Debito – È schizzato
negli anni 1990: da 1.173.542
milioni di euro nel 1990 a 1.609.883 nel 1999 – è poi diminuito per quattro
anni, e dal 2004 ha ripreso a crescere. Per pagare
l’attacco di Soros contro la lira, e la debolezza di Ciampi, che per
irrobustire la lira l’aveva sopravvalutata. Nel 1995 il Bot pagava il 12,2 per
cento, e il Btp il 13,5: il debito si avvitava su se stesso. Mentre l’economia
viaggiava, unica in Europa dopo la batosta monetaria del 1992, attorno alla crescita
zero – evitata grazie a calcoli ragionieristici, ma allora di crescita limitata
allo 0,1 per cento. Di crescita negativa in realtà, se non di vera e propria
recessione. Nei tre anni al 1995 furono chiusi 1.700.000 posti di lavoro.
Fascismo –Fu oggetto di considerazione intellettuale, e comunque fece l’Italia meta di molti intellettuali: Pound, Yourcenar, Gor’kij, anche se non si mescolava agli italiani, e i tanti tedeschi, ebrei e non, che fuggirono il regime hitleriano – almeno fino alle leggi razziali. Oltre che dei tanti russi in fuga dal sovietismo, e degli anglofiorentini, compreso Yeats. Si fa la storia dell’emigrazione intellettuale dall’Italia nel fascismo, per motivi politici e\o razziali, ma anche una dell’immigrazione sarebbe interessante.
Germania ewige – La pubblicazione dei “Quaderni neri” – dei due già tradotti - conferma che una buona parte della Germania pensa soltanto di essere stata sconfitta nella guerra, non di avere avuto torto e di averne la colpa. Buona nel senso di consistente. Non criminale e non povera di spirito. Nemmeno intossicata dalla propaganda nazista – sono passati ottant’anni. E convinta nel profondo, contro tsunami e tifoni. Heidegger è ben un filosofo, e di spessore.
Abbiamo una nuova Germania dopo la
riunificazione. Nuova rispetto alla repubblica Federale di Bonn, divisa e con i
russi a Berlino. E abbiamo la Germania di sempre, malgrado la sconfitta del
1945, che pure si penserebbe non onorevole, e un nuovo principio. “Heidegger e
figli” si direbbe non nel senso di Donatella Di Cesare, degli eredi materiali e
esecutori testamentari del filosofo, più o meno interessati a vendere una copia
in più, ma della Germania ewige,
eterna. Una Germania che non recede neanche dall’antisemitismo, seppure blando -
noi e gli altri. Anche se non porta più argomenti a favore, mattoni al muro.
Il
revisionismo del resto è inevitabile. Sullo sterminio si evita, ma solo per
opportunismo. Mentre si lavora alacremente sui bombardamenti “totali”, sulla
capitolazione (resa senza condizioni), sulla mutilazione delle regioni
orientali, con 12 milioni di profughi, e sulla divisione e occupazione militare
del Paese, per 45 anni. Già Hannah Arendt un cinquantennio fa (“Sulla
rivoluzione”), benché ebrea, perseguitata e espatriata, consigliava di considerare il conflitto “una forma di
guerra civile che abbraccia la terra intera”.
La storia andrebbe comunque rivista
anche all’interno. Del regime di Pankow, che fu ben tedesco, subito dopo l’intervento
russo del giugno 1953 contro i moti operai di protesta. Un regime che non ebbe
bisogno di “purghe” imposte d Mosca, né di invasioni militari, come la Polonia
e la Cecoslovacchia. Il Muro fu costruito e mantenuto, con il tiro alle spalle
dei fuggiaschi, da Berlino Est – la barzelletta all’epoca era: “Perché le
guardie che tirano ai fuggiaschi non sarebbero russe? “Se fossero russe, non
prenderebbero così bene la mira”. Solidamente autarchico, come Tito in
Jugoslavia e Ceausescu in Romania. Sostenuto da molti intellettuali di valore, Brecht,
Kurt Weil, Georg Heym, Christa Wolf, e molti altri. Senza una vera opposizione
o una fronda larga – si ricorda solo Wolf Biermann, il cantautore. E forse
all’origine del terrorismo della Raf.
Una Germania che la Repubblica Federale
aveva messo a tacere. Con le leggi elettorali proibitive per i violenti. Con un
saldo schieramento politico-istituzionale. E la gestione misurata e proficua
dell’economia. Ma sempre presente, ben più del 5 per cento di sbarramento
elettorale che i violenti non riescono a superare. Non si evidenzia per
opportunismo, in Germania sempre molto forte, ma ben viva. La migliore “tradizione”
della Germania del Novecento, C.Schmit, Heidegger, Jünger, non esclusi Th.Mann
e Brecht, e a suo modo lo steso Grass, è stata nazionalista e
radicalconservatrice. Con un solido revanscismo.
Processione – Dismessa come rito pagano
al Sud, e anzi mafioso, come del resto tutto al Sud, specie dai sacerdoti, per
i quali è una corvée, viere riabilitata a Roma e in atre città, e inventata
dove non c’, dalla parrocchie come una forma di socializzazione. Come lo
scoutismo e l’oratorio. E anche di occupazione degli spazi esterni, di proiezione
del sacro fuori della chiesa.
Re - Il
borghese che si fa re è facile folle, sia Cromwell, Robespierre, Bonaparte,
Mussolini, Hitler, Stalin.
Tacchi
Venturi
– È legata al suo nome una prima vicenda poco corretta e anzi infamante della
curia vaticana, nella sanità e l’assistenza ai poveri, il terzo settore di oggi
– attorno a cui si sta facendo oggi carne di porco del cardinale Bagnasco, e al
quale era interessata Francesca Immacolata Chaouqui. Non propriamente della
curia, ma della gerarchia e la finanza cattoliche. Un gesuita ora dimenticato,
molto noto ai suoi anni, quelli del fascismo, e ubiquo, anche se con ruoli
dubbi, in molte vicende, quasi tutte non edificanti. Fu fascista, antimeridionale,
razzista, e in queste vesti sempre molto attivo - vivendo per gli stessi motivi
nel dopoguerra appartato, fino al 1956. Fu anche, ex segretario generale dei
Gesuiti, il mediatore tra Mussolini e la Santa Sde, per quello che poi sarà il
Concordato del1929, che chiuse settant’anni di “non expedit”, dopo aver fatto
introdurre in precedenza il catechismo a scuola. Per la Treccani di Gentile è
stato il responsabile della sezione affari ecclesiastici, e curatore della
“Storia delle Religioni”. A lungo definito il “gesuita di Mussoini” (si favoleggiò
pure che ne fosse il confessore – di Mussolini?), se ne tenta da qualche temp
la riabilitazione.
Nella primavera del 1928 padre
Pietro Tacchi Venturi fu vittima di un attentato – “Il fatto di questi giorni è
l'aggressione, possiamo anzi chiamarlo attentato, contro il P. Tacchi Venturi.”,
scriveva il “Popolo d’Italia”. Aggiungendo: “Qualche mese fa il P. Tacchi
Venturi fu informato che nelle famose liste di personalità del Regime che
avrebbero dovuto essere soppresse nell'agognata restaurazione democratica, il
suo nome veniva subito dopo quello di Benito Mussolini”. Il complotto
attribuendo alla massoneria: “La Massoneria attribuisce a lui la responsabilità
della repressione antimassonica così coraggiosamente intrapresa e condotta dal
Duce”. Secondo il giornale di Mussolini l’aggressore dovette pensare di averlo
ucciso e lo lasciò esanime per terra, ma la coltellata alla gola era stata schivata
dal sacerdote, che si abbandonò esanime per ingannare l’aggressore.
La
Polizia invece seppe un’altra verità, che avvicina quel fatto alle liti odierne
attorno alle opere degli ordini religiosi a Roma, nel terzo settore e nella
sanità. Tutti i gesuiti chiamati a testimoniare e i domenicani esclusero l’attentato
politico. Mentre emerse che si era creato un profondo dissidio tra i Paolini e
i Gesuiti. L’“Opera
Cardinal Ferrari” dei Paolini era all’orlo del fallimento, con un buco di nove
milioni. Il papa aveva incaricato i Gesuiti di provvedere a un salvataggio.
Cosa che fu fatta. Ma l’operazione avrebbe comportato il conglobamento della
“Cardinal Ferrari” nelle opere dei Gesuiti, e questo creò una frattura tra i
Gesuiti e i Paolini, specie i più giovani.
astolfo@antiit.eu
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