Gualino è stato un grande industriale, il
più inventivo e attivo forse del primo Novecento: armatore (Snia, Società di
Navigazione Italo Americana), creatore dell’industria chimica (Snia Viscosa e
Rumianca) e del cioccolato (Venchi Unica), nonché della Lux Film, e socio di
resistenza di Giovanni Agnelli, il “nonno”, nei primi anni 1920, quando i
Perrone di Genova (cantieri Ansaldo) tentarono di prendergli la Fiat. Un protagonista
dell’industria e della finanza per quasi mezzo secolo. Anche se – o anzi perché
– avversato da Mussolini, che ne fece il bersaglio di un suo periodico Mani
Pulite: lo mandò in carcere con l’accusa di bancarotta fraudolenta, e poi al
confino, e infine lo interdisse da ogni incarico – gestiva le sue aziende
tramite procuratori. Fu anche un mecenate, per scelte proprie o mediate da
Lionello Venturi, che molto lavorò per lui, di buona parte della pittura e
l’architettura italiane tra le due guerre. E amava scrivere. Scriverà tardi un
autobiografico “Frammenti di vita” sulle sue molteplici attività. Tra carcere e
confino scrisse due racconti fiabeschi, “Tim e Tom in America” e “Minna”,
rimasti inediti benché apprezzati da Cecchi e arricchiti da disegni di
Gentilini, resi noti di recente, il diario dell’isolamento, “Solitudine”, che
sarà pubblicato nel 1945, e questo “Uragani”, la sua prima opera scritta e
pubblicata, nel 1933.
Sono sceneggiature del crac del 1929 e
dopo. Tra un banchiere, un principe russo emigrato e altri personaggi di prima
fila, tra Wall Street e una impossibile sponda sovietica. Prose da cultore
della materia ma prolisse, e oggi, dopo tanti crac, anche scontate. Però, che
un Gualino si compiacesse di scrivere fa piacere al lettore: un’eccezione e più
che una curiosità. Della serie si stava meglio quando si stava peggio.
Riccardo Gualino, Uragani, Il Sole 24 Ore, pp. 95 € 0,50
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