per difendere la chiesa, e
perfino la “Critica della ragiona pura “ di Kant, di cui nessuno si può dire
migliore cristiano. Fu condannato perfino, dopo un secolo, un papa, Pio II, il
suo “Commento” al concilio di Basilea. Di Galileo invece, sospetto e quasi
eretico, solo il “Dialogo”, e solo per un secolo o due. Si condannava ancora
negli anni 1930, Croce e Gentile, qua do la chiesa era già in ritirata. E anzi
ancora nel 1952, Moravia.
Si spiega
su questo o quel presupposto ma è solo un atto d’imperio, finché dura il
potere. Di un potere negativo, cioè
puramente coercitivo. La chiesa non ebbe bisogno dell’Indice quando dominava le
coscienze, lo adottò quando diffuse l’incredulità.
Dio - È legato agli eventi. Anche quello biblico,
che ha il pedigree più lungo, Come concezione generale e anche in teologia: le
proprietà che se ne analizzano sono diverse da epoca a epoca.
È
un “grande operaio senza testa, senza mani, e senza utensili”, che “ha fatto il
mondo”, per l’haitiano di Diderot nel “Supplemento al viaggio di Bougainville”.
Etnico – Alcune cose lo sono indefettibilmente, per
natura: la lingua, parlata e scritta, della letteratura compresa, la cucina,
gli umori e gli amori, cioè la sensibilità, e quindi la mentalità, la socialità.
Legate a flussi storici – non c’è la tribù nel sangue – ma non per questo meno
durature. Anche nelle fasi accelerate (mutevoli) della stria. Quello che avviene
in questi anni in Europa è perfino eccessivamente etnico, quasi caricaturale: i
tedeschi fanno i “tedeschi”, gli italiani gli “italiani”, i francesi i
“francesi”, ognuno ritorna al suo vieto guscio.
La cosa non ha buna stampa. Non senza
motivo, essendo tao il tribalismo a lungo, almeno un secolo e mezzo e tuttora,
sotto forma di caratteri nazionali e nazionalismo una bestia molto violenta. Una
delle differenze tra latini e germanici è, secondo Jünger, che i primi fingono
sentimenti che non sentono. I tedeschi invece non lo fanno? È così che il
tentativo degli ebrei di passare per tedeschi fu preso per una manovra subdola
di distruzione, da nemico interno. C’è
sempre un complotto della storia nelle identità nazionali, di cui nel
Cinquecento, e ancora nel Seicento, si facevano filastrocche per ridere, ma poi
piacquero agli Enciclopedisti. Sempre per via della razionalità, che fu quindi
sistemata nel patriottismo, gigantesco Ersatz
universale: dell’etica, che è sempre personale, dei desideri, l’amore,
l’intelligenza, perfino del sesso e del cibo, quello buono.
Ne
nacque il problema dei confini. E dei caratteri nazionali, per cui oggi un
napoletano sarebbe più vicino a un milanese di quanto un milanese sia a un
mercante di Amsterdam. E si pone il problema della cattedrale gotica, che
simbolizza la storia tedesca, ma è stata disegnata e sperimentata in Francia da
architetti francesi - si dice “alla francese” per dire gotico. Né c’è uno
“spirito del tempo” gotico: allora si era materialisti. È che i primati
mutilano la storia. E finiscono in Siria: Damasco e ora Aleppo, che per non
dispiacere alla capitale si porta come primo mercato della storia. Per cui si
torna sempre a Grillparzer: “Dall’umanità alla bestialità attraverso la
nazionalità”. Ma il fatto c’è: esiste, resiste.
Fanatismo
– È
inemendabile perché immateriale. Insensibile non solo alla ragione ma alla
convenienze. Nonché alla critica e al ridicolo, come suggeriva lord
Shadìftesbury. E perfino all’istinto basico della sopravvivenza. Mentre si sottrae alla
guerra, alla caccia. Anche nella sua forma più criminale o distruttiva, per
l’immaterialità. Contro la quale non c’è arma, per quanto giusta e buona.
È l’“entusiasmo” che Locke critica in “Philosophy as the Love of Truth versus Enthusiasm”. Di cui
molto si è discusso anche in teologia. E il suo
allievo Shaftesblury, nella “Lettera sull’entusiasmo”, contro le superstizioni
indotte dal fanatismo.
Galileo – Non fu teologo. E questo lo condannò e lo
salvò: lo condanno a una condanna lieve. Fu tante cose, per esempio scrittore
ottimo, ma non esperto delle cose divine, benché – abbastanza – conoscitore
delle Scritture. Tenne per ferma la divisione tra fede e scienza, anche di fronte
al suggerimento del “concordismo”, della, anche se tiepida, professione di un legame
inalterabile. E questo ne fece Galileo, più che l’uso del cannocchiale.
Fu
condannato – lui come tanti altri - in base all’Antico Testamento. Il che oggi,
con la nazionalizzazione delle fedi malgrado le professioni di ecumenismo, ne
fa una doppia vittima, della chiesa e dell’impossessamento della Bibbia da
parte della Chiesa. Non improprio, dacché l’autonomia dal Vecchio Testamento è
condannata come eresia, quella di Marcione. Ma non si sa mai.
Guerra giusta – È quella ingiusta per definizione:
una guerra cioè che cerca non la contrapposizione a un nemico ma il suo
annientamento, attraverso la guerra totale (la guerra aerea che dal Vietnam in
poi è la sola strategia militare) e la resa incondizionata. L’ideologia della
guerra giusta è all’origine anche storica della guerra totale, di annientamento.
Teorizzata da Hitler e dai suoi Stati maggiori, applicata costantemente dagli
Stati Uniti nel dopoguerra.
È un
dato evidente, che Bobbio bizzarramente non considera (“La guerra nella società
contemporanea”). Benché fosse già in evidenza nel saggio “Il concetto discriminatorio
di guerra” che C. Schmitt pubblicò nel 1938 – e indirettamente canonizzava con
la “teoria dei valori”, ogni valorizzazione implicando svalutazioni plurime,
fino all’annientamento: non c’è più un nemico che può avere anche ragione, in
parte, un “iustus hostis”, ma uno da
eliminare, nemico dell’umanità, un criminale, etc..
Onu – Non è “Astraea” , l’impero unito universale,
e non è un’assemblea democratica dell’umanità: è un tribunale. Con giudici a
vita e altri interimari. Con poteri di coercizione – finora limitati, che però
si vorrebbero più incisivi.
Mondo
–
Era in latino la porta dell’inferno. Anzi, nemmeno: un passaggio circolare
attraverso cui le anime dei Manes, i defunti, passavano tre volte l’anno per
invadere i viventi. Anche pulito, ripulito, emendato.
Nichilismo – È antinomico: pensare il niente è negarlo.
Resistenza
–
È l’opposto del sacrificio. È nozione e attitudine storicizzata, esistenziale.
Non c’è la resistenza nell’epica romantica - a partire dal Tasso, via i primi
romanzi, “femminili”, gli esercizi delle “preziose”, benché cerebrali, le
“Lettere portoghesi”, Madame de la Fayette: c’è il sacrificio.
Santità – È sindrome diffusa, un bisogno, quasi un virus,
popolare. Di Umberto Eco come di ogni defunto: un personaggio non fa in tempo a
morire, sia pure David Bowie, che se ne vagliano i minuti atti, con intenti
celebratori, e se ne rincorrono i miracoli. C’è più bisogno di santi in epoca
di irreligione?
È lo stesso bisogno oggi ricorrente di ancorare la politica alla teologia, seppure a una teologia politica. È l’eterno ritorno della metafisica: il mondo profano è più bisognoso di sedimenti di eternità..
È lo stesso bisogno oggi ricorrente di ancorare la politica alla teologia, seppure a una teologia politica. È l’eterno ritorno della metafisica: il mondo profano è più bisognoso di sedimenti di eternità..
Storia – È casuale più
che consequenziale (coerente), e sicuramente non predeterminata – la storia
delle “cause” è delle “origini” è sempre ambigua. Cromwell voleva emigrare in
America nel 1634, e il re glielo impedì. La storia sarebbe stata allora
lineare: la Repubblica
puritana sarebbe nata più propriamente in America, con le forche e i complotti,
invece che con il liberalismo mite di Hamilton e Jefferson, facendo tabula
rasa.
zeulig@antiit.eu
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