Castità
–
È sotto giudizio – quando non è semplicemente trascurata – perché indurrebbe
alla pedofilia. Benché abbia una forte tradizione, e anche un fondamento. La
deposizione del seme ha – figurativamente, potenzialmente – in germe la
creazione. Un di più di energia vitale rispetto alle componenti fisice:
chimiche, meccaniche, caloriche. La
castità sarebbe – era dai tempi di Platone, e anche da prima – un di più
rispetto alla stessa creatività: il seme, liberato nel corpo invece che espulso
e trapiantato, vi inietta un surplus di energia. La castità ancora Simone Weil
definisce nei “Quaderni” (al “Quaderno X”) “captazione di energia
superiore”.
Cosmopolitismo
-
È in crisi, da Kelsen a Kant, e a Spinoza. È in crisi storicamente, ma si direbbe
per la dottrina della crisi – quando non si sa che altri pesci pigliare, o per
voglia di decomposizione.
Più specificamente in crisi in Europa,
ma non solo. Controverso e contestato anche come semplice ideale, dai
particolarismi trionfanti, etnici, religiosi, anche nazionali, per quel poco
che resta delle nazioni – della sovranità nazionale. Sotto la generica forma
onnicomprensiva delle “radici”.
È uno sviluppo che Carl Schmitt aveva paradossalmente
previsto – paradossalmente, cioè da antipatizzante. Criticando Kelsen negli anni
1920, concordava sul crollo imminente, già in larga parte avvenuto, del jus publicum europaeum come diritto
degli Stati, delle sovranità nazionali. Ma mentre Kelsen se ne augurava il
crollo, in favore di un’utopica Cosmopoli universale, Schmitt vi vedeva
semplicemente l’obliterazione della “messa in forma della guerra”. Nella duplice
funzione che aveva esplicato dal Seicento a tutto l’Ottocento: di superamento dei
conflitti confessionali e civili, e di delimitazione della conflittualità
esterna. A favore di una guerra senza limiti e senza reali obiettivi – il
giusto e l’ingiusto sono variabili.
Creazione – È nello stato
delle cose, nell’infinità dello spazio e del tempo. È costante, non inerziale
(panteista). È ciò che la mistica e Einstein vivono ed esprimono, la discesa di
Dio – l’infinito esiste, giacché si concepisce.
Si dice che l’uomo non è una freccia e
non può procedere in verticale, solo in piano. Ma è grave, non greve. E può
procedere in soluzione di continuità, sempre – attardato ma non impedito dalla
memoria, la tradizione, lo stesso innatismo. Mentre Dio è comunque uno che può,
e forse deve, discendere.
Diavolo – È scomparso
da poco. L’ultima strega condannata a morte in Europa sarebbe Anna Göldi,
giustiziata nel 1782 in Svizzera. Quindi quasi due secoli e mezzo fa. Ma altre
condanne si registrano, e molti fanno risalire l’ultima al 1895, a Tipperary,
in persona di Bridget Cleary. Dopo aver prosperato per secoli che non si
possono dire retrogradi, da fine Quattrocento in poi – e più, nella
trattatistica e nella pratica, nel Seicento secolo scientifico. A lungo, fino
al primo Novecento, è stato di casa nelle campagne, nelle fiabe dei fratelli
Grimm. E di fatto oltralpe.
Ernst Bloch, “Die Angst des Ingenieurs”,
ne collega la scomparsa alla tecnica – all’elettricità: “Il diavolo era ancora
un pezzo dell’antica Iside, cioè della natura demoniaca; al contrario il
niente, dietro la meccanica, o il mondo che nessuna mediazione collega
all’umano, non è altro che la casa dei morti, in cui l’uomo è interrato
vivente”.
Incarnazione – È il mistero
dei misteri, forse più della Resurrezione. Ma non esiste vita soprannaturale
senza una Incarnazione – la Resurrezione è invece bene (o prassi) comune, quasi
quotidiana.
Infelicità – È il Male.
Era, ora è tema disatteso in quanto tale: la felicità è pompier, l’infelicità è quasi un minimo denominatore comune, un
abito ordinario, dell’uomo evoluto, lasciato a se stesso – si connetteva al dolore
fisico e alla morte, con la depressione e gli stati catatonici passa perfino
inosservata, uno stato “normale”. È tuttavia uno sradicamento dalla vita, uno
stare all’orza e all’onda, nel risentimento – si può veleggiare e surfare
felici. Cioè nel senso di una felicità quasi dovuta.
Se ne fa una ragione l’uomo evoluto cioè
laico, evoluzionista, seppure non se la spiega. Mentre la combatte il credente,
contro ogni ragionevolezza o evidenza, e sempre con qualche risultato, persino
nella miseria fisica, nell’abbandono, nell’inedia. Felicità e infelicità sono
un fatto di fede?
Matrimonio – L’idea ne è semplice – lo era con
Lucrezio, prima del sacramento e dell’istituzionalizzazione: due vogliono
diventare uno, nell’unione carnale. Che si può dire anche affettiva, ma di
natura semplice, tale da potersi sciogliere senza danno, se si sta al presupposto.
Natura – È madre,
matrigna? È multigender, e indifferente, molto poco materna. Indecisa, incerta,
confusionaria, senza neanche indole magistrale, senza indole.
Nazione-Stato
–
Si svuota per la sovranazionalità, il fondamento della pax americana che viviamo. Unitamente ai particolarismi insorgenti,
etnici, economici, territoriali. Sull’indebolimento del cristianesimo, che era
il suo fondamento: “La perdita di prestigio del cristianesimo”, argomentava
Georges Bataille (“La vittoria militare e la bancarotta della morale che
maledice”, in “Critique”, settembre 1949), “ha lasciato lo Stato
pericolosamente solo”.
Bataille va più in là: ipotizza che
Stato e Chiesa si tengano l’uno con l’altra. Fu il cristianesimo a operare lo
“sdoppiamento”, scrive. Ma a fini unitari: “Quell’unità di comunicazione che è
il bene, divenne da una parte la Chiesa e Dio e dall’altra lo Stato e la
Nazione, entità tutte quante improntate in primo luogo al perseguimento
dell’interesse (del bene comune)”. Divise, cioè, ma improntate al bene comune.
Tesi suggestiva ma ardua. Lo Stato, più che la Chiesa, vaga oggi alla ricerca
di un fondamento, una ragione di essere. Ha perduto la difesa, aveva trovato un
sostituto nel benessere sociale. La crisi fiscale gli ha sottratto anche questa
funzione, gli resta la giustizia – che però non è bella, e non è nemmeno buona.
Nudità
–
Si lega all’osceno, o quanto meno all’erotico. Mentre stava per la verità,
nella Bibbia e in altri testi antichi. Nudi erano Adamo e Eva prima del
peccato. Si denuda Noè, l’uomo puro - anche per la liturgia cristiana, dove
l’arca è assimilata alla croce – che aveva salvato il genere umano dalla
distruzione. Fisso alla nudità, oltre che alla povertà, del Cristo sulla croce
è san Francesco d’Assisi, e anche san Giovanni della Croce. Molte mistiche
contemplano (rivivono) la nudità del Cristo.
zeulig@antiit.eu
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