Nel
“Convivio“ di Dante Federico II di Svevia, lo stupor mundi di Palermo e dintorni, è “vento di Soave”. Herta Müller, “La
paura che non può morire”, ricorda i suoi “cosiddetti conterranei del Banato”
svevo, in Romania, nazisti ancora “nel 1969 e nel 1970, e pure negli anni
successivi”. Il Nord trasposto a Sud sarebbe stato migliore?
Che
possiamo farci noi?, sembra dire il presidente (ex) del Parco dell’Arcipelago
Toscano, Mario Tozzi, sentito sull’erosione delle coste toscane, la più profonda
e più ampia in Italia: “La mia Toscana è in buona compagnia”, si difende, “si
pensi a cosa accade in Calabria o sul litorale romano”. Dove però l’erosione è molto
più contenuta: Tozzi vuole solo dire che la Toscana è e resta migliore – vuoi mettere
la Toscana con la Calabria?.
Amare la
bellezza
Simone
Weil, “Forme dell’amore implicito di Dio”: “La tendenza naturale dell’anima di
amare la bellezza è la trappola più frequente di cui si serve Dio per aprirla
al soffio che viene dall’alto. È la trappola in cui cadde Core. Al profumo dei
narcisi sorridevano tutta la terra, la volta del cielo e il turgido mare.
Appena la povera ragazza tese la mano, fu presa al laccio. Era caduta nelle
mani del Dio vivente. Quando ne uscì, aveva mangiato il chicco della melagrana
che la legava per sempre. Non era più vergine; era la sposa di Dio”.
“Amare la bellezza”? Bova ancora
festeggia Core, la ragazza, di nome Persefone. La domenica delle Palme, con le
“Persefoni”: una processione di grandi figure femminili di rami d’ulivo
intrecciati, su telai di canne, punteggiate di fiori, e dei gialli e rossi
degli agrumi – Bova, ricca di ulivi come tutta la Calabria, nutre agrumi
portentosi. Core-Persefone è peraltro presente tutto l’anno: un comitato
cittadino a Locri prepara la petizione, che una delegazione porterà
biennalmente a Berlino, dove non viene ricevuta, per chiedere la restituzione
della grande statua che è l’attrazione dell’Altes Museum, il museo antiquario
della capitale tedesca, e ripristinare l’antico luogo di culto. Una statua
gigante, di grande interesse anche per la simbologia, la mitologia, la
linguistica. Fu tagliata a pezzi e trafugata dalla località La Moschetta (mesquita) nel 1911 da trafficanti
tedeschi. Che poi la vendettero allo Stato Prussiano a caro prezzo. Legalmente,
si dice, allora si potevano “esportare” i beni culturali, seppure non a pezzi e
di nascosto. Ma in contanti: il museo berlinese non ha alcuna pezza
giustificativa dell’acquisto.
Corrado Alvaro racconta il
trafugamento in “Mastrangelina”.
L’anima del Sud
è femminile
Nel
“Quaderno X”, Simone Weil si interroga: “Se Core (Persefone) rappresenta
veramente il chicco di grano, è una figura del Cristo”. Core e Demetra, sua madre, sono le divinità
della colonia greca di Locri, e delle sue tante sottocolonie, in Calabria sui
due mari e fino al golfo di Taranto – Bova, sulla punta della Calabria, ancora
celebre le “Persefoni” a Pasqua.
Core
poi la filosofa accosta, nello stesso “Quaderno”, alle altre prefigurazioni del
Cristo, Prometeo e Dioniso: “Le Oceanine sono compagne di Core come di
Prometeo. Core è rapita nella pianura di Nisa, dove fu rapito Dioniso”. Nonché
a Osiride, per l’equivalenza-discendenza che stabilisce fra i misteri egiziani
e quelli greci e cristiani, uniti nella Passione, la Passione di Dio: “La
Passione di Dio era l’oggetto stesso dei misteri egizi, e così pure dei misteri
greci, in cui Dioniso e Persefone sono il corrispettivo di Osiride”. E ancora:
“Tutte le divinità morte e resuscitate impersonate dal greco, Persefone, Atti,
ecc., sono immagini del Cristo, e il Cristo ha riconosciuto questa somiglianza
attraverso l’espressione: «Se il grano non muore… ». Ha fatto la stessa cosa
rispetto a Dioniso dicendo: «Io sono la vera vite», e ponendo l’intera propria
vita pubblica sotto il segno di due trasformazioni miracolose, una dell’acqua
in vino, e l’altra del vino in sangue”.
Da
Core viene generato Zagreo – “zangrei” sono tuttora in grecanico i pastori:
“Zeus è diventato drago per generare Zagreo da Core mediante un bacio”.
Il
battesimo del sangue, di toro
Si allarga la simbologia e al
toponomastica del toro nella Piana del Medma, oggi Piana di Gioia Tauro – vedi
Fino a Tropea, all’attuale Capo
Vaticano, in antico Taurinum Promontorium.
Luigi M. Lombardi Satriani ne accosta in
“De sanguine” il culto alla dea Cibele, “la Grande Madre frigia”. Che non è attestato nella Magna Grecia, ma sì forse
in quello dei Demetra, che invece vi fu diffusissimo, sebbene in forme non più
cruente, cerealicolo e non sanguinario. “Il rituale di iniziazione ai suoi
misteri”, di Cibele, scrive il decano degli antropologi italiani, consisteva
nel taurobolium o battesimo del
sangue di toro”. Un rito tramandato da Prudenzio, il prolisso poeta della tarda
latinità, quindi ancora attivo nel IV e V secolo d.C.. “Secondo Prudenzio, che
disprezzava il culto”, sintetizza Lombardi Satriani, “l’adepto doveva essere
rigenerato dal sangue del toro sacrificato, e in tal modo sentirsi ai sacri
misteri renatus”. Ciò si faceva “per
“la purificazione dell’iniziato e la sua rinascita a nuova vita”. Il rito
poteva venire rinnovato, ogni venti anni. Ma di alcuni si voleva che fossero “in aeternum renati”, una volta per
sempre. Un variante era il criobolium,
un battesimo col sangue di montone.
L’iniziato rinato, cioè dopo l’effusione del sangue, veniva nutrito col latte.
La commistione dunque era già in atto
tra riti cruenti e riti naturali, stagionali.
Tra i tanti sviluppi del taurobolium l’antropologo mette anche la
pratica cristiana del battesimo, il lavacro attraverso un liquido.
Sudismi\sadismi
Arrestano
un algerino dell’Is a Bellizzi, in provincia di Salerno, dove “si è rifugiato”,
ricercato dalla polizia belga, e Marco Demarco del “Corriere della sera-Napoli
(“Corriere del Mezzogiorno”) ci scopre oggi una serie di ignominie. Non che
Bellizzi sia Molenbeek, no, anzi è un esempio di convivenza, gli immigrati
convivono con i locali, negli stessi palazzi, sullo stesso pianerottolo. Il
cognato dell’arrestato è anzi un imam facente funzioni, cioè uno che sa leggere
– e non difende il cognato, anzi. Non che al Sud ci siano ghetti, no. E nemmeno
sfruttamento, a ben guardare. Anche se gli immigrati nel salernitano, che quarant’anni
fa erano un centinaio, ora sono 45 mila. E tuttavia Demarco ci scopre “tante
piccole Molenbeek sulla Salerno-Reggio Calabria”. Non tante, due. In due remote
località vicino Eboli, una a Campolongo e una a Tavernanova. A Tavernaona
stanno “ammassati” – cosa inaudita - in una fabbrica conserviera abbandonata,
la Mellone. A Campolongo in affitto in villette.
“Un
tempo”, scrive Demarco, “queste erano villette per i turisti, con il mare che
si nasconde dietro la pineta che Mussolini fece piantare al tempo delle grandi
bonifiche”. La colpa è di Mussolini, non doveva piantare le pinete? Non doveva
fare le grandi bonifiche? O le villette non andavano affittate?
“Le
ex villette per turisti divenute dormitorio per braccianti: costano 400 euro al
mese”, denuncia il “Corriere della
sera”. È troppo o è poco?
Per
la verità, Demarco precisa, la Salerno-Reggio Calabria di cui si parla non è
l’autostrada ma la Statale 18 - altrimenti gloriosa. Ma senza autostrada non
c’è fumo.
E
poi la Salerno-Reggio non c’entra, nemmeno sotto forma di Statale: Tavernanova
è una strada alla periferia di Eboli, che non sta sulla Statale, e Campolongo è
Marina di Eboli, sul mare. Ma, certo, il diavolo è unitario.
Marco
Demarco è giornalista di solito attento. Ma che ha fatto di male il Sud per meritarsi
Napoli?
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento