E così, visto da sinistra, il sangue è un
fatto, di ereditarietà, cultura, identità – la materia era rimasta al “mito del
sangue”, origine di tanti lutti: “La vita fluisce, per gli uomini, nella misura
in cui questi conquistano, attraverso una complessa plasmazione culturale dei
tratti biologici e «naturali», il linguaggio. Che si articola a partire da
alcuni elementi fondamentali, il primo dei quali è il sangue”. Su questo presupposto
il decano degli antropologi italiani ha condotto per un trentennio, col
contributo anche di altri studiosi (Ottavio
Cavalcanti, Mariella Combi, Giovannella Greco, Vito Teti), una serie di
ricerche dai risultati sorprendenti: il sangue ci condiziona. Per i legami
familiari, naturalmente, ascendenti e discendenti. Per la trasmissione dei
poteri. Per l’eliminazione del nemico – la guerra, la vendetta, la faida. E “nella religione popolare, nell’orizzonte
magico, nel diritto”. Nella religione prima e sopra a tutto, si direbbe tout
court, di cui è fondamento il martirio, e pratica la flagellazione rituale, per
sé, per i defunti, per i santi.
La
ricerca si snoda attraverso il riesame dei racconti folklorici, gli ex voto, le pratiche religiose, compresi i flagellanti
alle processioni, le “punizioni divine” (qui l’Aids). E nella fondazione della
casa, nella deflorazione, nel culto
delle reliquie, nel compianto funebre, nel sacrificio religioso - il rito più
emblematico del sangue purificatore, per il cristiano, nella Passione del
Cristo e poi a messa, nella Consacrazione e la Comunione.
L’esito è polimorfo. Ma
rispondente a un tracciato semplice, tanto quanto ambizioso: la ricerca
registra “come una sorta di ponte tra il caduco e l’Eterno, la finitudine e
l’Infinito, la sofferenza e la Fonte del riscatto, il dolore e la Gioia, la
fralezza e la Potenza, la carenza e la Pienezza, l’assenza di significato e
l’Origine di senso, la morte (la minaccia di essa)ne la Vita, l’essere e
l’Essere, l’uomo e Dio”. Il sangue è morte, il sangue è vita. Ma della morte
per esorcizzarla in resurrezione: “Il
sangue si pone come elemento atto a dare vita, a fondarla, a renderla imperitura”.
È la materia e il filo dell’Essere. Il “culto” del sangue, la memoria, la
perpetuazione, è da sempre – continua Lombardi Satriani - un modo per l’uomo di
trascendere la sofferenza, i propri limiti, la morte. Che è l’origine della
religione, nata come rito propiziatorio: sacrificio, culto del sangue.
In finale una curiosa digressione sul “sangue blu”, nei capitoli quasi di nostalgia familiare, “Stanze della memoria” e “Legami di sangue”. Il valore coltivato della discendenza, e la funzione simbolica del sangue elevando alla sfera del “divino”: “L’incontro del fedele aristocratico con la sfera cattolica del divino è, in un certo senso, dialogo in famiglia, rapporto impari tra pari”. Qui recuperando la “religione” del “Gattopardo”, tra rosari, reliquie e zie monache, che giustamente Lombardi Satriani legge non come parodia ma come reminiscenza storica, storicizzabile. Anche perché “carnalità e religiosità trovano nel sangue un elemento coagulante che rende possibile uno scambio continuo di pertinenze simboliche”.
Luigi M. Lombardi Satriani, De sanguine, Meltemi, pp. 192 € 14
In finale una curiosa digressione sul “sangue blu”, nei capitoli quasi di nostalgia familiare, “Stanze della memoria” e “Legami di sangue”. Il valore coltivato della discendenza, e la funzione simbolica del sangue elevando alla sfera del “divino”: “L’incontro del fedele aristocratico con la sfera cattolica del divino è, in un certo senso, dialogo in famiglia, rapporto impari tra pari”. Qui recuperando la “religione” del “Gattopardo”, tra rosari, reliquie e zie monache, che giustamente Lombardi Satriani legge non come parodia ma come reminiscenza storica, storicizzabile. Anche perché “carnalità e religiosità trovano nel sangue un elemento coagulante che rende possibile uno scambio continuo di pertinenze simboliche”.
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