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martedì 22 marzo 2016

Il mondo com'è (254)

astolfo

Antisemitismo – La summa è in Marx, non critica, “Sulla questione ebraica”, 1843-1844 – in risposta al saggio di Bruno Bauer dallo stesso titolo, 1843. Comprensiva del “complotto” (“I protocolli dei savi di Sion”) e del destino (metafisica) dell’autoannientamento, la cui scoperta si fa risalire al tardo Heidegger dei “Quaderni neri” – di tutti i luoghi comuni dell’antisemitismo Marx pone le fodnamengta, caso preclaro probabilmente dell’odio-di-sé ebraico:
“Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo dello Shabbath, come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il segreto dell’ebreo non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo reale. Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l’egoismo. Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene. L’emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo. Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del traffico, dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile l’ebreo. La sua coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore inconsistente nella vitale atmosfera reale della società…
“Noi riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento attuale antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino al suo presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente dissolversi. L’emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione dell’umanità dal giudaismo…..
“L’ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei….
“Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica? Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un oggetto della legge divina…. Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere…. Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il disprezzo della teoria, dell’arte, della storia, dell’uomo come fine a se stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù dell’uomo del denaro…. La chimerica nazionalità dell’ebreo è la nazionalità del commerciante, in generale dell’uomo del denaro. La legge, campata in aria, dell’ebreo è soltanto la caricatura religiosa della moralità campata in aria e del diritto in generale, dei riti soltanto formali, dei quali si circonda il mondo dell’egoismo…..
“Il giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di vista teorico svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno pratico è per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti….. Poiché l’essenza reale dell’ebreo nella società civile si è universalmente realizzata, mondanizzata, la società civile non poteva convincere l’ebreo della irrealtà della sua essenza religiosa, che è appunto soltanto la concezione ideale del bisogno pratico. Non quindi nel Pentateuco o nel Talmud, ma nella società odierna noi troviamo l’essenza dell’ebreo odierno, non come essere astratto ma come essere supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell’ebreo, ma come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà a sopprimere l’essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti, l’ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non avrà più alcun oggetto, perché la base soggettiva dei giudaismo, il bisogno pratico si umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto dell’esistenza individuale sensibile con l’esistenza dell’uomo come specie. L’emancipazione sociale dell’ebreo è l’emancipazione della società dal giudaismo”. 
La polemica contro Bauer non c’entra. Bauer rifletteva sull’emancipazione degli ebrei avviata dalla Rivoluzione francese per proporre un modello di Stato moderno a sua volta emancipato dalla religione. Non irreligioso ma costituzionalmente tollerante: solo in uno Stato laico, argomentava, tutte le confessioni avrebbero potuto prosperare ugualmente.

Occidente – È valetudinario, se non è ipocondriaco. Ne “Il mondo e l’Occidente” Arnold Toynbee profetizza un nuovo passaggio epocale, come quello che portò l’impero romano a grecizzarsi e cristianizzarsi. Resta da vedere chi battezzerà chi.

Razzismo – La razza è mito, si può convenire con Evola, ma ben tedesco. Per la mole impressionante, anche se non di qualità, e perfino ridicola, degli studi e le professioni di fede. Senza equivalente in altre lingue e culture. Annettendosi le culture germanizzanti limitrofe, dalla Svizzera all’Olanda e alla Scandinavia. Il razzismo e l’eugenetica di Hitler non sono episodici o eccezionali: sono l’esito di una vastissimo impegno a carattere scientifico e culturale. Non se ne fa uno studio, ma quello di Evola, benché datato 1937. quindi coi limiti dell’asse nazifascista, è impressionante.  “Il ciclo razzista che conduce fino al Wirth”, conclude Evola, cioè fino al sistematore delle tribù e sottotribù umane, è solamente tedesco. Con un paio di innesti inglesi e tre o quattro francesi sull’onda dell’antisemitismo.
L’impegno predominante della cultura storica tedesca del secondo Ottocento-primo Novecento, di antropologi, di preistorici e paleontologi, e di storici, sociologi, psicologi, storici della religione, è rivolto, quasi senza eccezioni per un secolo e mezzo, a costruire complesse identità razziali, inafferrabili peraltro malgrado tanto impegno. La lista di teorici e teorie che Evola riassume e critica in “Il mito del sangue” è impressionante. E tutta tedesca, con le eccezioni di Gobineau, Vacher de Lapouge e Chamberlain.
Si parte da Herder e Fichte – quindi Gobineau e Vacher de Lapouge – e si continua con Franz Bopp, Ludwig Wilser (“Origine e preistoria degli Arii”, che tuttora si pubblica in tedesco), Theodor Poesche, Karl Penka, Friedrich Lange, Ludwig Woltmann (“I Germani e il Rinascimento in Italia”, 1905, che si annette il Rinascimento, e tutti i personaggi storici da Dante a Garibaldi e Cavour, fa tedeschi di nome, è tuttora edito in tedesco), Gustav Friedrich Klemm, Alfred Weber, Heinrich Driesmans, Oskar Lange, Christian von Ehrenfels, Joseph Ludwing Reimer (“La Germania pangermanista”, tuttora in edizione), Hans F.P. Günther, F. Ludwig Clauss,  psicoantropologo, Merkenschlager, Boehm, Von Leers, Rosenberg, Hauer, von Reventlow,  Bergmann. E l’olandese Herman Wirth, e lo svizzero Bachofen, per quanto altrimenti benemerito.

Il “mito” di Evola andrebbe implementato della religione dell’avvenire – fu positivista, della scienza dell’avvenire. Nonché di altri nomi non trascurabili, anzi semmai più famosi. Il sewcondo Ottocento pullula di religioni dell’avvenire - in questa chiave si sostenne pure che il marxismo è opera dell’“ariano” Engels, cui il semita Marx l’ha rubato.
E in Francia che l“arianesimo”, come ogni altra dottrina, fu perfezionata. Da Paul Anton de Lagarde, il quale scelse di essere tedesco malgrado le ascendenze lorenesi, voleva Parigi rasa al suolo, e ungheresi, turchi, lapponi e celti perire, in omaggio alla religione dell’avvenire. Lagarde fu amato da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Mann, il quale lo nominò Praeceptor Germaniae. Il genio di Gesù, sosteneva, fu di “non voler essere ebreo”. Lagarde lo sostenne nell’ambito dell’“arianità” di Gesù, dolicocefalo biondo, mentre Chamberlain lo faceva “ariano” ad onore.  Fino a Drumont l’“arianesimo” fu francese.
In Germania l’“arianesimo” ebbe un solo avvocato prima di Hitler, Arthur Trebisch, che era ebreo. Arnaud de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, disse peraltro i tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o finnici, popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore della razza bianca. L’ipotesi il dotto politico e scienziato teutone Rudolf Virkow empiricamente verificò nelle scuole tedesche, svizzere, austriache e belghe. La ricerca durò dieci anni e coinvolse quindici milioni di ragazzi, di cui si misurò il cranio e si rilevò il colore degli occhi e dei capelli. L’idea iniziale era di misurare i soldati, ma i generali non vollero. Coronò lo studio la scoperta che pure i finnici sono biondi, benché non dolicocefali, verificata personalmente da Virchow, il quale a tale scopo si recò in Finlandia.
Per un po’ anche spagnoli e portoghesi furono tedeschi, dovendosi esportare l’“arianesimo” in America Latina e nelle Filippine. Nel 1865 l’Anthropological Review di Londra scoprì “una famiglia spagnola bionda e puramente gotica” nello Yucatàn. Ma durò poco, l’“arianesimo” è religione del Nord per il Nord.
In Italia fu diverso: il mito fu pure del Sud. Giuseppe Sergi, siciliano di Messina e fine folklorista, scoprì che gli europei in blocco vengono dall’Abissinia. Giunti in Europa, presero due direzioni, il Nord baltico e il Sud mediterraneo. Quelli del Sud, dice Sergi, “per parecchio tempo dovemmo difenderci dai barbari ariani”. Sembrava una conciliazione e invece manteneva, seppure sottile, la distinzione. Ma rimediò all’eccezione Luigi Pigorini: pur ribadendo l’unitarietà ancestrale in Abissinia, il discepolo di Sergi riconobbe senza esitazioni la civiltà al Nord, tra i baltici “ariani”.
Molto del razzismo nordico fu sviluppato in antitesi a Roma e alla latinità. C’è un filone storico e culturale tedesco che ancora la Germania a Roma attraverso il Sacro romano-impero – il filone degli Ottone, degli Hohenstaufen (di Federico II di Svevia, quello che progettò di unire la Germania alle civiltà greca, latina e anche arabo-islamica). Romantico, ma durato fino a Jünger. E c’è uno instancabilmente antiromano, anche quando non ne avrebbe motivo, predominante nell’Otto-Novecento, compreso Thomas Mann, che è razzista, la propria identità ricercando e affermando in odio alle altre, quella slava e, di più, quella latina.

astolfo@antiit.eu

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