Perché ci sono tanti mendicanti?
E tanti marchettari no, non sono un problema? Si potrebbe chiuderla qui, con
queste moralità di Buffoni, poeta pure sensibile, e traduttore “scientifico”.
Ma c’è una complicazione: perché tanti mendicanti a Roma, si chiede il poeta
sceso da Gallarate. Non ce ne saranno anche al suo paese – ce ne sono in
rapporto alla popolazione? Cioè: il leghismo è virus onnivoro. Ma qualcosa da
leggere è sfuggito alla indignazione.
Su tutto la “traduzione” di Irma,
del racconto già famoso “Calabria e Piccadilly”: la figlia della portinaia
calabrese a Roma, di casa presso una coppia di inquilini senza figli, inglesi
insegnanti di inglese, che da adulta è una in città “(“siamo una coppia
lesbica”) e una in Calabria (“questa è la mia amica”), in automatico. O Maria
Luisa Spaziani sessanta-settantenne raggiante dopo una gita con un “padre di
famiglia e affermato professionista”, che era stato suo spasimante quando lei
insegnava francese al liceo e lui ra suo allievo – dedicatario di bei versi
gozzaniani: “O tenerezza che la forza ispiri\ O forza che mi ispiri tenerezza”.
Aneddoto sapido specie per chi Spaziani ricorda musa autocertificata per molti
anni di Montale, nonché sposa per una notte di Elemire Zolla – la poesia ama
l’amore.
Qui Buffoni potrebbe fare un’altra puntata: perché Cefis non s’impossessò poi dei manoscritti di “Petrolio”. Ma non si può scherzare sull’assassinio di un poeta. Anzi, il morto non andrebbe nemmeno legato, lui come tutti i gay, all’immancabile carica di marchette, ancorché giovani, tutti furbetti e i più omofobi. L’omomania è insaziabile? O le gioie della gaytudine, che Buffoni professa ogni due pagine, si vogliono dispettose, pettegole?
Qui Buffoni potrebbe fare un’altra puntata: perché Cefis non s’impossessò poi dei manoscritti di “Petrolio”. Ma non si può scherzare sull’assassinio di un poeta. Anzi, il morto non andrebbe nemmeno legato, lui come tutti i gay, all’immancabile carica di marchette, ancorché giovani, tutti furbetti e i più omofobi. L’omomania è insaziabile? O le gioie della gaytudine, che Buffoni professa ogni due pagine, si vogliono dispettose, pettegole?
Anche alcune “cose viste” si
fanno leggere. Ma troppe affogano nel già visto, per quanto indignato, per
difetto di meraviglia e eccesso di moralismo. Soprattutto l’omofobia. Di cui
certo non si dice abbastanza male, ma allora senza il carico di ragazzi di
vita, che sarà inevitabile ma è indigesto al martirio e al lettore, l’omoerotismo
riducendo al porno, a pagamento. Di più pesa l’irredentismo gay, come di un
modo separato, con barriere ad alto voltaggio – un “chi tocca i fili muore”,
forse, per rompere l’indifferenza? Fino al popovismo. Buffoni fa scienza gay
l’informatica, dal perseguitato Türing risalendo a Ada Augusta Lovelace, la
figlia di Byron che teorizzò il computer. Dopo aver fatto di Byron, padre di
Ada, che non fu lesbica, un gay coperto - e pensare che Stendhal lo trovò
concorrente imbattibile con le migliori dame milanesi, avesse incontrato prima
Buffoni… O il solito polpettone su “Petrolio” e il complotto contro Pasolini, a
opera di Cefis.
Franco Buffoni, Il racconto dello sguardo acceso, Marcos ultra,
pp. 247 € 14
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