lunedì 14 marzo 2016

L’egemonia attraverso l’equilibrio

È un vecchio libro, del 1988 (tradotto quarant’anni dopo la pubblicazione in Germania – una prima edizione, nel 1954, passò inosservata), ma di lettura ancora proficua. Anzi, la migliore riflessione probabilmente sull’antinomia che ora paralizza l’Europa. Di un conservatore nazionale, come tutti, la cultura più consistente della Germania negli anni tra le due guerre – tenuto lontano dalla tentazione hitleriana, provvidenzialmente?, dalla classificazione come Vierteljude, ebreo per un quarto, che lo escluse dalla carriera universitaria e lo confinò agli archivi..Dopo la guerra Dehio è stato nominato professore onorario a Marburg, e ha ripensato la storia della Germania alla luce della guerra fredda, nello schieramento per la libertà. Ma senza riconoscersi nella Colpa nazionale, quella della Germania, sia pure di Hitler, considerando solo una guerra perduta.
Qui si rifà lungamente all’autorità degli storici illustri dell’Ottocento prussiano, Meinecke e Ranke - e a Carl Schmitt, che non nomina (nel 1948 non era ancora denazificato), ma di cui riproduce le teoriche sulla sovranità, specie di “Terra e mare”, e quasi alcune pagine. Di Ranke, in Italia noto per la storia dei papi, ripropone la teorizzazione delle lotte fra europei come prodrome e anzi gestanti dell’unione del continente. O viceversa, di una unità europea che si rafforza per le lotte intestine che la animano. Che sembra bizzarro, ma non infondato.
Ranke esalta la formazione degli Stati europei nel Quattro-Cinquecento, degli Stati sovrani. La politica di potenza prospettando come un obbligo degli Stati: gli Stati si formano “dall’esterno”, contro  i nemici esterni, più che dall’interno. E ne elogia l’applicazione su scala mondiale dal Cinquecento in poi, oltre che all’interno del continente, come valvola di accrescimento spirituale, non solo materiale. Per lo stesso motivo la politica di potenza, anche nei suoi risvolti intestini, che oggi diremmo di guerra civile, vuole il nutrimento migliore dell’unità del continente – “il senso della comunanza europea”.
Dehio concorda: “Prima di lui”, prima di Ranke, “questa unità non fu mai guardata così chiaramente e da tanti lati”, l’unità dell’Europa. Il sistema europeo degli Stati dice cresciuto sulle ceneri del sistema italiano degli Stati (Venezia, Genova, etc.) dopo che l’avanzata turca e la scoperta dell’America hanno spostato il baricentro politico del continente dal Mediterraneo all’Atlantico. Ma su una legge fondamentale: di bilanciamento tra equilibrio ed egemonia. Le spinte all’egemonia, in linea con la teorica di Ranke, non condanna e anzi giustifica, ma in un quadro comunque di equilibrio, seppure in riassetto costante: “Gli Stati liberi e sovrani in competizione nel sistema europeo hanno di fatto sempre concordato su un solo punto, la prevenzione dell’unificazione dell’Occidente sotto uno di loro, al quale gli altri dovrebbero sacrificare la sovranità”. Fosse la Spagna, la Francia o la Germania, “grandi coalizioni si sono sempre formate per sconfiggere” la nazione più potente nel continente”.

Con un corollario. Chi combatte la potenza dominante in Europa ha sempre il sostegno delle potenze periferiche (marittime, isolane, remote – la Russia) o esterne al continente. Di questa somma di esperienze storiche il Terzo Reich ha fatto le spese. Su questo Dehio non dice molto di più. Anzi indirettamente ne “giustifica” la guerra come uno sviluppo delle forze produttive – è sempre un convinto nazionalista. Ma sa che la storia è più grande.
Ludwig Dehio, Equilibrio ed egemonia, Il Mulino, pp. 268 € 18,50

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