“Il
concetto stesso di popolo eletto è incompatibile con la nozione di vero Dio.
Attiene all’idolatria sociale, la peggiore idolatria”. Sembra un attacco
ultimativo, ma come è possibile includere Simone Weil nell’antisemitismo? Anche
perché che l’“idolatria” del “popolo eletto” imputa al cristianesimo, e in particolare
alla Chiesa – “Israele e Roma hanno apposto il loro marchio sul cristianesimo”.
Radicale, ma non antisemita. Il suo fondamentalismo è mistico e culturale: per
la bruciante propensione personale per il Cristo – l’Incarnazione, la Passione –
e per la vastissima conoscenza da fine filologa della classicità.
Queste
“radici ebraiche” - il loro rifiuto – sono ben costruite. E meglio presentate. “Nell’autunno
del 1940 Simone Weil scrive una
lettera al ministro dell’Istruzione della Francia di Vichy, Jérôme Carcopino,
in polemica con lo «Statut des Juifs», di cui mette in luce incoerenze e
assurdità, e afferma con forza la propria estraneità alla tradizione ebraica”. Non
basta, lavora anche, nel 1942, all’evizione degli ebrei dalla Francia quando
sarà liberata - in una, si lascia supporre, con la Soluzione Finale che Hitler
adottava nello stesso torno di tempo, con l’Olocausto (“soluzione” segreta ma di
cui si lascia supporre che la Resistenza francese fosse al corrente): “Uno dei
suoi scritti più controversi, steso durante gli ultimi mesi di vita, a Londra,
mentre lavorava per France Libre (la Resistenza gollista, n.d.r.): sono pagine
di commento a un testo prodotto da una delle organizzazioni della Resistenza
attive nella Francia occupata dai tedeschi. In esse Simone Weil approva le
proposte xenofobe e antisemite di questa organizzazione della destra politica,
suggerendo di procedere certo in modo non brutale, ma con l’adozione di misure
discriminatorie (per esempio impedendo agli ebrei di insegnare nelle scuole), l’imposizione
di un’educazione cristiana….”.
Le due lettere non sono riprodotte , ma non importa:
sono false. Esistono ma non dicono quello che si dice. Questa è la lettura di un
paio di pubblicisti che si sono fatti un piccolo nome attaccando Simone Weil –pratica
poco deontologica di molta pubblicistica: prosperare attaccandosi a un
personaggio. Di
uno dei quali, Paul Giniewski, viene riprodotto anche uno scritto, a chiusura dell’antologia.
Prima di un contributo di Bataille, più ambiguo del solito, che si segnala per
la cattiveria dietro l’ammirazione.
Si
rilegga Bataille, ambiguo come al solito ma divertente, e si dà ragione a
Simone Weil.
“Pochissime persone hanno suscitato il mio
interesse allo stesso grado. La sua innegabile bruttezza faceva spavento….”. E così
via: “Riusciva seducente per un’autorevolezza dolcissima… Nera sempre, nei
vestiti, i capelli come ali di corvo…”. Con frecciatine disseminate a far
leggere la sua propria cerebrale trattazione dello “sradicamento”: “Il pensiero
di Simone Weil non è saldo”, “il pensiero (è) intricato di Simone Weil”, e se
una coerenza s’intravede, “sfuggiva all’autrice”, il pensiero delle radici “è
bizzarro”, “non è chiaro”, “il vigore dell’espressione, se ne vela la
fragilità, non può farlo che per un istante”, di “zelo fuori misura”, una
“oltranza autoritaria”, che “può giudicarsi odiosa, ovvero immorale (rasentando
l’immoralità dell’hitlerismo)”. Nientedimeno. Anche se solo, certo, “per
effetto della passione” - per dire Simone Weil una poveretta, un po’ scema.
Illiberale
L’ideatore
e curatore dell’antologia, Roberto Peverelli, accenna a scusare Weil per le pessime
condizioni di salute e gli anni della guerra. Ma sullo sfondo di quelli che dice
“tratti soffocanti e illiberali della nuova Europa sognata nell’«Enracinement»”
- “La prima radice”. I “Quaderni” di appunti di Simone Weil rileggendo come ora
si leggono i “Quaderni neri” di Heidegger, alla ricerca dello scandalo, anche
se lei precisa che sono “riflessioni appuntate in fretta, senza ordine e senza
seguito”. Non una compilazione inutile, però – inutilmente polemica.
Vista
come l’antologia la presenta, la sintesi storica di Simone Weil è opinabile, in
dieci righe veloci del “Quaderno X”: “Gli ebrei, questo manipolo di sradicati,
hanno causato lo sradicamento di tutto il globo terrestre”. Attraverso il cristianesimo,
che la Chiesa ha sradicato dalle sue origini. Attraverso l’illuminismo, che “ha
accresciuto ancora infinitamente lo sradicamento attraverso la menzogna del
progresso”. Con la conquista coloniale. Col capitalismo e il totalitarismo. E
con gli antisemiti, che “naturalmente propagano l’influenza giudaica”. Ma i
fatti ci sono tutti, questa sintesi della storia non è sbagliata. E gli ebrei
sono tali in quanto biblici: testimoni, araldi, della Bibbia.
Il
problema di Simone Weil è la Bibbia. Non da antisemita ma da studiosa delle
religioni. La lettura della Bibbia era per lei “atroce”. Per i delitti e le infamie
che celebra: “Tutto è macchiato e atroce, quasi secondo un disegno, a cominciare
da Abramo”, che esordisce prostituendo sua moglie. Ma è una lettura fortemente
“ricostituente” della Bibbia, benché rapsodica. Non da marcionista, di chi la
rifiuta. È anche una lettura comune, la Bibbia è poco digeribile. Ed è consueta
tra i classicisti. È per esempio quella di Ernst Bloch, che il monoteismo dice “enoteismo”
- “non ancora in favore di un monopolio che dica il nostro dio è unico, ma in
gradazione ascendente: il nostro dio è il più forte in mezzo agli altri, che,
malgrado la loro esistenza, restano impotenti” – prima “che il Dio della Bibbia
si differenzi dai «falsi dei»”.
Passione per il Cristo
La
sua ragione e la sua analisi costante è che il Dio ebraico è del Potere e non
della Passione. Altra lettura non eccezionale, né antigiudaica. Il paradigma è
semplice. Può essere errato, ma per chi crede non è offensivo: “Perché la
Passione fosse possibile”, la Redenzione, “era necessario che l’idea dell’Incarnazione
riuscisse estranea a Israele. Così come a Roma”. Le due autorità della
Passione-Redenzione, gli “esecutori volenterosi” del disegno divino: “Non esiste
vita spirituale senza l’Incarnazione”, e romani ed ebrei “furono forse gli
unici due popoli a ignorarla”. Molto forte, ma molto condiviso tra gli
studiosi. Delude Simone Weil? Ma allora con tutti gli ascendenti. Farne
un’ebreaccia antisemita è un esercizio non piccolo di antisemitismo.
La
compilazione in se stessa, tematica, dei “testi anti-giudaici”, pone automaticamente
Simone Weil nel campo antisemita, seppure dell’odio-di-sé, e più in anni di
persecuzione degli ebrei. Ma “L’amore di Dio e l’infelicità”, letto tra le
“Pensées sans ordre concernant l’amour de Dieu”, dalle quali è estratto, non ha
nulla di antigiudaico. Lo stesso il brano successivo, “Israele e i gentili”: vi
si condanna Mosè, ma anche la Chiesa, “modellata sulla santità di Israele”. A
opera di san Paolo, che era un ebreo convertito, ma pure di sant’Agostino –
“Cristo ha insegnato esattamente l’opposto di sant’Agostino”. La lettura di
Mosè, ricorrente, non ha nulla di blasfemo ed è anzi storicamente
inoppugnabile. La lettura di Noè è
rispettosa e anzi santificata. Anche “I tre figli di Noè e la storia della
civiltà mediterranea” - certo non è “uno dei saggi essenziali per comprendere i
motivi dell’antigiudaismo della Weil”, come vuole Peverelli, né ci si vedono “caratteri
e limiti di fondo del suo lavoro teorico”. La lettura atterrita della Bibbia al
“Quaderno X” chi non l’ha fatta? Gli “Appunti sulle relazioni originarie fra
cristianesimo e religioni non giudaiche” non mostrano alcun pregiudizio. Non è
sbagliato, e anzi filologicamente solo corretto, contestualizzare Israele nel
Mediterraneo, con l’antico Egitto e con Platone – anche con Erodoto: è la
lettura forse più vivificante, oltre che corretta, nel quadro della storia
delle religioni. Chiudere la raccolta con Giniewski, e con Bataille dà il senso
della compilazione. Volere che tutti (gli altri) siamo antisemitì è come con le antimafie, che tutti (gli altri) fanno mafiosi - comprese le antimafie.
Che
dirne? Che questo “antigiudaismo” di Simone Weil aiuta a non rifiutare la
Bibbia – un neo marcionismo – ma a leggervi dentro. Simone Weil ha un’immedesimazione totale, una
fusione, col Cristo, più se possibile di ogni altro mistico conosciuto. Ma
questo non è antigiudaismo, e non è una colpa.
Simone Weil, Il fardello dell’identità. Le radici ebraiche, Medusa, pp. 128 € 16
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