Una cattiva coscienza inutile e anzi dannosa, e una intelligenza
bacata, o forse traditrice. È su questo doppio binario che la guerra si riproduce.
La guerra c’è, da quindici anni, provocata dall’Occidente per
incapacità o perversione. Dall’11 settembre 2001, La risposta al primo grande
attacco del nuovo terrorismo invece di indirizzarsi verso il suo santuario, il Pakistan,
e verso i suoi finanziatori e fornitori, i potentati del Golfo, ha mirato a
disorganizzare il resto del mondo arabo, l’Irak, il Nord Africa e la Siria,
oltre all’Afghanistan. L’effetto è questa guerra che l’Occidente subisce,
apparentemente incontrollabile.
L’incapacità non è da escludere. Ma senza improvvisazione: quello
occidentale, ma meglio sarebbe da dire americano, è stato un approccio ora
fallimentare ma ponderato, non improvvisato. Dal tempo della guerra del Golfo:
una strategia di polizia internazionale, senza averne la capacità e nemmeno la
possibilità - missili e cacciabombardieri,
per quanto invisibili, non fanno polizia, se non nella fantascienza. Si è
antagonizzato un mondo immenso senza una strategia vincente, anzi con una
perdente: liberando le forze del male. Col falso pretesto di esportare la democrazia,
mentre si sapeva bene che le piazze arabe e islamiche si entusiasmano solo per gli attacchi riusciti all’Occidente - in
particolare lo fecero per l’11 settembre - e non per sostituire un rais
qualsiasi, un Mubarak o Gheddafi o Assad.
Diverso è il giudizio se
la guerra al Medio Oriente, che è il vicino naturale dell’Europa, si vede per
quello che è: la continuazione della guerra all’Europa stessa, iniziata dagli
Usa di Kissinger nel 1973 con la guerra del petrolio. Proseguita con la
dissoluzione della Jugoslavia. Con la guerra alla Serbia, e poi alla Russia,
nel Caucaso e in Ucraina, camuffata come guerra a Putin, il nuovo zar con connesso
sciocchezzaio. Infine finanziando e armando, moralmente (mullah, moschee,
madrasse) e militarmente, le guerriglie e le tribù nel mondo arabo.
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