“Qui
poi”, scriveva Calvino di ritorno dall’America nel 1961, “gli scrittori sono decine
di migliaia, come i poeti nell’Italia meridionale”.Ce ne eravamo dimenticati.
Luigi
Settembrini si pentì presto, il patriota casertano. Nelle “Ricordanze della mia
vita”, che saranno pubblicate postume nel 1870, dice di aver detto ai suoi
allievi: “Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, perché è sua la
colpa di questo”. Perché, “se egli avesse impiccato noialtri, oggi non si
sarebbe a questo: fu clemente e noi facemmo peggio”. Il tradimento delle buone
intenzioni.
Fino all’odio-di-sé: si fa presto a passare dal nemico esterno al nemico
interno, se quello è forte.
La paura non può
dormire
“La
paura non può dormire”, dice Herta Müller, la scrittrice rumeno-tedesca premio
Nobel, ricordando gli anni bui nella Romania di Ceausescu, preda della polizia
segreta – vai al lavoro e non sai se sei stata licenziata, cammini e non sai se
ti seguono, torni a casa e ti aspetti di trovarla in disordine, rimestata. È lo
stesso “sotto” le mafie. Il nemico c’è, tutti lo sanno, ma non si può
liberarsene. È quello che si dice vivere nella paura.
Ci
si può ribellare. Herta Müller lo ha fatto ed è stata premiata. Ma era protetta
dalla Germania. Altra cosa che i Carabinieri – i quali il delitto lo puniscono “dopo”,
quando lo puniscono..
“Le
minacce di morte provocano un’angoscia mortale”, ricorda la stessa scrittrice
della sua vita sotto Ceausescu, perseguitata dalla polizia politica. È così,
chi vive in zone di mafia lo sa.
Minacce
di morte sono per estensione anche quelle ai beni, la casa che è la nostra corazza
e la copertina di Linus, l’azienda, la stessa automobile. Mentre per i
Carabinieri sono solo una pratica per l’assicurazione. Solo, appunto, le
minacce alla vita prendendo sul serio, e solo dopo la morte.
La scoperta del
Sud
Il
Sud è stato a lungo – Sette-Ottocento – il luogo del pittoresco: luoghi remoti,
non urbanizzati, poco abitati, pieni di miti e magie. Con l’unità è diventato
l’“Affrica”, e il luogo per eccellenza dell’antropologia italiana, quasi tuta
di superficie, giornalistica – a sensazione. Che si è subito impegnata a
sistematizzare l’africanesimo. Creando un handicap da cui il Sud non si più
ripreso, anche se spesso è molto più “avanti” del Nord, americanizzato,
europeizzato, avanguardista, linguista, cosmopolita, e per esempio non è
razzista.
L’antropologia
lo ha fatto per un pregiudizio? Non si può dire, perché ad essa hanno
contribuito anche antropologi (etnologi, folkloristi) meridionali. Lo ha fatto
perché l’antrologo scopre l’Italia come l’italiano del Nord che ha sposato
qualcuno del Sud scopre il Sud e la campagna. Essendo normalmente persona di
città che scopre la campagna, la vita di paese, la natura che per sé non è
bella, troppo caldo, troppo freddo, troppe mosche, al Sud, non avendo mai visto
né odorato prima la campagna, la sua
campagna – lo stesso il “professore” meridionale, che si vuole urbanizzato. Olmi
è un’eccezione, ed è recente, come Nuto Revelli. Per un paio di secoli il mondo
contadino delle vaste plaghe padane e delle Prealpi veneto-lombardo.piemontesi,
come degli Appennini, tosco-emiliano, ligure-piemontese, con le code in
Lunigiana e Garfagnana, da dove partivano per le Americhe in massa, è rimasto ìgnoto:
zero poesie, zero letteratura, zero storia, e naturalmente nessun folklore
elevato a scienza, della dipendenza.
Napoli
Le
primarie si tennero a Napoli anche per i plebisciti unitari del 1860. Borghesi
assoldati e camorristi attendevano i votanti alla soglia del seggio, con
coccarda tricolore.
Il
suffragio non era allora universale, ma chiunque poteva votare se a favore. Votarono
anche inglesi e ungheresi.
Fu
un Borrelli l’educatore dell’orfano “Franceschiello”, Francesco II, il giovane ultimo
re di Napoli, cresciuto inetto e incolto. Da Napoli, poi, a Milano?
Non
solo non ha fatto nulla per risanare Bagnoli, lui come i suoi predecessori,
l’incredibile Iervolino, lo stesso Bassolino, lungo la linea
Pci-Pds-Ds-Ulivo-Pd, ma aizza i napoletani contro il risanamento stesso. Con
questa campagna, anzi, pensa di risollevarsi nei suffragi e rivincere le
elezioni a giugno. Non aveva fatto abbastanza danni da giudice, De Magistris,
li moltiplica da sindaco. Ma bisogna dire che Napoli lo ama, anche se non lo
voterà.
Un
giudice come Ciccio Franco e i boia chi molla si doveva ancora vedere. Ma a Napoli
tutto è possibile, non è la capitale dei miracoli?
Si
chiamano centri sociali, anche se in testa avevano gli assessori d De Magistris.
I centri sociali contro il risanamento di Bagnoli? Perché lo vorrebbero sempre puzzolente
e pieno di sorci.
Bagnoli
sono la metà di Campi Flegrei. Che sono un paradiso in terra, ma dominato dai
lestofanti. . Incluso nelle strutture turistiche pubbliche, castello, grotte,
giardini, camerelle, etc. Provare per credere.
Senza
opposizione: non gliene frega nulla a nessuno. Anche se tutti quei gaglioffi
sono dipendenti pubblici.
Non
c’è solo De Magistris. Si cerchi la provenienza dei giudici dei processi
disinvolti, a Milano, a Potenza, a Catanzaro, in Cassazione, la stessa
Calciopoli, sono tutti napoletani. Immarcescibili. Anche in questo intelligentissimi,
insomma svelti d’ingegno: si sono collocati nella casta degli intoccabili.
Tempa
Rossa è un vecchio processo di Woodcock. Un altro napoletano che fece sfracelli
a Potenza pur di rientrare a Napoli. Con molto fumo naturalmente: arresti eccellenti,
intercettazioni a gogò, capi d’accusa pirotecnici. Non potrebbero mandarli direttamente
a Napoli? Li dobbiamo pure mantenere.
Antimafia
Molto
scandalo per un mafioso in tv, dove viene presentato come mafioso, e si vuole mafioso,
Riina jr.. Senza pentimenti. Mentre Cianciminio jr., altro mafioso in esercizio, è stato pavoneggiato come un eroe, perché
contribuiva con le sua carte false allo Stato-mafia. Per non dire dei monumenti
eretti a mafiosi di lungo corso, ben più cattivi di Riina jr., da Enzo Biagi.
Si critica l’apparizione di Riina jr. perché era da Vespa. L’antimafia è degli
amici degli amici, anch’essa.
“Finora
avevamo i briganti. Ora abbiamo il brigantaggio e tra l’una e l’altra parola
corre grande divario. Vi hanno briganti quando il popolo non li aiuta, quando
si ruba per vivere e morire con la pancia piena; e vi ha il brigantaggio quando
la causa del brigante è la causa del popolo, allorquando questo li aiuta, gli
assicura gli assalti, la ritirata, il furto e ne divide i guadagni. Ora noi
siamo nella condizione del brigantaggio”. Vincenzo Padula, “Cronaca del
brigantaggio in Calabria” (1864-1865). Roba di centocinquant’anni fa? Bisogna
staccare la gente da briganti. E l’antimafia istituzionale non funziona, troppo
furba.
I pentiti li ha inventati Liborio Romano, oppositore dei Borboni nel ’48, esiliato in Francia per quasi dieci anni, e poi nel ferale 1860 loro prefetto di polizia. Mentre in proprio si accordava segretamente con Cavour, per favorirlo prima dell’arrivo di Garibaldi a Napoli, Romano si accordò col capo camorrista Tore di Crescenzo, promettendo la libertà e una somma di denaro in cambio del mantenimento dell’ordine in città. Un accordo che funzionò.
Il
pluripentito Romano, che da liberale fu ministro di polizia dell’ultimo
Borbone, sarà prefetto a Napoli dell’Italia unita.
Si tiene in isolamento Provenzano,
benché in fin di vita. Il giudice di sorveglianza se ne lava le mani, e il
ministero pure. È l’effetto dello Stato-mafia, tutti hanno paura di qualcosa,
anche se non sanno di che. Ma non è simpatico. Senza contare che questo Provenzano
a suo tempo non si prendeva perché era in qualche modo un informatore.
leuzzi@antiit.eu
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