giovedì 4 febbraio 2016

Una conferenza europea sul debito

Il fatto è che “il pil dell’eurozona non ha ancora, 2015, recuperato i livelli del 2007”. In un quadro espansivo dell’economia globale. E il motive è altrettanto incontestabile: “il crollo improvviso” dell’economia dell’eurozona tra il 2011 e il 2013  “fu innescato dal tentativo di ridurre  i deficit troppo rapidamente”. In particolare “con aumenti di tasse tropo radicali”. Thomas Piketty, affronta la debolezza dell’eurozona in un’analisi sulla “New York Review of Books” in uscita che invoca “Un New Deal per l’Europa”.
L’autore del nuovo “Capitale” (“Il capitale nel XXI secolo”) parte dalla constatazione che il Front National, nazionalista, euroscettico, è il secondo partito in Francia e in molti distretti il primo. Non è un fatto isolato, ed è l’inizio della disgregazione. Cui può rimediare solo “una rifondazione sociale e democratica dell’eurozona, intesa a incoraggiare la crescita e il lavoro”.
Piketty parte dall’ovvio: “Abbiamo una moneta unica, con diciannove diversi debiti pubblici,  diciannove tassi d’interesse sui quali i mercati finanziari sono completamente liberi di speculare, diciannove diversi sistemi fiscali in incontrollata concorrenza l’uno con l’altro, senza una rete sociale comune, né standard educativi condivisi. Questo non può funzionare, e non funzionerà mai”.
Hollande, il presidente socialista francese, aveva annunciato nel 2013 la proposta di un Parlamento ristretto all’eurozona e dotato di poteri. Perché non portare avanti il progetto, chiede Piketty? In mancanza di un rilancio, il peggio ancora non si è visto - “altrimenti l’agenda sarà monopolizzata dai paesi che hanno optato per un isolazionismo nazionale – la Gran Bretagna e la Polonia tra essi”. Una “conferenza dell’eurozona sul debito” è comunque necessaria subito, “come quelle che si tennero nel dopoguerra, a beneficio in particolare della Germania”.
Piketty, novello Keynes, ha anche una proposta specifica sul consolidamento del debito: su come e di quanto il debito andrebbe ridotto. Cominciando dallo scremare il debito della parte accesa per sanare la crisi: “In una prima fase, potremmo porre tutti i debiti pubblici eccedenti il 60 per cento del pil in un fondo comune, con una moratorio sul ripaga mento fino a che ogni paese non avrà riagganciato una traiettoria di crescita robusta in confronto al 2007”. Impossibile? “Tutta l’esperienza storica va in questa direzione: sopra una certa soglia, non ha senso ripagare il debito per decadi, anche dal punto di vista dei creditori”. Una democrazia basata su un Parlamento dell’eurozona composta da membri tratti dai parlamenti nazionali, in proporzione alla popolazione”. La proposta si articola poi in pratica in vari interventi, specie fiscali. Wishful thinking? “Se la Francia, l’Italia e la Spagna (circa il 50 per ceto della popolazione e del reddito, contro il poco più del 25 per cento della Germania) proponessero uno specifico progetto e un nuovo ed effettivo Parlamento, un compromesso si dovrà trovare”.

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