“In base alla definizione del Wff (l’ong
australiana Wlak Free Foundation), gli schiavi in Italia sono 11.400”.
Questo in patria: “Gli schiavi italiani che in
Australia raccolgono cipolle, patate, pomodori o manghi per undici ore a notte
“ a maggio del 2015 erano “oltre 15.000”. Oltre, per esempio 150 mila? La notte
australiana è così lunga?
Gli schiavi italiani in Australia “hanno meno
di 31 anni e, spesso, una laurea in tasca”. Hanno le tasche così larghe da
contenere il diploma.
In Italia la libertà d’informazione è al
livello della Namibia, di Nauru e dell’Ungheria, meno del Capoverde,
dell’Uruguay, delle repubbliche centramericane, tra il 65 e il 70mo posto su
200. Quindi in buona posizione? Questa
classifica è di una Freedom House.
Ci sono tutte nella classifica delle città che
meglio richiamano gli expat, i nerd espatriati, insomma i meglio, del
Martin Prosperity Institute di Toronto, anche Düseldorf, anche Auckland, ma
nessna città italiana. Sono le città che “attraggono i talenti”, grazie alle università,
e ai caffè, i parchi, i teatri. Che in Italia mancano.
Cos’è il Martini Prosperity Institute? Chi lo
sa, ma si merita “La Lettura”.
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