giovedì 17 marzo 2016

Il culto del sangue

E così, visto da sinistra, il sangue è un fatto, di ereditarietà, cultura, identità – la materia era rimasta al “mito del sangue”, origine di tanti lutti: “La vita fluisce, per gli uomini, nella misura in cui questi conquistano, attraverso una complessa plasmazione culturale dei tratti biologici e «naturali», il linguaggio. Che si articola a partire da alcuni elementi fondamentali, il primo dei quali è il sangue”. Su questo presupposto il decano degli antropologi italiani ha condotto per un trentennio, col contributo anche di altri studiosi (Ottavio Cavalcanti, Mariella Combi, Giovannella Greco, Vito Teti), una serie di ricerche dai risultati sorprendenti: il sangue ci condiziona. Per i legami familiari, naturalmente, ascendenti e discendenti. Per la trasmissione dei poteri. Per l’eliminazione del nemico – la guerra, la vendetta, la faida. E “nella religione popolare, nell’orizzonte magico, nel diritto”. Nella religione prima e sopra a tutto, si direbbe tout court, di cui è fondamento il martirio, e pratica la flagellazione rituale, per sé, per i defunti, per i santi.
La ricerca si snoda attraverso il riesame dei racconti folklorici, gli ex voto,  le pratiche religiose, compresi i flagellanti alle processioni, le “punizioni divine” (qui l’Aids). E nella fondazione della casa,  nella deflorazione, nel culto delle reliquie, nel compianto funebre, nel sacrificio religioso - il rito più emblematico del sangue purificatore, per il cristiano, nella Passione del Cristo e poi a messa, nella Consacrazione e la Comunione. 
L’esito è polimorfo. Ma rispondente a un tracciato semplice, tanto quanto ambizioso: la ricerca registra “come una sorta di ponte tra il caduco e l’Eterno, la finitudine e l’Infinito, la sofferenza e la Fonte del riscatto, il dolore e la Gioia, la fralezza e la Potenza, la carenza e la Pienezza, l’assenza di significato e l’Origine di senso, la morte (la minaccia di essa)ne la Vita, l’essere e l’Essere, l’uomo e Dio”. Il sangue è morte, il sangue è vita. Ma della morte per esorcizzarla in resurrezione: “Il sangue si pone come elemento atto a dare vita, a fondarla, a renderla imperitura”. È la materia e il filo dell’Essere. Il “culto” del sangue, la memoria, la perpetuazione, è da sempre – continua Lombardi Satriani - un modo per l’uomo di trascendere la sofferenza, i propri limiti, la morte. Che è l’origine della religione, nata come rito propiziatorio: sacrificio, culto del sangue.
In finale una curiosa digressione sul “sangue blu”, nei capitoli quasi di nostalgia familiare, “Stanze della memoria” e “Legami di sangue”. Il valore coltivato della discendenza, e la funzione simbolica del sangue  elevando alla sfera del “divino”: “L’incontro del fedele aristocratico con la sfera cattolica del divino è, in un certo senso, dialogo in famiglia, rapporto impari tra pari”. Qui recuperando la “religione” del “Gattopardo”, tra rosari, reliquie e zie monache, che giustamente Lombardi Satriani legge non come parodia ma come reminiscenza storica, storicizzabile. Anche perché “carnalità e religiosità trovano nel sangue un elemento coagulante che rende possibile uno scambio continuo di pertinenze simboliche”.
Luigi M. Lombardi Satriani, De sanguine, Meltemi, pp. 192 € 14

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