Non
c’è fine al degrado del Parlamento, ormai da venticinque anni, da quando sono
scesi i padani. Fino al bar della Camera
che, unico a Roma, deve pretendere lo scontrino prima della consumazione. C’era gente – si può testimoniarlo – che
mangiava a sazietà e ala cassa denunciava
solo il caffè. Per lo più Cinque Stelle, ma non solo.
Si
dice disprezzo ma è ignoranza. Furbizia. Crassezza. Un Parlamento, si sarebbe
detto una volta, da Terzo mondo. Ma il Terzo mondo ha la dignità della
politica. Che invece Bossi e Grillo hanno infettato inesorabilmente,
gloriandosene.
Non
bisogna illudersi sulle proprietà politiche dei Parlamenti. Non ce n’è uno che
sia un vero Parlamento, che sappia discutere, che discuta, e prenda decisioni,
a parte il Congresso Usa. A palazzo Madama e a Montecitorio c’è solo squallore:
abbiamo ora i parvenus della
politica. Giovanotti e sempliciotti, che, magari per poter sfoggiare avvenenza
o muscoli, occhi cerulei o barbe e tatuaggi, si guadagna le platee tv, e questo
li incorona legislatori saggi e potenti.
Perché
gli italiani li votano? Gli italiani non possono candidare, possono solo
votare. Ma li votano anche in pochi, meno della metà degli aventi diritto. E
normalmente non li votano una seconda volta: il voto mobile, che fino a venti-trent’anni
fa era limitato a un cinque per cento dell’elettorato, rispetto al voto
raidcato, di ideologia o semplicemente di partito, sui 2 milioni e mezzo di
votanti, oggi è una buona metà.
Renzi
si accanisce ad abolire il Senato. Ma il Parlamento non si è abolito da solo?
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