“Quando ero ragazza
mio fratello pretendeva che non parlassi con nessuno, era geloso. Mi faceva
picchiare da mia madre se parlavo con un giovane, ed io che stavo senza
mangiare pur di andare a ballare tanto che mi piaceva… Ma poi piangevo sempre, e
Rosetta dell’osteria mi ha detto: «Io se ti vuoi sposare c’è uno che le piaci».
Allora mi ha fatta incontrare con lui, uno che non osava parlare. Rosetta mi ha
chiesto: «Allora, ti piace?» «Mah», le ho risposto. In otto giorni ci siamo
presi e sposati. Io ho pensato: per stare lì a farmi picchiare da mia madre e
mio fratello tanto vale che mi sposi”.
Si risfoglia questo
voluminoso documento di storia orale con sorpresa: alla ricerca del mondo contadino
in via di sparizione – ma spariva? le Langhe attorno a Alba, la campagna di cui
parla, sono uno dei distretti agricoli più prospero - dopo gli anni del boom, com’era nei
propositi, e nel modello sociologico allora standard dello sfruttamento di classe, Nuto
Revelli ha finito per ancorare la sua ricerca a reperti solidamente femministi.
Un formidabile repertorio di donne è questo “Anello forte”. Più che una storia
del mondo contadino morente. Il risultato di sei anni di
lavoro, a partire dal 1978, appena ieri, alla raccolta di 260 testimonianze, di
cui sessanta di donne dal Sud (trentacinque dalla Calabria, diciotto dalla
Campania, quattro dalla Basilicata, tre dalla Puglia).
Dopo ave fatto
parlare i soldati, gli alpini di cui era stato capitano in guerra in Russia, Nuto
Revelli si è impegnato a lasciare testimonianza di un mondo che vedeva
scomparire, la campagna. Ma ci ha trovate le donne. Il sottotitolo “La donna:
storie di vita contadina” è editoriale e successivo. Ma è quello che Revelli in
realtà ha fatto: la voluminosa ricerca è una dura testimonianza di una
condizione di vita delle donne incredibilmente arretrata, appena una
generazione o due fa. In Piemonte.
I contadini, a Alba come altrove, sono in realtà di ogni genere: generosi e avari, capaci e incapaci, anche ricchi e ricchissimi che vivono da miserabili, o in lite quasi assassina per l’eredità. Benché infiammato dal classismo, il buon ricercatore che è in Nuto Revelli lo riconosce. Ma non riconosce l’unico classismo che incontra, del maschio – spesso con l’ausilio della propria madre, la suocera – contro la femmina.
I contadini, a Alba come altrove, sono in realtà di ogni genere: generosi e avari, capaci e incapaci, anche ricchi e ricchissimi che vivono da miserabili, o in lite quasi assassina per l’eredità. Benché infiammato dal classismo, il buon ricercatore che è in Nuto Revelli lo riconosce. Ma non riconosce l’unico classismo che incontra, del maschio – spesso con l’ausilio della propria madre, la suocera – contro la femmina.
L’altra sorpresa
viene dal Sud, dalle donne del Sud. Parte di un fenomeno più vasto: Alba aveva
31 mila abitanti nel 1978, di cui 6 mila erano immigrati dal Sud - le industrie
nascenti assorbivano molti più maschi adulti di quanti ne forniva la campagna
attorno. Ma loro, le sessanta meridonali intervistate da Nuto Revelli, sono
anche particolari: sono spose procurate al Sud da mezzani per contadini che
nessuno in Piemonte voleva più sposare. E sono, a rileggerle, le più articolate
e combattive, le meno indifese o dimesse, delle spose intervistate. Nella
ricerche precedenti, “Il mondo dei vinti”, sulla guerra, e sulla “pace dei
poveri”, l’interlocutore di Nuto Revelli era sempre l’uomo, anche se gli incontri
venivano fatti in coppia: “Era l’uomo che occupava il posto di comando… La
donna interferiva raramente”. Qui le donne del Sud parlano liberamente.
Nuto Revelli L’anello forte
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