venerdì 18 marzo 2016

Il padre di Barbapapà

“Bisogna che l’uomo si diverta a immagine del suo Creatore. Dio si diverte ferocemente dacché è Dio”. Il poeta liberando come esploratore. Non necessariamente della verità – a furia, certo, di ossimori: “Con una vera menzogna – mi se ne dia una ! – solleverò il mondo”. E lo solleva. Non senza certezza: “Sempre qualche buon Dio detronizza un altro Dio”. Ma l’opera del primo patafisica Jarry è di distruzione, prima che di esplorazione dell’ignoto. Difficile da recepire – e da tradurre, anche se qui con ottimi risultati da Angelo Mainardi, l’ex direttore dei programmi culturali di radio Rai.
Alcune visite si fanno: alla serva, alla grande horizontale, alla cuginetta, alla Grande Signora. Altre sono temute, alla fidanzata borghese – “non toccatemi,!” – e alla “Vecchia Signora” Berthe de Courrière, che tutti i giovani poeti vorrebbe. Altre sono fisiche e metafisiche, col Medico, con la Musa (con la Musa si parla in rima), con la Paura. Anche machiste, al limite della misoginia – non se ne salva una. In un modo già femminilizzato a fine Ottocento, di fidanzate, prostitute, mantenute, lolite, egerie. Una è immaginaria-immaginaria: di deflorazione della vergine in grande contesto storico, tra Marco Polo, Gengis Khan e il Vecchio della Montagna – cioè della storia. Una non poteva mancare da Madame Ubu, l’equivoca maîtresse, dove fa capolino Barbapulce, il primo della famiglia.
Ma più che altro la raccolta è un “racconto della letteratura”. Per questo Jarry ci teneva, benché la compilazione non sia delle più brillanti, al punto che, sconsigliato e rifiutato da Rachilde, l’egeria della sua casa editrice, il Mercure de France, la fece stampare e promuovere da un editore porno, nel 1998, in contemporanea col “Dr Faustroll”. Jarry letteralmente si bruciava i ponti, occupando a ritmo frenetico la sua breve vita creativa, i tredici anni di scrittura a partire dei venti. Ma niente licenza nelle visite, e purtroppo poco da ridere. Un libro di citazioni, reminiscenze, parodie, che va letto con molte note.
La fantasia eccedente è peraltro di grande fertilità. Nel tratto e nei soggetti. Specie la Vecchia Signora, la compagna di Rémy de Gourmont, variamente riproposta, che già Gourmont aveva caricaturato: la donna che vive degli artisti. Fino al dubbio se un terremoto non sia benefico. Anche a costo di scuotere il firmamento - già “il silenzio è un fracasso orribile. Sono le stelle che cadono”.
Presente in sordina nella produzione ubuesca, la raccolta è anche un modello. Uno dei diletti del lettore sarà di riconoscervi, fra i tanti altri, le tracce dei futuri fratelli De Chirico – il propriamente detto e il fratello Savinio. E di Marinetti il futuro futurista, col quale Jarry corrisponderà nel 1905.
Alfred Jarry, L’amore in visita, Kami, remainders, pp. 109 € 6

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