giovedì 31 marzo 2016

La classe delle donne

“Quando ero ragazza mio fratello pretendeva che non parlassi con nessuno, era geloso. Mi faceva picchiare da mia madre se parlavo con un giovane, ed io che stavo senza mangiare pur di andare a ballare tanto che mi piaceva… Ma poi piangevo sempre, e Rosetta dell’osteria mi ha detto: «Io se ti vuoi sposare c’è uno che le piaci». Allora mi ha fatta incontrare con lui, uno che non osava parlare. Rosetta mi ha chiesto: «Allora, ti piace?» «Mah», le ho risposto. In otto giorni ci siamo presi e sposati. Io ho pensato: per stare lì a farmi picchiare da mia madre e mio fratello tanto vale che mi sposi”.
Si risfoglia questo voluminoso documento di storia orale con sorpresa: alla ricerca del mondo contadino in via di sparizione – ma spariva? le Langhe attorno a Alba, la campagna di cui parla, sono uno dei distretti agricoli più prospero - dopo gli anni del boom, com’era nei propositi, e nel modello sociologico allora standard dello sfruttamento di classe, Nuto Revelli ha finito per ancorare la sua ricerca a reperti solidamente femministi. Un formidabile repertorio di donne è questo “Anello forte”. Più che una storia del mondo contadino morente. Il risultato di sei anni di lavoro, a partire dal 1978, appena ieri, alla raccolta di 260 testimonianze, di cui sessanta di donne dal Sud (trentacinque dalla Calabria, diciotto dalla Campania, quattro dalla Basilicata, tre dalla Puglia).
Dopo ave fatto parlare i soldati, gli alpini di cui era stato capitano in guerra in Russia, Nuto Revelli si è impegnato a lasciare testimonianza di un mondo che vedeva scomparire, la campagna. Ma ci ha trovate le donne. Il sottotitolo “La donna: storie di vita contadina” è editoriale e successivo. Ma è quello che Revelli in realtà ha fatto: la voluminosa ricerca è una dura testimonianza di una condizione di vita delle donne incredibilmente arretrata, appena una generazione o due fa. In Piemonte.
I contadini, a Alba come altrove, sono in realtà di ogni genere: generosi e avari, capaci e incapaci, anche ricchi e ricchissimi che vivono da miserabili, o in lite quasi assassina per l’eredità.  Benché infiammato dal classismo, il buon ricercatore che è in Nuto Revelli lo riconosce. Ma non riconosce l’unico classismo che incontra, del maschio – spesso con l’ausilio della propria madre, la suocera – contro la femmina.
L’altra sorpresa viene dal Sud, dalle donne del Sud. Parte di un fenomeno più vasto: Alba aveva 31 mila abitanti nel 1978, di cui 6 mila erano immigrati dal Sud - le industrie nascenti assorbivano molti più maschi adulti di quanti ne forniva la campagna attorno. Ma loro, le sessanta meridonali intervistate da Nuto Revelli, sono anche particolari: sono spose procurate al Sud da mezzani per contadini che nessuno in Piemonte voleva più sposare. E sono, a rileggerle, le più articolate e combattive, le meno indifese o dimesse, delle spose intervistate. Nella ricerche precedenti, “Il mondo dei vinti”, sulla guerra, e sulla “pace dei poveri”, l’interlocutore di Nuto Revelli era sempre l’uomo, anche se gli incontri venivano fatti in coppia: “Era l’uomo che occupava il posto di comando… La donna interferiva raramente”. Qui le donne del Sud parlano liberamente.
Nuto Revelli L’anello forte

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