Poiché
niente è più inedito di un libro stampato, ecco come Astolfo ha raccontato la
vicenda piazza Fontana dal di dentro, in “La gioia del giorno”, pp. 501-502:
“È in un salone dell’Interno che in
anteprima si è appreso della bomba. Anzi delle bombe: dapprima si è saputo
della bomba a Roma, alla Banca Nazionale del Lavoro, con una ventina di feriti,
e subito dopo, questione di uno-due minuti, della banca di Milano, con molti
morti, forse di due banche, e di Roma all’Altare della Patria. O l’ordine è
inverso. Ero presente a un Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico al
ministero presso l’egregio Insalaco per caso, senza sapere di che si trattasse,
per dovere di rappresentanza, Arcangelo, che ne fa parte di malanimo, avendo
chiesto il favore di una supplenza. Queste presenze sono reputate inutili, in
materia di nessun interesse, ma l’assenza è dannosa, i politici sono vendicativi.
Si è concretata in un paio d’ore di chiacchiere, testimone muto, non
introdotto, dei giurisperiti che nel Comitato rappresentano i partiti al potere
col vanitoso segretario, nel dibattito di rito sugli arcani: i colonnelli greci
espulsi dal Consiglio d’Europa, il Vietnam, la Cia , il Kgb, i gruppuscoli. A un certo punto il
ministro è entrato a presiedere.
“Un esperto americano, autore di un Manuale del colpo di Stato, espose in
lucido italiano il Piano Caos, adottato negli Usa contro la sovversione. O
altri lo espose per conto suo. L’interesse si ravvivò all’arrivo del ministro,
che spostò l’agenda sugli organici delle forze dell’ordine, la prevenzione
attraverso il riordino dei servizi segreti, la delega alle forze dell’ordine
dei poteri d’arresto temporaneo, i nuovi mezzi antisommossa. Ma presto dal
lungo tavolo rettangolare crebbe di nuovo un rumore di fondo, non sopito dal
ministro, che sembrò assentarsi dopo aver parlato, seppure vigilando, lo sguardo
mirato su suoi fili interiori, mentre il segretario faceva un’uscita da
cavaliere della tavola rotonda su bisbiglio di un commesso. Poi Insalaco tornò
sbrigativo e uscì col ministro.
“Il clangore di lemmi e commi non per
questo scemò. Le bombe non allarmarono quel pur specifico consesso, essendo
esse ormai numero incalcolabile. Finché, dopo un quarto d’ora, il ministro
rientrò e disse:
-
Sono gli anarchici. – La data segna l’arrivo a Ginevra di Nečaev ventenne con
l’esplosivo Catechismo rivoluzionario, è il centenario.
“L’annuncio sarà variamente interpretato.
Il 17 gennaio 1978, al processo per gli attentati del 12 dicembre 1969, il
questore di Roma dell’epoca, Giuseppe Parlato, affermerà: “Escludo in modo
categorico che il ministro dell’Interno avesse disposto di orientare le
indagini verso gli a-narchici”. Lo stesso giorno, al processo per il tentato
golpe del principe Valerio Borghese il 7 dicembre 1970 con l’occupazione
dell’Interno, l’ufficiale del controspionaggio Antonio Genovesi affermerà che
il ministro gli disse di non parlarne con nessuno. Roma dunque non indagò. Ma
il ministro non era la solita testa di legno che si pone a capo di un dicastero
complesso e delicato, che va avanti per prassi inerziale burocratica. Franco
Restivo, costituzionalista, siciliano, cattolico, ne fu titolare dal 24 giugno
1968 al 17 febbraio 1972. Dopodiché resse per quattro mesi
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