Il fatto è che “il pil dell’eurozona non ha ancora, 2015,
recuperato i livelli del 2007”. In un quadro espansivo
dell’economia globale. E il motive è altrettanto incontestabile: “il crollo
improvviso” dell’economia dell’eurozona tra il 2011 e il 2013 “fu innescato dal
tentativo di ridurre i deficit troppo
rapidamente”. In particolare “con aumenti di tasse tropo radicali”. Thomas Piketty, affronta la debolezza dell’eurozona in un’analisi
sulla “New York Review of Books” in uscita che invoca “Un New Deal per l’Europa”.
L’autore del nuovo “Capitale” (“Il capitale nel XXI secolo”)
parte dalla constatazione che il Front National, nazionalista,
euroscettico, è il secondo partito in Francia e in molti distretti il primo. Non
è un fatto isolato, ed è l’inizio della disgregazione. Cui può rimediare solo
“una rifondazione sociale e democratica dell’eurozona, intesa a incoraggiare la
crescita e il lavoro”.
Piketty parte dall’ovvio: “Abbiamo una moneta unica, con
diciannove diversi debiti pubblici, diciannove
tassi d’interesse sui quali i mercati finanziari sono completamente liberi di
speculare, diciannove diversi sistemi fiscali in incontrollata concorrenza
l’uno con l’altro, senza una rete sociale comune, né standard educativi
condivisi. Questo non può funzionare, e non funzionerà mai”.
Hollande,
il presidente socialista francese, aveva annunciato nel 2013 la proposta di un
Parlamento ristretto all’eurozona e dotato di poteri. Perché non portare avanti
il progetto, chiede Piketty? In mancanza di un rilancio, il peggio ancora non
si è visto - “altrimenti l’agenda sarà monopolizzata dai paesi che hanno optato
per un isolazionismo nazionale – la Gran Bretagna e la Polonia tra essi”. Una
“conferenza dell’eurozona sul debito” è comunque necessaria subito, “come quelle
che si tennero nel dopoguerra, a beneficio in particolare della Germania”.
Piketty,
novello Keynes, ha anche una proposta specifica sul consolidamento del debito:
su come e di quanto il debito andrebbe ridotto. Cominciando dallo scremare il
debito della parte accesa per sanare la crisi: “In una prima fase, potremmo
porre tutti i debiti pubblici eccedenti il 60 per cento del pil in un fondo
comune, con una moratorio sul ripaga mento fino a che ogni paese non avrà
riagganciato una traiettoria di crescita robusta in confronto al 2007”. Impossibile? “Tutta
l’esperienza storica va in questa direzione: sopra una certa soglia, non ha
senso ripagare il debito per decadi, anche dal punto di vista dei creditori”.
Una democrazia basata su un Parlamento dell’eurozona composta da membri tratti
dai parlamenti nazionali, in proporzione alla popolazione”. La proposta si
articola poi in pratica in vari interventi, specie fiscali. Wishful thinking? “Se la Francia, l’Italia
e la Spagna (circa il 50 per ceto della popolazione e del reddito, contro il
poco più del 25 per cento della Germania) proponessero uno specifico progetto e
un nuovo ed effettivo Parlamento, un compromesso si dovrà trovare”.
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